Sono andata a Hong Kong per vedere le luci, quelle della fiera di illuminazione che si svolge nella città cinese ogni anno, ma alla fine quelle che mi hanno colpito di più e che mi sono rimaste impresse sono state quelle che ho visto fuori, in città.
Primo approccio con la Cina, il mio. E l’impressione è stata abbastanza forte, piuttosto particolare direi.
Hong Kong è una città che si sviluppa tutta in verticale: con i suoi sette milioni di abitanti in 1104 km² è una delle aree più densamente popolate al mondo. Se si considera solo la parte urbana dell’isola di Hong Kong (la città, infatti, si sviluppa in parte sull’isola, in parte sulla terra ferma dove ci sono i quartieri di Tsim Sha Tsui, Nathan Road e Kowloon) la popolosità raggiunge una media di 26.000 abitanti per km² (per fare un paragone, per km² Milano ne conta 7.391).
A chi piacciono i record – non a me, ma sono curiosi quelli relativi a questa città – gli abitanti di Hong Kong vantano uno dei redditi pro capite più alti al mondo (e lo si capisce notando il numero di negozi monomarca di orologi di lusso). La rete dei trasporti pubblici è talmente sviluppata che ne usufruisce più del 90% degli abitanti (la percentuale più alta a livello mondiale. E ad Hong Kong tra il quartiere di Soho e Lan Kwai Fong, ci sono le scale mobili più lunghe al mondo! Non immaginatevi un’unica scala mobile (quando mio fratello mi ha anticipato questo record mi immaginavo un’unica rampa infinita, con l’ansia di chi la prendeva per sbaglio e si doveva fare un percorso interminabile prima di poter scendere). Il tragitto è suddiviso in tratti più o meno brevi, talvolta in salita e qualche tratto in piano, per un totale di 800 metri di percorso. Il tutto dura 20 minuti e la mattina dalle 6 alle 10 va verso il basso (in direzione della city, del lavoro) mentre il resto del giorno fino a notte fonda verso i locali di Soho. E ci sono persino le istruzioni!!!
Dicevo: una delle città più densamente popolate al mondo. La mancanza di spazio è tale che lo sviluppo verso l’alto è stata l’unica alternativa possibile, insieme alla bonifica delle terre che vengono recuperate strappandole al mare (il terreno “ricreato” aumenta di anno in anno, un concetto che mi ha un po’ inquietata, portando a chiedermi se non ci sia una qualche conseguenza negativa per la natura in questo).
L’impressione è quella di una città sempre in costruzione, in continuo movimento, sia per l’aumento della sua superficie, che per i suoi abitanti che sembrano in perenne ritardo per prendere il treno. E te lo fanno anche notare, maestri come sono delle spinte sui mezzi pubblici o per strada. Insomma al milanese imbruttito, il cinese gli fa un baffo!
Lo spazio è così poco che persino gli alberi sono costretti a crescere in verticale e a sfruttare ogni superficie, arrampicandosi con le loro radici sulle mura di cemento della città, in equilibrio precario sopra le strade.
Siccome la città si sviluppa in altezza, è consigliabile stare sempre a un piano alto, anche da turisti. È strano da raccontare – e persino da vivere – ma talvolta dal basso, ad altezza strada, non si riesce ad attraversare agli incroci (tutti pensati per le auto e i taxi o con degli improvvisi lavori in corso a sbarrarti il cammino) e i passaggi tra i palazzi sono di frequente dei collegamenti interni, dei camminamenti tra centri commerciali che sono davvero destabilizzanti. Ti fanno perdere il senso di “soglia” e di ingresso, i confini, l’orientamento, portandoti a non capire dove inizia un palazzo e dove finisce l’altro. Le vetrine su strada ci sono, ma spesso trovi ciò che cerchi (la manicure, un esempio del tutto casuale!) sbirciando alle finestre dei piani alti dei palazzi.
C’è spazio anche per la religiosità in questa città dai ritmi folli. La devozione assomiglia più a superstizione da queste parti, profuma di incenso (bellissime le giganti, immense spirali di incenso che ti sovrastano nel tempio), ma profuma anche un po’ di soldi. Qui tutto è business, tutto è commercio, tutto è denaro, anche negli spazi sacri. L’ingresso al tempio è preceduto dal negozio di souvenir, alle pareti un’infinità di doni votivi (con tanto di nomi in cinese, i più fortunati – o ricchi – mettono anche la foto!) e nella sala in fondo la mappa degli spazi già presi e di quelli liberi c’è persino il prezzo.
Altre stranezze della città:
- oltre alle istruzioni per le scale mobili, ci sono pure quelle in bagno, che ti spiegano come lavarti le mani!
- Il check-in per il volo di ritorno: lo puoi fare dalla città, precisamente dalla stazione Central della metro. Prima di salire sul treno che ti porta all’aeroporto, ti ritrovi una sorta di area check-in (anzi una vera e propria area check-in, coi banconi divisi per compagnia aerea). E così molli lì la tua valigia che ritroverai direttamente sul nastro dell’aeroporto di casa.
- A Hong Kong puoi entrare in un centro massaggi – e non di quelli “speciali” – a mezzanotte passata. Fare un massaggio coi piedi (non ai piedi, ma fatto coi piedi. Letteralmente. Un massaggio rigenerante e anche parecchio efficace, seppur un poco doloroso) ed uscirne che sono le 2, pronto per continuare a viverti la città o tornartene in albergo.
- I taxi e i taxisti sono tecnologici: hanno le porte automatiche, ti consentono – in alcuni casi – di pagarli con carta di credito (o con la mitica octopus card con cui puoi pagare dall’abbonamento alla metro al caffè di Starbucks), ma poi scuotono il capo quando non capiscono la direzione in cui vuoi andare, o quando la capiscono benissimo e non hanno nessuna intenzione di portartici (anche se sono le 2 di notte e sei da sola alla disperata ricerca di un modo per tornare in albergo). Oppure estraggono dal taschino una lente di ingrandimento, per riuscire a decifrare l’indirizzo sul Google maps del cellulare che gli hai appena mostrato.
Ho esordito citando le luci e di luci ancora non ho parlato. Per godervi lo skyline della città illuminato di notte ho due posti da consigliarvi, opposti ma complementari: andate sul Victoria Peak se volete godervi la vista dall’alto, una corsa retro sul Peak Tram (la prima funicolare dell’Asia, così in contrasto con la modernità che domina la città), brividi da vertigine, una brezza che allieva piacevolmente la calura umida della city e un panorama assai romantico (dopo qualche spintonata al cinese imbruttito citato prima).
Andate sulla terraferma a Kowloon, invece, per vedere il panorama ad altezza uomo. Raggiungerete il quartiere di Tsim Sha Tsui a bordo dello Star Ferry (che fa un po’ Staten Island Ferry di New York). E dopo una passeggiata su lungomare con vista su tutti i palazzi dall’altra parte dello specchio d’acqua, vi godrete lo spettacolo di luci che si tiene alle 20. Tutte le sere i grattacieli prendono vita e, a ritmo della musica diffusa dagli altoparlanti lungo il percorso pedonale, si illuminano e si passano la luce, giocando di riflessi, colorazioni, laser e effetti speciali che coinvolgono ben 47 palazzi della città.
E poi, quando meno te l’aspetti, Hong Kong sa anche stupirti con delle perle di saggezza raccontate direttamente dalla città, da scritte sui suoi palazzi o installazioni di design, con una passeggiata in un quartiere più a misura d’uomo come Soho o con la vita notturna in stile occidentale di Lan Kwai Fong. Ma alla fine, quando ti ritrovi sull’aereo di ritorno un gruppo di chiassosissimi cinesi che vengono zittiti dalla metà occidentale del volo, capisci che la Cina era proprio quello: rumore, colore e movimento senza sosta. Per la gioia dei passeggeri e delle hostess, in un viaggio di ritorno di “sole” dodici ore di volo…