New York – Diario di viaggio poco pratico (ma tanto sentito) di una città da visitare – I luoghi che NON mi sono piaciuti #4

New York – Diario di viaggio. Questo post, almeno rispetto a quelli precedenti, sarà molto più breve e conciso. Non tanto perché ci sono state poche cose che non mi sono piaciute (il che è in parte vero) ma soprattutto perché in un diario di viaggio si tengono solo le cose belle.

In ogni caso, al primo posto di questa personale quanto opinabile classifica, metto senza dubbio Time Square, la piazza piena di pubblicità ritratta in ogni salsa nei film americani e che, a mio avviso gode di una popolarità completamente immeritata. Sarò anche snob ma non capisco il successo di cui gode questo posto e perché milioni di persone, probabilmente considerate anche sane di mente dai rispettivi medici di base, ogni anno dovrebbero avere voglia di visitarlo. Cioè, stiamo parlando di una piazza ricolma di pannelli pubblicitari che illuminano a giorno e che, almeno per quel che mi riguarda, oltre a rappresentare un folle esempio di spreco energetico, rappresentano un palese pericolo per chiunque soffra di attacchi epilettici. Noi ci siamo andati di sera, quindi nel pieno del suo potenziale illuminante e, dopo dieci minuti di quella bolgia, avevamo l’espressione che hanno i gatti quando il loro padrone li chiama con la vocina stridula e farcita di diminutivi. Bello? Boh. Ok, passeggi e trovi 4 o 5 poveracci vestiti da Avengers che si offrono di fare la foto con te.

new-york-diario-di-viaggio_2 Ok, ti fai largo tra la folla che fotografa tutto e tutti e ti ritrovi ripreso da una telecamera che ti schiaffa in 4K su un maxischermo. Ok, ci sono le vetrine e la pubblicità gigante di Victoria Secret’s che insomma, è sempre un bel vedere, ma tanto le modelle mica son lì per davvero. E sì che io amo le pubblicità, le trovo un indicatore validissimo del momento sociale in cui si vive, però quell’accozzaglia di luci e casino è una cosa di cui mi sfugge completamente il senso. Cioè, per dirne una, distante 100 metri c’è il Madison Square Garden. Cosa è realmente degno di un ricordo, la pubblicità 20 metri x 20 metri di H&M oppure un complesso che tra le altre cose ha ospitato eventi storici come i concerti di Led Zeppelin, di Frank Sinatra, Elvis Presley, di Bruce Springsteen, di Elton John, dei Queen, di Michael Jackson e, suggerisce Wikipedia, pure di Nino D’angelo che qui nell’86 fece il tutto esaurito? E  non voglio minimamente far presente quanto la presenza massiccia di senzatetto, una costante in tutta New York ma che a Time Square, ossia nel luogo simbolo del consumismo, non può non creare una dissonanza violenta. Si può essere insensibili quanto si vuole, ma se la realtà ti vomita addosso tutta la sua durezza e tutti i suoi contrasti, non puoi certo pensare di uscirne a cuor leggero felice per una foto affianco a uno Spiderman in sovrappeso.

Di riflesso, come suppongo immaginerete, non sono rimasto molto affascinato neanche dalla celebre 5th Avenue, parlo della parte super figa che parte dal vertice basso di Central Park, quella piena di negozi, insomma. Spenderò poche parole per descriverla, poi mandatemi pure affanculo: a me è sembrata una Corso Buenos Aires imbottita di steroidi e con in più più le griffe che si possono trovare in Via Montenapoleone. Ok, fighissimo, un supermercato del lusso, però, insomma, come dice bene il saggio Agafan: io non mi faccio 6.000 km di volo, per di più cagandomi addosso a ogni sussulto dell’aereo, per andare a vedere delle vetrine. Chiudo il trittico di ciò che non mi è piaciuto con Little Italy, o almeno quel che ne resta visto che mi dicono che quella vera si sia spostata a Brooklyn. Quella che abbiamo visitato noi è in pratica una succursale della vicina Chinatown ed è un quartiere dal folklore di dubbio gusto zeppo di locali dai nomi maccheronici. Noi ci abbiamo dedicato il tempo di due birre, al bar Sambuca, e lì seduti, di italiano, oltre alle Nastro Azzurro sul nostro tavolo e la nostra evidente virilità, c’era ben poco. Abbiamo però potuto apprezzare la solerzia del barman cinese, la pelle di porcellana tipica del sud-est asiatico della signora alla cassa e la bellezza un po’ maledetta della cameriera di origini ispaniche (un misto tra tortillas, sfrigolio di padelle, litigi, sudore, marijuana e tanto sesso).

Parte 1 – Le premesse (22/09)

Parte 2 – I luoghi che mi sono piaciuti #1 (29/09)

Parte 3 – I luoghi che mi sono piaciuti #2 (06/10)

Parte 4 – I luoghi che mi sono piaciuti #3 (13/10)

Parte 5 – I luoghi che Non mi sono piaciuti (20/10)

Parte 6 – Sensazioni sconclusionate (27/10)

Parte 7 – Link utili (03/11)

Su massimo miliani

Ho il CV più schizofrenico di Jack Torrence, per questo motivo enunciare qui la mia bio potrebbe risultare complicato. Semplificando, per lo Stato e per l'Inpgi, attualmente risulto essere giornalista.