Pooh, The reunion – L’insostenibile leggerezza dell’esserci

Pooh, the reunion. Potevo mancare questo appuntamento a Milano, San Siro? Per nulla la mondo. Nessuno sfottò avrebbe potuto privarmi di quest’esperienza mistica che va al di là dei gusti e degli anni. Ecco il resoconto di una serata ai limiti generazionali, della decenza ma non della memoria, dove rimarrà incastonata tra De André e Nei Young, ritagliandosi il suo angolo ignorante e succulento.

Ritorno in macchina dalle vacanze in Calabria, che significa ritorno dal paese dei miei, prima volta in cui mio padre decide di concedermi l’onore di guidare essendomi munito di patente, i miei che dormono ed io devo scegliere un cd da inserire nello stereo. Potete immaginare quali magre possibilità mi si presentano davanti, decido di morire di morte da Pooh. Li conoscevo già vagamente, ma quella volta per tutto il tempo alla guida ho fatto andare in loop la loro raccolta. E fu rivelazione, solitaria folgorante intima vergognosa rivelazione.

Ieri, 10 giugno 2016, il cerchio si è chiuso. Concerto reunion dei Pooh ed io c’ero, entusiasticamente sorprendentemente indecentemente gloriosamente sarcasticamente rocambolescamente infinitamente definitivamente io c’ero.

Premetto che il resoconto che segue è viziato da una visione da terzo anello, non perché non valesse la pena spendere più denari, semplicemente con i compagni di concerto ci siamo accordati troppo tardi per avere una migliore visuale.

  • Covavo una curiosità perversa per il pubblico in cui mi sarei imbattuto. Perversa perché io ero fra quelli eppure accampavo pretese di un punto di vista esterno. Alla fine erano presenti i previsti over, over quanto? Non lo so, ma over qualsiasi concerto a cui sia mai stato. Sorprendentemente però hanno fatto capolino alcune coppie giovani, intendo sui venticinque e qualche minigruppo di giovani, sulla trentina. Non sono mancati personaggi al limite: un avvinazzato che puzzava di vino da cento metri; un paio di signori che si dimenavano in modo goffo quasi avessero assunto droghe, forse la droga del tempo; signore attempate e sostenute alle quali avrei voluto dire: ma che cazzo ti sostieni che sei al terzo anello? Per sostenerti avresti dovuto essere seduta sul prato e allora sì che avresti potuto mostrarci il dito medio.
  • Mi sono reso conto di quanto sia infinitamente più bello l’entusiasmo geriatrico rispetto a quello giovanile. Vedere signore che hanno vissuto cantare, ballucchiare, alzarsi in piedi e rimanere estasiate è un’esperienza più pulita, più sincera, più romantica rispetto ai futili e passeggeri entusiasmi giovanili. Magari ad un primo sguardo risulta ridicola, ma, se soffermi qualche attimo in più, l’entusiasmo di una donna ben matura per una canzone ha qualcosa di profondamente più poetico.
  • Dodi era decisamente quello messo meglio. Voce tutto sommato ancora presente, camicia ad un certo punto aperta fino all’ombelico e mosse scenografiche di un chitarrista che sente di avere tutti i crismi. Insomma ci credeva, ci credeva così tanto che a tratti ci ho creduto anch’io, calma olimpica e grinta vintage, trascinatore vero.
  • Roby di contro non ce la poteva fare. Ho avuto l’impressione che cantasse il meno possibile, sicuramente con molte pause. Ogni tanto sembrava accasciato sul piano nella speranza di trovare forze residue, mi pare anche di aver colto qualche sguardo preoccupato rivoltogli da quel drago di Dodi speranzoso di non vederlo crollare su tutti i cinquant’anni di carriera. Quando canta ormai sembra la parodia di se stesso (anche quando parla, ma sembra consapevole e forzare apposta la mano), ma bisogna riconoscergli l’attenuante di aver urlato per parecchi anni come un ossesso.
  • Riccardo presenza fantasma. Ogni tanto spariva e poi ricompariva sul palco quasi senza che me ne accorgessi. Da dove diavolo rispuntava? Forse si rannicchiava sotto il piano di Roby in penitente attesa per poi dire timidamente la sua in qualche brano. Il ritorno di Fogli può essere definito in tanti modi, ma per nessuna ragione trionfale. Su Uomini soli personalmente ho visto il vecchio genio di Facchinetti dispiegarsi in tutta la sua potenza. Avete presente il verso “se un uomo perde il filo, è soltanto un uomo solo”? Io ho visto chiaramente Roby cantarlo con il dito puntato verso Riccardo che si trovava di fianco a lui. Il colpo di coda di chi perdona senza dimenticare.
  • Ma quanto ho cantato? Dovete partire dal presupposto che essendo lì qualcuna ne conosco, quindi sorprendersi non ci sta. Ma quanto ho cantato? A squarciagola, con passione, felicemente stonato, divertito, fino a non farcela più.
  • Ad un certo punto hanno proiettato l’immagine di Negrini, l’autore della maggior parte dei testi delle canzoni morto da qualche anno. Dal mio punto di vista sarebbe dovuta partire un’ovazione spettacolare, invece si è assistito ad un applauso non all’altezza. Anche qui dovete immedesimarvi. Magari a voi i testi dei Pooh fanno cagare, però i presenti avrebbero dovuto rendere un omaggio degno essendosi spinti a pagare per assistere ad un concerto.
  • Porco il mondo, ma come è possibile concepire il taglio delle canzoni? Capisco che è il tour definitivo e il repertorio è sterminato, ma troncando i pezzi non rendi minimamente giustizia alla tua opera, la trovo una profanazione. Piuttosto scegli, escludine qualcuna, ma quelle che fai cantale tutte. Così diventa un coitus interruptus.
  • Non ci siamo divertiti solo noi del pubblico, era lampante quanto si divertissero pure loro sul palco, davvero dopo tutti questi anni o grazie a tutti questi anni erano lì a gustarsi il momento.
  • Il mestiere, che indubbiamente hanno, li ha spinti a proporre parecchi pezzi suonati per riposare le ugole usurate. Ma c’è un confine nemmeno troppo sottile tra il mestiere e il rompimento di coglioni e loro l’hanno decisamente superato suonando per minuti interminabili. E non avrebbe aiutato nemmeno un acido, la chimica stessa non avrebbe saputo di che botta farti sballare.
  • Lo racconterò a tutti negli anni, con la classica mancanza di ritegno che mi contraddistingue: io sono stato ad un concerto dei Pooh, quello della reunion, volete prendermi per il culo? Eccovelo, fatene ciò che volete, tanto io non sentirò nulla perché sarò con la mente altrove, lì dove la colonna sonora dei Pooh inebetisce i miei sensi e le mie pretese.

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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