Novità Dischi 2019 - Quando scendono in campo i mostri sacri

Novità Dischi 2019 – Quando scendono in campo i mostri sacri

Tre dischi di tre mostri sacri: Neil Young, Ringo Starr e Van Morrison ci ricordano che la musica non è solo moda del momento, ma sopratutto sangue, vita e km macinati tra un palco e l’altro

Ad inseguire le ultime novità e le mode brevi, a volte brevissime, della nostra epoca a volte ci dimentichiamo che la musica è prima di tutto sangue che scorre nelle vene, anima che pulsa, sudore vitale che asciuga il fuoco della passione. E così se capita troppo spesso di vedere band di vent’anni che fanno fatica a cagare un’oretta di concerto o qualche canzone fuori dal singolo studiato a tavolino, dall’altra parte abbiamo i veri rocker, i veri artisti, gli animali da palco. Fortuna vuole (almeno per le nostre orecchie) che in un mese siano usciti un pugno di album che non ti aspetti, tutti firmati da quasi ottantenni che la storia del rock l’hanno scritta scalfendo strade, studi di registrazione e migliaia di palchi. Costantemente “on The Road”, fuori e dentro il fuoco di un riflettore.

What’s my name – Ringo Starr

Il primo splendido settantanovenne è ovviamente il più celebre dei “gregari”, che poi, ad avercene gregari così, intendiamoci. Signori e signori da qualche settimana è uscito What’s my name, album in studio composto da brani originali scritti dal batterista più famoso della storia: Mister Ringo Starr.

What’s my name è un album divertente scritto divertendosi e dai suoni dolci e qualche volta pepati, tipici di chi la musica la ama e la tratta come una bella amante dalle curve sinuose.

Gotta get up to get down apre il disco come molti vorrebbero aprire i propri dischi, una bomba in faccia, più America che Inghilterra e un po’ di The Who qua e là. Magic e Money sono trascinanti, un po’ Beatles un po’ Beach Boys e c’è persino un vocoder a rendere tutto splendidamente travolgente. Registrato nel suo personale studio casalingo di Los Angeles What’s my name vanta persino una cover di John Lennon Grow old with me, pezzo arricchito ulteriormente dalla presenza del baronetto Paul McCartney al basso e alla voce. Che un signore del genere sappia fare i dischi è cosa risaputa che li faccia sempre con una qualità altissima e un’intensità fuori dal comune sorprende, ecco, sorprende comunque.

Album consigliatissimo.

Colorado – Neil Young

Deserto, strada, freddo, caldo, autostrade e whiskey bar, Colorado ultimo album in studio di Neil Young è un inno meraviglioso alla voglia di vivere, di non essere d’accordo, di sentirsi bene sempre e solo nei propri panni. Così questa nuova fatica in studio si apre con chitarre, armoniche, Gibson saturate da amplificatori piccoli ed esasperati, scivolano tra le parole del grande profeta del Not in my name, please. Il gigante canadese ha sformato ancora una volta un album emozionante e graffiante anche quando al limite dell’emozione la voce non è che proprio prenda tutte le note che dovrebbe prendere. Ma comunque chi si è mai aspettato da Neil Young qualcosa di diverso che delle belle botte di energia al netto di qualche piccolo, trascurabilissimo, limite tecnico?

E così troviamo l’amore, Neil Young ha perso l’ex moglie Pegi in Gennaio stroncata da un tumore, con Eternity, She showed me love, l’amicizia con Olden Day e comunque la voglia di fare casino e dire la propria opinione ad esempio con l’energica Shut it down. Forse fra tutti i brani spicca I do, pezzo che richiama il Young più esoterico e alchemico, dove la voce del vecchio orso emoziona come le parole di un padre ad un figlio. Toccante.

Three chords & The truth – Van Morrison

A questa splendida terna non poteva mancare Van Morrison, il cantautore nord irlandese che dell’eleganza e della bellezza ha fatto la propria corona costellata da tanti diademi splendidi tra i quali album immortali quali Astra weeks e Moondance. Van Morrison che ha pubblicato sei dischi negli ultimi cinque anni ha praticamente conservato intatte le proprie migliori armi: una voce splendidamente calda e malinconica e un’ispirazione forte, sostenuta da un sentimento sempre avvolgente come un pub notturno. Così anche Three chords & The truth suona magico e denso come sempre i dischi del vecchio cantautore, questa volta aiutato da delle splendide collaborazioni quali quella con Don Black, Joey DeFrancesco e Jay Berliner.

Così scivolano caldi pezzi come March Winds in February, Fame Will Eat the Soul, Dark Night of the Soul, In Search of Grace, Nobody in Charge, You Don’t Understand, , Does Love Conquer All?on Broadway, e naturalmente il pezzo (molto bello) che da il titolo all’album, Three Chords and the Truth. Da ascoltare e poi magari poi riascoltare, sempre con un bicchiere di whiskey in mano.

Su Piggy the pig

Nasce negli anni 80 con ancora l'eco delle chiamate londinesi. Quando ci arriva a Londra è scoppiato il Brit-pop, intanto le urla del grunge scendono sotto pelle. Ama il vino rosse e le birre rosse, ascolta musica per non piangere ma a volte gli fa l'effetto contrario.

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