Leggi la nostra recensione di Gil Scott-Heron: Il Bob Dylan nero
Leggendo le tue pagine si ha la sensazione che con Gil Scott Heron siamo di fronte ad un’empatia più vicina a quella del poeta, dello scrittore che del songwriter?Gil Scott Heron nasce come scrittore e poeta, le sue prime uscite pubbliche sono infatti i libri The volture e Nigger’s factory e solo successivamente abbraccia anche la musica (peraltro anche più redditizia). Ma la sua carriera ci consegna un artista a 360 gradi, poeta, scrittore, intrattenitore, musicista, cantante, showman (vedi il DVD Black wax, reperibile anche su youtube).
In diversi punti del tuo libro si scopre un Gil Scott Heron intento a studiare i fenomeni di cui vuole scrivere, questa attenzione era una forma di fedeltà o sincerità alla sua arte? Era un modo spontaneo e sincero di concepire l’arte in forma quasi sacrale, come una sorta di missione con cui abbinare il divertimento (attraverso la musica) con un messaggio mai banale e scontato.
Gil Scott Heron ha collaborato con Stevie Wonder, Bruce Springsteen, Miles Davis, è considerato il padre del rap, eppure nella foto del Pantheon non compare mai, come mai? Purtroppo la lunga dipendenza e gli eccessi derivati non ne hanno tramandato una bella immagine, tanto meno accettabile. Non è mai stato un “eroe redento” che in qualche modo ha ripulito fisico e immagine. La morte lo ha portato via poco tempo dopo essere uscito di galera, ad esempio. In aggiunta anche artisticamente è stato discontinuo e spesso ostico. Purtroppo anche per questo è spesso colpevolmente dimenticato.
Gil Scott Heron, nonostante lo stile di vita eccessivo, spesso cupo, e il forte grado polemico dei suoi testi, apparirà sempre molto lucido e positivo nelle sue interviste, ma a chi dobbiamo credere? Avendolo “studiato” a fondo per redarre il libro mi sono trovato spesso davanti ad una sorta di doppia personalità. Anche nei momenti più disastrosi, in cui è evidente lo stato fisico precario, è lucido, pungente, con commenti e risposte sempre appropriate, colte, competenti. E ciò aumenta ancora di più il rammarico per aver perso un incredibile potenziale artistico.
Gil Scott Heron aveva moltissimi tratti profetici per temi e stile, ma a lui sarebbe piaciuto essere definito un profeta? Penso proprio di no, pur se a volte ha rivendicato la progenitura di certe tematiche (vedi i pericoli del nucleare). Si è sempre definito una sorta di commentatore sociale, un osservatore della realtà circostante, non ce lo vedo proprio come profeta.
Ascoltando la musica di Gil Scott Heron si ha la sensazione di vivere in un’epoca lontana per libertà creativa e profondità. Ci sono in giro oggi artisti che conservano un approccio così libero alla creazione pur rimanendo in ambito “commerciale”? Sicuramente Fantastic Negrito, uno degli eredi più diretti sia a livello di concezione musicale che di contenuti nei testi. Ma anche Kendrick Lamar o Jack White anche se più spostati in un contesto strettamente musicale.
Qual è l’album che consiglieresti ad un ragazzo che oggi ascolta Ghali? E qual è il tuo preferito? Per me I’m new here è un capolavoro assoluto, il miglior album del nuovo millennio, ma da consigliare sono anche l’esordio a base di spoken words, Small talk, e il secondo, Pieces of a man.
Che dischi hai sul tuo giradischi in questi mesi? Lavorando in una radio ascolto una marea di cose ogni giorno. Al momento girano spesso un disco di rap italiano, Crystal ball dei genovesi Era Serenase, il nuovo Jack White, Kamasi Washington (un genio) e un sacco di classici dei 60’s, black music in particolare.
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