New York – Diario di viaggio. Questo post, almeno rispetto a quelli precedenti, sarà molto più breve e conciso. Non tanto perché ci sono state poche cose che non mi sono piaciute (il che è in parte vero) ma soprattutto perché in un diario di viaggio si tengono solo le cose belle.
In ogni caso, al primo posto di questa personale quanto opinabile classifica, metto senza dubbio Time Square, la piazza piena di pubblicità ritratta in ogni salsa nei film americani e che, a mio avviso gode di una popolarità completamente immeritata. Sarò anche snob ma non capisco il successo di cui gode questo posto e perché milioni di persone, probabilmente considerate anche sane di mente dai rispettivi medici di base, ogni anno dovrebbero avere voglia di visitarlo. Cioè, stiamo parlando di una piazza ricolma di pannelli pubblicitari che illuminano a giorno e che, almeno per quel che mi riguarda, oltre a rappresentare un folle esempio di spreco energetico, rappresentano un palese pericolo per chiunque soffra di attacchi epilettici. Noi ci siamo andati di sera, quindi nel pieno del suo potenziale illuminante e, dopo dieci minuti di quella bolgia, avevamo l’espressione che hanno i gatti quando il loro padrone li chiama con la vocina stridula e farcita di diminutivi. Bello? Boh. Ok, passeggi e trovi 4 o 5 poveracci vestiti da Avengers che si offrono di fare la foto con te.
Di riflesso, come suppongo immaginerete, non sono rimasto molto affascinato neanche dalla celebre 5th Avenue, parlo della parte super figa che parte dal vertice basso di Central Park, quella piena di negozi, insomma. Spenderò poche parole per descriverla, poi mandatemi pure affanculo: a me è sembrata una Corso Buenos Aires imbottita di steroidi e con in più più le griffe che si possono trovare in Via Montenapoleone. Ok, fighissimo, un supermercato del lusso, però, insomma, come dice bene il saggio Agafan: io non mi faccio 6.000 km di volo, per di più cagandomi addosso a ogni sussulto dell’aereo, per andare a vedere delle vetrine. Chiudo il trittico di ciò che non mi è piaciuto con Little Italy, o almeno quel che ne resta visto che mi dicono che quella vera si sia spostata a Brooklyn. Quella che abbiamo visitato noi è in pratica una succursale della vicina Chinatown ed è un quartiere dal folklore di dubbio gusto zeppo di locali dai nomi maccheronici. Noi ci abbiamo dedicato il tempo di due birre, al bar Sambuca, e lì seduti, di italiano, oltre alle Nastro Azzurro sul nostro tavolo e la nostra evidente virilità, c’era ben poco. Abbiamo però potuto apprezzare la solerzia del barman cinese, la pelle di porcellana tipica del sud-est asiatico della signora alla cassa e la bellezza un po’ maledetta della cameriera di origini ispaniche (un misto tra tortillas, sfrigolio di padelle, litigi, sudore, marijuana e tanto sesso).
Parte 2 – I luoghi che mi sono piaciuti #1 (29/09)
Parte 3 – I luoghi che mi sono piaciuti #2 (06/10)
Parte 4 – I luoghi che mi sono piaciuti #3 (13/10)
Parte 5 – I luoghi che Non mi sono piaciuti (20/10)
Parte 6 – Sensazioni sconclusionate (27/10)