Quando nel 2017, “Nove maggio”, primo singolo di Liberato, venne alla luce, fu una rivoluzione musicale per l’Italia. Una canzone che sorpassava bellamente la categoria neo-melodico e trap, con un misto dei due generi eppure diverso ed originale rispetto ad entrambi.
A tanta bellezza, poi, fece seguito un impeto di curiosità morbosa e inevitabilmente, partì il toto-Liberato: chi era il personaggio incappucciato che si nascondeva dietro a quel pezzo magistrale di canto italiano su base elettronica? Tante illazioni, qualcuna credibile qualche altra meno, ma comunque alla fine la persona nascosta dietro al personaggio non si è mai rivelata.
Ma proprio uno dei più accreditati ad essere Liberato ha detto una grossa verità, Calcutta. Il cantante di Latina, infatti, che da molti era stato additato come il deus ex machina dietro al microfono, durante un’intervista ha affermato che forse era proprio la grandezza di Liberato quella di celarsi dietro l’anonimato, così almeno ci si concentrava sul suo lavoro artistico e non sull’immagine.
Mai affermazione fu tanto corretta, tanto che con l’uscita dell’album omonimo Liberato ha dimostrato una grandissima forza creativa ed artistica difficilmente associabile ad altri (tanti, troppi) artisti che puntano tutto sull’immagine.
L’album di Liberato spiazza per originalità e contenuti, in una ricchezza che davvero lascia piacevolmente sorpresi. Undici tracce ben scritte ed arrangiate anche meglio, con un cantato che se da un lato riprende il tratto neomelodico, dall’altro raccoglie l’esperienza dei grandi vocalist soul ed R’n’B. Da un lato Kayne West, Mary J Blidge, fino alla tradizione pura legata al canto napoletano, dai grandi classici alla Roberto Murolo fino a Nino D’Angelo.
Non è un caso la citazione del caschetto biondo più famoso d’Italia (dopo la Carrà), artista troppo spesso sottovalutato, perché Liberato con un upgrade riprende proprio il percorso immaginifico dello “scugnizzo”, giocando con temi quali l’amore e la libertà, la città caotica e romantica che gli fa da sfondo, Napoli.
E Napoli, per l’appunto, potrebbe essere la parola chiave nel descrivere questo nuovo progetto di Liberato. La città partenopea è protagonista del disco ma soprattutto del progetto video che accompagna l’uscita dell’album. Le undici tracce di Liberato sono associate ad altrettante tracce video firmate, niente meno, che da Francesco Lettieri già regista dei video di Thegiornalisti, Calcutta e Liberato stesso.
Alla pubblicazione dell’album avvenuta coerentemente il 9 maggio, su YouTube è comparsa la mini serie intitolata “CAPRI RENDEZ-VOUS”.
Si può parlare in questo caso proprio di mini serie o addirittura di telenovelas musicale dato che ogni video, della durata della canzone a cui è associata, racconta di un’attrice francese durante le riprese di un film e della sua permanenza a tra Capri e Napoli.
Stilosissima la regia di Lettieri è a tratti vintage, a tratti cinematografica, a tratti si ispira ad un certo glamour pubblicitario di grandissimo gusto.
Napoli ci lancia una sfida di bellezza ed eleganza difficilmente eguagliabile al mondo, rivelandosi per un sapore antico e filosofico, in cui il cantante è solo uno dei personaggi che compaiono sullo sfondo di un bellissimo romanzo.
Ed è proprio dalla mini-serie che si evince un particolare davvero interessante. Non importa chi ci sia dietro il progetto Liberato, l’importante è tutto quello che la sua creatività riesce a mettere in campo per farci godere di un lavoro artistico rotondo e denso di particolari.
Le canzoni contenute inLiberato sono tutte belle, ma finirei per scrivere un articolo di 200.000 battute se dovessi raccontarvele tutte, ma soprattutto non servirebbe.
Il lavoro di Liberato è da giudicare come un mondo emotivo, di suggestioni, di colori ed immagini in cui non conta il cantante, non contano le canzoni e non contano i video. Quello che conta è il viaggiare in un universo di visioni che ci fanno sognare ed innamorare.
La mini-serie video:
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