Game of Thrones (Il Trono di Spade) - Stagione 08x03 - Serie tv - Recensione

Game of Thrones (Il Trono di Spade) – Stagione 08×03 – Serie tv – Recensione

Attenzione! Contenuto ad alto tasso di spoiler. Puntata epica, con una battaglia che lascia indietro morti su morti, morti di morti, morti e rimorti. L’attendevamo, l’abbiamo voluta e ce l’hanno concessa, anche perché non potevano fare altro. Dopo questa mattanza che riprendano i giochi, anche perché credo che nessuno di quelli che contano se ne ricorderà per più di tre giorni se in ballo c’è il trono.

Come cantano i Coma_Cose: volevi fulmini e tempesta?, allora me la cavo. Così, dopo averci ammorbato con le prime due puntate di attesa, ci hanno regalato una battaglia sontuosa. Peccato perché in precedenza non c’era bisogno di sangue a fiotti per interessare gli spettatori, gli intrighi sapevano bastare a se stessi.

È anche vero che questa battaglia campale prima o poi doveva arrivare, e inferno fu. Anche se la mattanza dei personaggi principali, al di là di qualche prevedibile perdita, non c’è stata, ma si sa che preferiscono farli morire mentre cadono dalle scale, si sbronzano in una locanda, litigano per non annoiarsi, cagano o scopano.

Mi dedicherò ad osservazioni sparse iniziali, per poi puntare l’attenzione su alcuni personaggi.

Mattatoio numero illimitato

Naturalmente c’è stata una strage. A partire dai Dothraki mandati allo sbaraglio in avanscoperta senza nessun senso; d’altronde quando le tattiche le fanno menti eccelse come Jon testa di mulo carico a testa bassa a prescindere, Tyrion finché bevevo e scopavo ragionavo ma poi mi si è inceppata la morale, o Daenerys tanto ho i draghi a me che cazzo me ne frega…

I non morti si impossessano presto della fortezza e a quel punto i sopravvissuti lottano solo per non soccombere, paiono la Juve con l’Ajax: arrivano da tutte le parti e sembra non finiscano mai, cerchiamo di tenere botta ma tanto soccomberemo.

In più mettiamoci che quando il loro capo decide di resuscitare i cadaveri ha praticamente risorse pressoché infinte e capiamo come la situazione sia disperata in quanto giocata con regole non eque. Mi ricorda quando a Ginevra, con alcuni amici in vacanza, sfidammo uno del luogo a dama gigante in un parco: fino quasi alla fine eravamo lì lì, finché questo non se ne esce che in Svizzera una pedina, se si creano determinate condizioni che naturalmente si erano create, può fare una mossa che ci ha mangiato tutte le nostre; non si tratta nemmeno di slealtà, ma di un altare vivente consacrato alla pazzia.

Insomma, tutto volge per il peggio, chiunque, anche le pulzelle rinchiuse nella cripta, è praticamente fottuto e, parliamoci chiaro, lo sarebbe stato a prescindere da piani ben congegnati o mosse mirabolanti. Poi arriva la conclusione e increduli vedono la propria morte sbriciolarsi davanti ai loro occhi.

Ad un certo punto Arya si rifugia in biblioteca, ma scopre che è infestata dai non morti. Mi è partito un trip alla Bran e mi sono immaginato sti zombie che cercano tra i libri il modo di liberarsi del loro re e vivere una vita senza gioghi, creando una società di non morti liberi e uguali. Già li vedevo, i più dotti, a discutere con Sam in biblioteca o spettegolare tra savi su questioni di letto tra potenti.

Ma veniamo al dettaglio di alcuni personaggi

Melisandre l’incomprensibile

Melisandre si rivela utile soprattutto per l’incoraggiamento ad Arya. Da sottolineare un altro paio di situazioni. Bisogna incendiare i ceppi per creare una barriera di fuoco, esce dalla fortezza per metterci quella sua manina fatata ma, a causa della tempesta scatenata dal Re delle Notte, le sue preghiere non sembrano funzionare, il tutto mentre i non morti sono ovunque e cercano di lei. Ho trovato notevole la lucidità di non bestemmiare il suo dio che stava facendo cilecca, credendoci fino in fondo, se non smoccoli in quella circostanza non lo farai nemmeno quando ti cade il calamaio.

Mi ha lasciato perplesso la sua morte. Quando si ripresenta tranquillizza Davos sul fatto che non ha bisogno di ucciderla che tanto morirà. A fine episodio, dopo essere sopravvissuta al delirio totale, si leva la collana e muore in campo aperto. Non riesco a capire se lo fa per non farsi ammazzare da Davos o per una testardaggine estrema, incaponitasi nel non voler sbagliare una previsione.
Che poi, con il contributo dato alla vittoria, io l’avrei riabilitata al volo, mica ha fatto tanto peggio di altri suvvia.

Daenerys e Jon in vacanza per i cieli

I due, appena inizia la battaglia, cavalcano i draghi alla ricerca del Re della Notte. Per tutto il tempo fanno questo senza costrutto, anche perché la tempesta riduce i draghi come chiunque in inverno con la copertina sul divano davanti alla tv: infreddoliti, mosci e rincoglioniti. Diamo atto a Daenerys di aver combattuto a suo modo, non era un atto dovuto, anzi fossi stato in lei me ne sarei restato in disparte.

Jon, dal canto suo, come ogni volta punta un obiettivo a testa bassa, senza riflettere e senza tattica: come un toro quando vede rosso, ma con la variante che a lui parte l’embolo anche con altri colori.
Una volta disarcionato si ricorda di Bran quando vede il Re andare in quella direzione, come me quando sono ubriaco e mi ricordo in ritardo di un impegno dopo aver insistito sul nulla con gli amici. Prima della conclusione è in procinto di consegnarsi al drago zombie, nella più classica delle sue tradizioni: compiamo azioni impulsive che a ragionare mi annoio.

Bran uccello del malaugurio

Bran, sempre più affossato dalla tossicodipendenza, tranquillizza Theon sulle sue azioni passate (in scia del mood peace and love) e poi sostiene che se ne deve andare. Dove? chiede Theon. Ma per uno dei suoi mirabolanti trip naturalmente.

Per tutto il tempo della battaglia resta in trance, anche quando intorno lo difendono a costo della vita, poi si ripiglia solo per dire a Theon che è giunta la sua ora. In pratica si fa i cazzi suoi e ti caga solo per dirti che verrà al tuo funerale. Ma porca puattana, l’unico modo di avere a che fare con uno così è prendere le stesse sostanze.

Il re della Notte bene ma non benissimo

Cominciamo con l’ammettere la sua grande classe nella battaglia. Mentre tutti arrancano, sbraitano, sudano, ansimano, faticano, il Re si muove elegante e tranquillo: in fatto di stile dà la paga a tutti. Sostanzialmente non sbaglia nulla, anche perché onestamente ha dalla sua tutti i fattori, diciamo che è il vincitore morale.

L’unica distrazione però la paga cara. Possiamo anche ammettere che non senta Arya arrivare, quella ha fatto la scuola dura per muoversi così, ma farsi fregare in quel modo un volta presa per la gola è davvero imperdonabile. È proprio vero che la troppa sicurezza può essere un’arma a doppio taglio: da un lato ti carica a molla, dall’altro ti abbassa la guardia. Forse ha pagato tutti quegli anni di isolamento nel nord estremo che non l’ha tenuto in allenamento, o magari aveva addosso la maledizione di quelli del nord potenziata, il modo stupido in cui è morto sarebbe in linea.

Arya for president

Infine Arya. Non starò qui a menarmela sul fatto che ho sempre sostenuto essere la mia preferita, ma vogliamo darlo un trono a sta ragazza? Se non quello di spade di un piccolo regno tutto suo, in cui chi vive o va in visita sa di poter essere assassinato in ogni momento. Almeno una città, Aryanopoli, con al centro piazza Arya, con il corso Arya la più figa di tutte, in cui si svolge il festival Se fossimo tutti Arya… non possiamo esserlo perché non ci meritiamo niente rispetto a lei.

Gli occhi di Davos che la ammirano combattere sono i miei, ecco immaginatemi con quell’espressione ogni volta che appare. Certo anche lei ha qualche momento di sbandamento, e che cazzo ci mancherebbe. D’altronde gli zombie se ne fottono di tutti i mille volti del suo dio.

Credo sia giusto che il Re sia morto per sua mano: chi altri poteva uccidere un re di morti se non una che con la morte ci gioca briscola chiamata? Non so come finirà questa vicenda, ma Arya il suo l’ha fatto.

Recensione della prima puntata

Recensione della terza puntata

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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