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Boarding House Reach, la recensione dell’ultimo disco di Jack White

Con Boarding House Reach Jack White sembra non aver capito che l’anno corrente sia il 2018 e che la musica è cambiata.  Nel suo studio che stampa vinili, circondato da strumentazione valvolare vintage, l’ex fondatore dei White Stripe continua a scrivere musica che sembra uscita da un caleidoscopio targato 1970, “roba” potente e sanguigna che ha il pregio di strappare il cuore al primo ascolto. 

Boarding House Reach è una perla arrivata dagli anni 70

Boarding House Reach fa questo effetto con una carica di passione e sperimentalismo che non può non lasciare indifferenti. Il disco si apre con uno sfrequenziamento (accettiamo il neologismo, pur non capendolo appieno ndD) che lancia il testo molto chiaro di Connected by love, un vecchio gospel adattato ad una ballata rock che scalda l’anima come un vecchio brandy o una grappa.  Why Talk A Dog mette subito l’ascoltatore in una camera chiusa e calda in cui tutto è esagerazione e lentezza. Lisergica e arrancante questa canzone coinvolge dal primo ascolto per il suo andamento sensuale.  Corporation sembra un pezzo dei Rage Against the Machine per la batteria e la chitarra che si confonde con le tastiere, tutto è teso ed ancora una volta si registra il profondo amore di Jack White per tutto  ciò che è black. C’è un po’ di Stevie Wonder in questa macchinetta che attraversa mondi fatti di salite e discese manco fosse Interstellar. Dopo l’intro musicale di Abulia and Akrasia, Hipermisophoniac ci sbatte in un rock’n’roll tossico e sporco attraversato da un piano in contro tempo. Pezzo splendido che potrebbe costarvi qualche multa se lo ascoltaste al volante di una macchina sportiva in una serata in cui volete fare casino. Non scherza pure Ice Station Zebra col suo andamento che raccoglie un po’ la scuola dell’acid jazz di metà anni novanta per contaminarlo con un rap anch’esso targato 90. Qui le chitarre ballano sull’accordatura che è un piacere, il piano riporta e lancia la nostra coscienza verso il limite della gravità. jack white 2018

Over and Over and Over, singolo scelto con tanto di video da Jack White per rappresentare la sua ultima produzione, suona veramente potente ed è giocata tra un costante rincorrersi di voci e suoni che sembrano usciti da una scatola chiusa a chiave nel 94. Si sperimenta ancora con Everything you’ve ever Learded, poco più di due minuti di follia totale con tanto di sponsor inventato. Ancora una violenza trattenuta quella di Respect Commander, che lascia il campo in favore di Ezmerelda Steals the Show pezzo che ricorda il Jack White dei Racconteur.  Il racconto qui è dolce e misterico, la chitarra semplice sembra uscita da un disco dei Jethro Tull. Get in the Mind Shaft sembrerebbe il pezzo di un gruppo beat anni ottanta ma invece nasce ancora dal cilindro di Jack White come la struggente What’s Done Is Done, pezzo classicamente seventies in grado di sciogliere qualunque pupa abbiate vicino. Chiude  Boarding House Reach la bella Humoresque, pezzo strappato da un vecchio diario alchemico con la sua leggiadria e magia. Jack White dà ancora una volta la prova che non solo sa scrivere canzoni belle e destinate a restare, ma che ama e sa mettere le mani sul tempo più di tutti. Non è importante cosa, sembra dirci attraverso i suoi dischi Jack White, ma come.

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Nasce negli anni 80 con ancora l'eco delle chiamate londinesi. Quando ci arriva a Londra è scoppiato il Brit-pop, intanto le urla del grunge scendono sotto pelle. Ama il vino rosse e le birre rosse, ascolta musica per non piangere ma a volte gli fa l'effetto contrario.

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