Elton John a Milano, sa come si fa e ce lo mostra. Da Your song a Crocodile rock, al Forum di Assago a Milano uno show travolgente, ben costruito e pieno. Abbiamo visto il gusto di suonare e la capacità di stare su un palco, e abbiamo apprezzato un repertorio che sa dire la sua.
Chiariamo subito una cosa: sono di quelli che va a vedere i vecchi babbioni in concerto. Perché? Innanzitutto perché spesso mi piace la musica di chi non è più giovanissimo, ma qui poco importa. La verità è che la domanda più gettonata risulta specifica, cioè: perché vai a vedere quello che manco si regge in piedi e che è la controfigura di se stesso? Sarà, ma i vecchi che ho visto io reggono il palco ancora bene. Un esempio fresco fresco è Elton John, di cui ho assistito al concerto di Milano del 4 dicembre. Naturalmente presente il mio solito sodale di concerti più altri tre.
Non so voi, ma nella cerchia delle mie conoscenze sul buon Elton aleggia un certo scetticismo. Personalmente lo ascolto da una vita, non lo conosco approfonditamente ma da tanto. Chiunque è pronto ad ammettere che è bravo, ma dicendolo mi propone quella faccia un po’ così, di chi lo afferma per sentito dire, di chi non è convinto. Io vorrei invece specificare che per me è bravo davvero.
Ma veniamo al concerto. Innanzitutto è iniziato con una puntualità inusuale, che ci è costata l’ingresso sul palco. Caro Elton, va bene non far attendere i fan, ma i dieci minuti canonici prenditeli. Elton era in forma smagliante, con giacca lucida, occhialino scuro e una gran voglia di fare musica. Lo show è stato trascinante e ben costruito. Perché se c’è una cosa che sanno fare questi vecchietti è stare sul palco, sanno quando far ballare la gente e quando piazzare la ballata, sanno eccitare e blandire il pubblico, sanno dosare le proprie energie. Ed hanno un repertorio ormai consolidato, possono attingere da una carriera che ha già fatto il suo corso e lo fanno a piene mani. E si fanno accompagnare da bravi musicisti, ed Elton stesso è rimasto incollato al piano, picchiando su quei tasto ininterrottamente e con gusto.
I pezzi di maggior successo sono passati praticamente tutti, quindi il tuffo nel passato è stato pieno. Ma non si è trattato di una riproduzione fredda, ha proposto versioni meravigliose, perché un artista, seppure pop, riesce in questo: dal vivo sa dare nuova vita a canzoni che ne hanno già una propria, sa dare calore a quelle hit che altrimenti sarebbero ritrite. Non ha negato al proprio pubblico quei pezzi che si aspettava, ma li ha suonati con una marcia in più.
Io ho trovato travolgente Bennie and the Jets; Rocket Man è stata introdotta da un paio di minuti di piano per poi esplodere in tutta la sua bellezza; su Daniel i classici brividi; The One stupenda; I Guess That’s Why They Call It the Blues coinvolgente. Ne ho citata qualcuna, ma è stato un susseguirsi di emozioni elargite e culi da dimenare. Ed il pubblico ha apprezzato: un palazzetto tutto esaurito e calorosissimo. E lo stesso cantante sembrava divertirsi di divertire, sembrava avere voglia di suonare e farsi applaudire, voler regalare uno spettacolo degno.
Per la cronaca il concerto è durato due ore e mezza, che sono state piene, con nessuna pausa e la voce di Elton John che, non sarà più quella di vent’anni fa, ma risuonava sicura e ancora in forma fino alla fine. Perché vado a vedere questi vecchietti? La risposta mi è stata data forte e chiara al Forum di Assago.
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Elton John: Greatest Hits (1970-2002) – Elton John
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