Citazioni Terra di confine - Raymond Williams

Terra di confine – Raymond Williams

Terra di confine di Raymond Williams è un libro di confronto, là dove il confine assume la capacità di far dialogare due parti. Un discorso fluido e attento che scava a fondo, fino alle radici di un’anima e di una società che si trovano ad affrontare, volenti o nolenti, i cambiamenti del tempo così gravidi di conseguenze per uomini e natura.

Terra di confine di Raymond Williams

Matthew Price, ricercatore ad Oxford, viene convocato a Gynmawr, villaggio gallese di confine in cui è nato e cresciuto, a causa di un infarto occorso al padre Harry. Tutto qua, più o meno quello che accade è tutto qua. Terra di confine non è un romanzo di fatti, si tratta invece di uno scavo sia a livello personale sia a livello collettivo: un’indagine su se stesso di Metthew e una panoramica sui cambiamenti della comunità gallese di fronte al nuovo che avanza. Un unico binario (Harry lavora in ferrovia da una vita) composto, come dev’essere, da due rotaie parallele che scorrono lungo tutto il racconto. (leggi altre recensioni)

Tra presente e radici

Matthew, ormai impegnato in una vita londinese lontana da casa (geograficamente ma ancor di più sostanzialmente), si accorge subito che il suo ritorno lascerà tracce indelebili, risveglierà sentimenti sopiti. (leggi le citazioni)

È fatta così questa terra: assume il controllo di te appena ci posi un piede.

Così comincia la lotta interiore che vede affrontarsi la sua realtà attuale, la sua vita che scorre su binari ad alta velocità e, si può dire senza timori, il suo imborghesimento e il suo passato campagnolo, la sua giovinezza, le sue radici. Non si tratta più di affrontare ricordi lontani, bensì un’immersione che colpisce con ondate improvvise che lavorano nell’anima anche in fase di risacca. Matthew ritorna ad essere Will, come veniva chiamato da tutti a Gynmawr, e lo slittamento di nome non è poca cosa, è identità.

Galles

Illuminante la considerazione di Matthew riguardo al paesaggio che gli si para davanti agli occhi: guardandolo in faccia perde la patina di cartolina e riassume la presenza viscerale. Anche il paesaggio è cambiato, è stato modificato dal lavoro umano, dalle magnifiche sorti e progressive che modificano i destini di uomini e natura.

La valle non apparteneva a chiunque volesse farne un grazioso paesaggio. Il lavoro l’aveva cambiata e la stava cambiando ancora – anche se il disegno originario resisteva.

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Tra padre e figlio

A campeggiare come figura fondamentale in queste righe è Harry, il padre di Matthew. Un lavoratore indefesso presso le ferrovie (anche se ormai la stazione di Gynmawr sta per chiudere), marito roccioso, padre premuroso. Il ritorno di Matthew riallaccia il filo di un rapporto tra padre e figlio forte e fruttuoso, perché il figlio ha attinto dalle parole (e dai silenzi) e dai comportamenti del padre i valori fondamentali della vita. Il figlio l’aveva solo dimenticato, ma maieuticamente il riavvicinamento con il padre ha riportato a galla ciò che si era nascosto.

Williams costruisce un rapporto dialettico con l’amico di una vita di Harry, Morgan. Morgan lavorava in ferrovia con Harry, ma dopo lo sciopero dei minatori, cui i ferrovieri prestavano solidarietà, finito in nulla si è buttato nel commercio, finendo per guadagnare ben di più e trasferirsi in città. Harry e Morgan partono da uno stesso punto per raggiungere traguardi diversi, diventando lo specchio di una società intera di cui una parte si mette in movimento per cercare maggiore fortuna e inseguire il progresso, mentre l’altra rimane ancorata al territorio ed alla comunità costituitasi. È lo stesso Morgan a spiegarci Harry:

La valle non apparteneva a chiunque volesse farne un grazioso paesaggio. Il lavoro l’aveva cambiata e la stava cambiando ancora – anche se il disegno originario resisteva.

Harry e la resilienza della comunità non sono per forza la via migliore, ma di certo sono portatori di valori e sentimenti che forse non meritano di essere gettati via e dimenticati.

Raymond Williams

Tra Matthew e Will

Il recupero da parte di Matthew, l’uomo londinese, di Will, il giovane gallese di campagna, non è una lotta tra bene e male, la dinamica messa in piedi da Williams è ben più raffinata. Riscoprire le proprie radici, che collegano padre e figlio, porta verso nuovi orizzonti, c’è uno slittamento esistenziale che lo stesso Harry sa riconoscere. La vita va avanti, sia quella delle persone che quella della società, ma sapere da dove si viene significa sapere dove si va. Ancora una volta è Morgan a dire a Matthew (a dimostrazione che in questo libro non esistono istanze cristallizzate):

“Sì, forse è come dici tu. Ma l’esperienza non è solo quello che accade. È anche quello che vogliamo che accada”.

Riconoscere gli insegnamenti, riconoscersi in una comunità per costruirne una nuova che non disperda il patrimonio. Matthew non comprende pienamente il padre, non afferra tutti i motivi delle sue scelte, ma è nel momento in cui trova la forza di confrontarsi con esse che riesce a ritornare alla propria vita con maggiore serenità, con una solidità più profonda che deriva non da certezze, ma da dubbi più fondati e fondanti.

È quando prendi le misure della distanza che finalmente arrivi a casa.

Il racconto di Raymond Williams

L’autore (vai alla biografia) utilizza una classica alternanza di fatti attuali e di ricordi e, in entrambi i casi, fonda il racconto su episodi, su incontri invece che su teorie. Gli unici momenti di approfondimento dialogico sono quelli tra Matthew e Morgan nel presente, mentre nel passato tra Harry e Morgan non c’è mai un vero dialogo, destinato a scontrarsi con le granitiche certezze del primo. La scrittura è asciutta e narra la quotidianità, com’è tipico della gente di Gynmawr: pochi fronzoli e molti fatti.

Inoltre Williams ha una grande capacità di intersecare il personale con il sociale, riuscendo a donare una doppia valenza a quasi tutto lo scritto, alle persone e alla natura (che grande parte ha in questo libro):

Il significato personale è evidente in ogni forma di questa campagna, in ogni nota delle amate voci, ma il significato pubblico è altrove, in una diversa negoziazione – in un’altra voce.

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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