Tra le uscite più interessanti di questa ripresa di metà anno c’è un disco acustico, per chitarra e pochi fronzoli. L’autore si chiama Federico Ferrari, lucano di origine e residenza, ha militato nella scena indie bolognese prima di scegliere come buen retiro la sua amata Basilicata.
Così tra le strade piene di tornanti che nascondono colline e segreti, è nato Petroleum un progetto interessante e spiazzante rispetto alla media delle uscite italiane. Un disco raffinato ed elegante, con un messaggio che non lascia scampo, mixato a Londra da Antonio Russo, registrato da Antonio Russo e con un affascinante progetto grafico a cura di Nicola Ciuffo. Colpiti da questo lavoro e dalla sua complessità abbiamo fatto qualche domanda a Federico Ferrari, che con grande chiarezza spiega l’orizzonte del suo progetto.
Ciao Federico, è uscito da alcune settimane il tuo primo lavoro discografico solita. Un disco strumentale per chitarra acustica. Da dove nasce l’idea di un disco così particolare? Negli anni la mia indole da rockettaro è andata pian piano affievolendosi, così la chitarra acustica è diventata la 6 corde che ho suonato di più, sia in studio che live, forse probabilmente rappresenta una sorta di maturità (a dicembre sono 30 anni), particolare forse per il fatto che pubblicare un disco strumentale di chitarra acustica nel 2021 è una follia, ma è ancora oggi ahimè la forma migliore o più comoda della mia espressione. Avendo io una voce da trombone e dei concetti polemici e pesanti ai più, per ora è meglio lasciar stare i testi.
Il titolo dell’album è molto significativo, Petroleum cosa racconta questo titolo? Petroleum è un titolo chiaro che raccoglie molteplici significati, dall’amore incondizionato che ho nei confronti della mia terra alla battaglia persa contro il tumore da una persona a me molto vicina. Questo brano parla di lei. Io vengo dalla Basilicata e come causa agli sversamenti di materiale tossico nelle falde acquifere e nella terra dovuto alle estrazioni petrolifere in Basilicata si muore di tumore con un andamento che varia di più 4.000 morti all’anno, in una regione che conta 600.000 abitanti e che produce 88% del petrolio in Italia.
C’è un titolo tra gli altri che mi ha colpito molto MedieVal D’Agri, ce lo vuoi raccontare? MedieVal d’Agri, come altri titoli, è un gioco di parole. Le sonorità volute rievocano quelle di un tempo felice, un tempo incontaminato, un tempo di in territorio (quello della Val d’agri appunto) abitato fin dal neolitico e fiorente per le civiltà insediatesi nel corso dei secoli. Quello di oggi è uno scenario desolato fatto di fiamme e nubi tossiche. Il senso del disco a livello armonico è questo, nei primi 3 brani ho utilizzato degli accordi maggiori per evocare sensazioni felici, limpide, dal momento che il disco incontra il petrolio e il territorio si contamina le sonorità diventano più cupe.
Anche nella scelte grafiche, sia digitali che fisiche, hai voluto dare una connotazione molto forte o sbaglio? Tutto album é immaginato come un percorso mi è sembrato di capire? Il lavoro grafico è essenziale per comprendere il concept del disco. Ringrazio fortemente Nicola Ciuffo, il grafico che ha realizzato la mia idea in maniera impeccabile. La copertina in carta riciclata diventa in realtà una mappa della Basilicata dove ogni titolo segna un punto che indica una zona inquinata o dove si estrae petrolio. Questo tragitto verrà completato con un progetto video, già iniziato con il primo videoclip Fuori era Primavera ( brano n 1), volando con un drone sopra i territori interessati.
Quanto conta il messaggio nella musica per te, quello che si definirebbe “impegno”? Cito Jorit :” alcuni dicono che gli artisti non devono essere impegnati, allora non sono un artista”. Io credo che l’arte sia un modo per smuovere le coscienze attraverso la sensibilità, l’arte a volte può essere anche politica.
Musicalmente ascoltando Petroleum si ritrova una raffinatezza compositiva oltre che esecutiva davvero notevole, come sono nati i sette brani dell’album? Innanzi tutto ti ringrazio, sono brani nati in 10 anni, partendo da Bologna e finendo a casa durante il lockdown. Gli ascolti e gli studi di questi anni hanno influenzato moltissimo tutto il lavoro
Mentre ascoltavo Petroleum ho avuto la sensazione di ascoltare un lavoro molto metodico stilisticamente, mi ha ricordato il grande jazz degli anni ‘60-‘70. Che musica ti ha ispirato mentre lavoravi all’album e più in generale quali sono gli artisti che prediligi? Come dicevo prima a Bologna studiavo con il M° Martirani, grande jazzista, e C’era una volta Tempa Rossa sembra uno standard in effetti, è nato in quel periodo. Non so chi più di tutti, forse tutti, io adoro Frank Zappa, i Pink Floyd, Allan Holdswort, Djando Reinhardt, Pat Metheny, Tommy Emmanuel, Mike Dawes, Dodi Battaglia (che ha fatto un disco acustico solista da favola). E Fabrizio De André, ma questa è un’altra storia.
Stai portando in giro il tuo lavoro con dei live multimediali, ci racconti cosa succede ad un tuo live? A un mio live il supporto mediatico è fondamentale, le immagini riescono a descrivere ciò che i pezzi non esprimono esplicitamente essendo senza testo. Durante il concerto che è più un dialogo con il pubblico sulla questione “Petrolio in Basilicata” le immagini e i video danno un contributo essenziale e tutto diventa chiaro ed evidente.
A che altri proteggerti stai lavorando? Per ora come detto in precedenza mi sto concentrando sulle riprese con il drone, per finire il lavoro iniziato con la pubblicazione dell’album. Per quanto riguarda altri progetti completamente estranei a questi, sto lavorando con due amici ad un progetto funky che verrà esposto al pubblico definitivamente quest’inverno “Le Pappardelle ai funky”. Ve le faremo assaggiare.