Nel rap italiano ci sono stati alcuni innovatori e almeno un paio di profeti. Se tra i padrini del rap sicuramente dobbiamo ricordare Jovanotti e J-Ax (nonostante il secondo stia cercando in tutti i modi di farci dimenticare le tante cose belle che ha fatto), tra i rivoluzionari dobbiamo certamente ricordare Marracash col suo primo album omonimo.
Un rapper sincero
Naturalmente questa classificazione risulta un po’ superficiale e generica se non facessimo almeno un riferimento a tutto il rap underground che negli anni novanta ha riempito una scena ricca non solo di musica. Assalti frontali, 99 posse, Neffa, Sangue Misto, Frankie Hi Energi, Casino Royale, anche questi ultimi con delle peculiarità non riconducibili alle altre band. Scena politica, quella rap dell’ultimo decennio del ventesimo secolo, che ha avuto da sempre una connotazione idealista, se non ideologica, legata al mondo dei centri sociali e dei partiti più movimentisti di sinistra.
Quello che è arrivato con gli zero nel rap invece è stato un’onda molto forte ma da tutt’altra direzione: la descrizione narcisistica del cellhopiùlungoio è stato l’impulso che ha prodotto una serie di rapper molto più legati alla quotidianità che alle ideologie. Da un lato Fabri Fibra e dall’altro i Club Dogo. In questi due campi estremi ha giocato la nascente scena rap, con ovviamente molte sfumature e voci differenti. In mezzo a questo cambio di guardia esce un disco nel 2008; Marracash come l’autore e come due storie differenti. Da un lato – cash e c’è ben poco da spiegare – e da un lato “Marra”, cioè un rifermento al suo essere considerato un “marocchino” a scuola a Milano, lui siciliano di Nicosia.
Marracash cresce alla Barona, quartiere periferico del sud di Milano, in cui impara a cavarsela e anche a fottere il prossimo per qualche soldo. Una vita “normale” per tanta gente che vive in certe zone delle grandi metropoli e che infatti dona a Marracash il titolo di sincero, di vero. Quando nel 2008 il singolo “Badabum Cha Cha” arriva alle radio è subito corto circuito, entra in heavy-rotation su Radio Deejay e su moltissime radio nazionali, fino a dichiararlo tormentone e disco di platino. A dieci anni di distanza da questo successo molto grande Marracash, uomo non proprio incline alla modestia, ha deciso di celebrare l’uscita di questo disco con una riedizione ultra-deluxe. Marracash – 10 anni dopo – non è semplicemente una ristampa ma è un progetto antologico che mira ad inquadrare l’artista e l’uomo.
Tra i pezzi inediti ci sono Valentino e Popolare, altri pezzi sono stati genialmente aggiornati con la partecipazione di Rkomi e Fabri Fibra. Rhoki entra su Business classe mentre Fabri Fibra risponde ad un dissing del 2008 direttamente sul pezzo Non confondermi, creando uno splendido gioco teatrale. Marracash vanta il titolo di quello che legge all’interno della combriccola del rap, ma non è questo renderlo originale e coinvolgente. La sua arma è la sincerità, anche sbruffona, derivatagli da una famiglia semplice che faticava a prendere lo stipendio.
Marracash si vanta di vivere ancora in Barona e di cantare per la sua gente, ed è questo il suo bello, perché la sua specialità è proprio quella di non dover ricorrere a scene viste in qualche film per scrivere, gli basta guardare dalla finestra. Ed è un bene, perché l’esagerazione del “fenomeno”, come giustamente ha cantato Fabri Fibra, ha reso il rap una gara da tipi da TSO invece che una forma splendida di racconto di vita.
Marracash è lontano da queste polemiche, non solo perché è sincero quanto le sue canotte, ma anche perché ha la faccia del figlio dell’immigrato che hai di fianco a casa e sai che quello che racconta non è che la verità.
Album consigliatissimo.
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