L'affare Mayerling - Bernard Quiriny

L’affare Mayerling – Bernard Quiriny

L’affare Mayerling di Bernard Quiriny sviluppa, con tono ironico e leggero, un racconto paradossale, che va via via prendendo pieghe grottesche e tragicomiche. L’autore riesce a stimolare il lettore divertendolo, costruendo attorno ad un concetto preciso un balletto spassoso.

L’affare Mayerling di Bernard Quiriny

Trattasi di romanzo condominiale, lo specifica lo stesso autore (vai alle citazioni). Infatti al centro della vicenda è posto il condominio Mayerling: una nuova costruzione sorta nella città immaginaria di Rouvières. Il narratore, di cui il nome non è dato sapere, ricostruisce i fatti con l’aiuto dell’amico Braque, fornendoci, in pratica, un resoconto di quanto successo condito da considerazioni. In sostanza il nocciolo è che il nuovo condominio si rivela un inferno per i condomini, come se lo stesso fabbricato avesse un’anima persecutrice.

Con tono ironico e leggero Quiriny sviluppa un racconto paradossale, che va via via prendendo pieghe grottesche e tragicomiche. Sulla scorta di Ballard e Perec, prontamente citati, l’autore fornisce una prova convincente, riuscendo a stimolare il lettore divertendolo, costruendo attorno ad un concetto preciso un balletto spassoso. Di Quiriny ho letto in passato La biblioteca di Gould, racconti surreali che vantano lo stesso piglio: un libro che consiglio, anche se personalmente sono troppo capra per coglierne tutti i rimandi.

Quanto detto sopra potrebbe risultare fuorviante nella misura in cui facesse pensare ad una scrittura tendente al comico. In realtà il libro si sviluppa come una cronaca, il narratore riporta, non proprio asetticamente ma con un certo distacco, le vicende dei condomini, affidando ai siparietti con l’amico gli angoli delle considerazioni. Il testo è diviso in tre parti: un’introduzione all’argomento e la costruzione del Mayerling; le vicissitudini dei condomini; la reazione degli inquilini a quanto precede.

Costruzione del Mayerling

Quiriny è magistrale nel suscitare l’attesa dei fatti, puntualizzando la storia della casa demolita in favore del Mayerling e creando un clima di sospensione affidato ad una cronaca calda. Qual è il cuore del discorso lo spiattella subito, con una prima parte ricca di considerazioni sull’architettura contemporanea, sulle modalità abitative in cui le città costringono, sull’agognato sogno borghese di abitare appartamenti di un certo livello che trascina verso un appiattimento ammantato di esclusività.

Muovendosi tra volantini promozionali, agenti immobiliari, costruttori navigati e fumosi, il racconto ci veicola verso il cuore della vicenda permettendo al lettore di acclimatarsi, fino alla nascita del Mayerling:

Una nuova creatura è nata: il Mayerling. 5.000 m3 di cemento. 300 tonnellate d’acciaio. 150 tra finestre e portefinestre. 300 porte porte d’interni. 1.500 m2 di facciata isolata. 200 m2 di parapetti, 1.000 tramezzi, 250 pannelli isolanti per i soffitti, 700 pannelli isolanti per i muri. 6 km di cavi elettrici. 2.000 tra prese e interruttori. 900 metri di tubature del gas, 8 km di condutture per l’acqua, 2 km di scarichi fognari. 2.000 km2 d’isolante acustico sotto la pavimentazione, 10.000 mattonelle da pavimento, 7.000 maioliche. 3.000 litri di vernici.
E una presenza oscura, intrappolata lì dentro, di cui s’ignorano estensione e peso.

Bernard Quiriny

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Peripezie nel Mayerling

Nella seconda parte vengono enumerate, con ritmo incalzante, le disavventure occorse ai condomini del Mayerling. Il campionario è vario e sottintende sia un’influenza negativa del palazzo sia problemi pratici veri e propri: la donna costumata che si trasforma in ninfomane, la coppia che scoppia, l’uomo che non riesce a stare tranquillo a causa dei rumori, la collezionista di rifiuti, le apparizioni di fantasmi; come anche malfunzionamenti idrici, box auto costruiti male, portoni che non si aprono. Questa solo una parte delle traversie.

I condomini, dunque, vedono trasformarsi il sogno borghese in inferno variamente declinato, quella che avrebbe dovuto essere la casa in cui gustarsi uno status sociale diviene la trappola alla propria tranquillità. Da una parte è evidente la critica alle modalità abitative a cui lo sviluppo delle città ha portato: scatole costruite al risparmio e senza nessuna velleità di bellezza.

Ma ad essere messa alla berlina è anche la borghesia che si trova a riempire queste scatole senza nessuno slancio oltre il cemento in cui è costretta. Il bel vivere è racchiuso tra quattro mura che si vorrebbero isolate da tutti e che invece evidenziano la vicinanza dell’altro, una vicinanza fastidiosa ed eccessiva, intima.

«Se c’è una parola che mi salta alla mente guardando una città, quella è “accatastamento”. (“Ammasso potrebbe andare comunque bene.) Esseri umani accatastati in scatole come merce nei container che solcano il mare sulle navi. Risulta del tutto evidente nelle città più moderne, dove la vecchia concezione di centro abitato è andata perduta.»

Il Mayerling è l’abitazione che mangia l’abitante, il contenitore che si impone sul contenuto, la barriera che non si sa superare, il recinto che fagocita chi vi è rinchiuso. Se da un lato la libertà è rappresentata dalla natura (che nel complesso del Mayerling non riesce a fiorire), da luoghi meno densamente abitati, dall’altro ci vorrebbe uno slancio più aperto, un orizzonte meno asfittico con cui guardare al proprio abitare il mondo.

In realtà, mi vien da pensare, il Mayerling sono i suoi stessi abitanti. Si tratta forse di una considerazione meramente personale, ma il mostro contro cui i condomini devono combattere è in loro stessi, il demone del cittadino insofferente. Là dove, come nelle città, ci si abitua a vivere come monadi, ad estremizzare il concetto di proprietà in cui starsene per i fatti propri senza essere disturbati, ecco che il fastidio raggiunge una soglia talmente bassa da trasformarsi in patologia. Venendo a mancare il benché minimo avviso di comunità, la ferocia dell’uomo di fianco all’uomo va solo cercando la scusa per esprimersi e i palazzi sanno ospitare mirabilmente questa incapacità di vivere con il prossimo.

Scontro finale con il Mayerling

Infine, la terza parte è dedicata alla lotta dei condomini contro il Mayerling. La soluzione finale è il più grande orrore prospettabile per una borghesia possessiva: distruggere ciò che si è acquistato, eliminare con le proprie mani la proprietà. Così, in un delirio comune, i condomini formano un consorzio per tenere testa al palazzo e giungono insieme alla conclusione estrema.

Ecco forse dove sta la trovata più fantasiosa dell’autore: nel raccontare di condomini che insieme perseguono un obiettivo comune, pura fantascienza. Solo quando capiscono che il nemico da combattere è unico e lo stesso per tutti gli inquilini fanno i passi necessari per liberarsi del problema. Il loro delirio attira la curiosità degli occhi esterni, ma imperterriti continuano a riunirsi per trovare una soluzione, fino ad arrivare a quella più concreta e bislacca insieme.

Mi sento di consigliare il libro apertamente, non posso essere sicuro che vi piacerà, ma di certo è improbabile trovarlo pesante e non farsi strappare qualche sorriso.

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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