Le cose che passano - Beatrice Alemagna

Le cose che passano – Beatrice Alemagna

Le cose che passano di Beatrice Alemagna ci immerge in un paesaggio di cose rese dense dal loro essere effimere e ci lascia deliziare della transitorietà delle stesse restituendocele in un attimo di sospensione temporale.

Le cose che passano di Beatrice Alemagna

Le cose che passano

Chi non è mai stato conquistato dalle lusinghe del dente di leone, fiore perenne che cresce ovunque? Se fiato in corpo avete, senz’altro ci avrete soffiato sopra e visto quei pon pon piumosi avvolgervi, disperdersi e passare.

È seguendo lo smarrirsi di queste morbide appendici che l’illustratrice Beatrice Alemagna ci accompagna tra la seconda e la terza di copertina del suo libro Le cose che passano, edito da Topipittori nell’anno 2019.

A ridestare il lettore dal flusso leggero a cui si era abbandonato ci pensa una dedica, nonché solenne avvertimento, firmata “B. A”: «a chi pensa che tutto se ne vada sempre in fumo». Dunque le cose passano, ma non tutte si dissolvono?

Le cose che passano

«Nella vita, sono molte le cose che passano. Si trasformano, se ne vanno», un’osservazione che sembra non aggiungere niente all’umana percezione del fluire delle cose se non fosse per l’ampiezza semantica di un progetto grafico e narrativo capace di restituire al lettore la complessa e inarrestabile meccanica di un tempo che passa segnando le cose.

Dei fogli di carta da lucido, posti tra ciascuna delle tavole a doppia pagina, traghettano un disegno da una pagina all’altra facendoci così compiere quel salto tra un prima e un dopo, necessario per cogliere la compresenza di elementi passati, presenti e futuri in un giropagina lungo un paio di secondi.

Il lettore diventa protagonista del cambiamento di stato, forza che genera il passaggio tra la musica e il suo scivolare via, tra i capelli e il loro cadere, tra il sonno e la veglia.

L’illustratrice ci immerge in un paesaggio di cose rese dense dal loro essere effimere e ci lascia deliziare della transitorietà delle stesse restituendocele in un attimo di sospensione temporale. Quando mai nella vita si ha il privilegio di poter contemplare simultaneamente una tazza di caffè bollente poi intiepidito, un temporale poi finito, una ferita poi guarita, una vita poi vissuta? Pare una barzelletta, a tratti tragica, ma questa è l’intuizione profonda che Beatrice Alemagna ha voluto raccontarci attraverso la corposità dei suoi colori.

Le cose che passano

L’elemento tragicomico è dunque coltivato in tutta la sua complessità e il congegno dell’eterno ritorno sintetizzato nella figura di una vaporosa signora, in fucsia Alemagna, intenta a spazzare una polvere che torna sempre, ma a volte sparisce.

Questo rincorrersi di possibilità, sul finire del libro inizia a sembrare un’anticamera che l’autrice ci fa percorrere per meglio godere di una prossima rivelazione: «Ma c’è una sola cosa che non se ne va. E non se ne andrà mai». Cosa sarà?

L’eco che segue, nel giro pagina successivo, non lascia possibilità di replica, nemmeno al tempo che pare congelarsi nel calore di un abbraccio infinito.

Dunque sì, le cose passano, ma non tutte si dissolvono.

Le cose che passano

Segno tangibile di questa certezza ormai matura può dirsi anche l’ultimo libro di Beatrice Alemagna  Mio amore che da settembre di quest’anno si è fatto spazio in libreria grazie alla casa editrice Topipittori che, dopo diciotto anni dalla sua prima uscita in lingua francese per la casa editrice Autrement, ha deciso di ridarlo in pasto alla stampa.

Un’opera, ormai maggiorenne, che ci ricorda l’incessante daffare trasformativo e creativo del tempo.

Un ultimo consiglio: andarsi a leggere l’intervista fatta da Giovanna Zoboli a B. Alemagna in occasione dell’uscita di Le cose che passano (e anche quella di presentazione della ristampa di Mio amore -che speriamo di poter recensire al più presto-)[1].

Spunti didattici:

Le cose che passano è un catalogo di alcune delle cose che ci trasformano, un album del nostro attraversare il tempo e uscirne sempre nuovi, ma “usati”, è una lirica dell’esistenza umana; per queste ragioni può dirsi essere un prezioso spunto di riflessione per tutti gli ordini scolastici e non.

Alla scuola dell’infanzia e ai primi anni della scuola primaria può essere usato per poter attraversare e sperimentare i concetti di “prima” e “dopo”, di “passato”, “presente” e futuro”, nonché quello di “durata”: quanto durano le paure che ci assalgono la notte? L’attesa mentre papà prende il caffè al bar? L’autunno? Quel temporale che ci impedisce di uscire per andare al parco?

Per i ragazzi più grandi può rappresentare un innesco poetico, un invito ad esplorare e osservare con metodicità le cose che cambiano e le cose che ci cambiano per poi approdare a una riflessione sulle cose che noi cambiamo e che possiamo cambiare.

Nella categoria “non-scolastici” possono rientrare tutti gli adulti (e adultissimi) che hanno bisogno di ritrovarsi in un tempo che fu, quando al posto dei denti avevano dei buchi in cui ci infilavano le cannucce mentre gustavano una granita dopo scuola, o quando le lacrime uscivano liberamente, senza restrizioni perché loro ben sanno che nel giro pagina degli anni, quando perderanno i denti più non ricresceranno, ma avranno comunque, si spera, pianto di gioia per aver trovato quella cosa che non svanisce mai. Mai.

Lo consigliamo a… chi soffia su tutti i soffioni che incontra, a chi non lascia il tempo al caffè di freddarsi, a chi teme i segni del tempo trascurando l’impegno che questo ci mette, a chi pensa che i pensieri neri non svaniscano e a chi crede che l’amore è cieco, perché deve vederci benissimo per poter non andarsene mai. Mai.


[1] https://www.topipittori.it/it/topipittori/le-cose-che-passano-unintervista-beatrice-alemagna

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Su Linda Geninazza

Non vi dirò, almeno subito, cosa faccio, ma da dove arrivo; credo le radici contino più della chioma che a volte, almeno la mia, è dritta, a volte mista, a volte curva, mentre laggiù, agli inizi, poco cambia, tutto si irrobustisce. Cusino, non cercatelo su Google Maps perché non vedrete altro che un rosso segnaposto abbandonato nel più fitto verde, lì sono cresciuta e lì ci tornerò. Ora abito il grigio-perla di Milano, altra spina nel cuore, qui vivo e ci resterò. Dimezzata tra due terre non di mezzo, questa sono io.

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