Brunori Srl – Una società a responsabilità limitata, Teatro dal Verme Milano – Il sospetto che fosse un artista poliedrico ce lo avevamo già, ma stasera, dopo due ore e mezzo di (buonissima) musica e (divertentissime) parole, il pingue Dario ce ne ha dato ulteriore prova. Tra Carmelo Bene, Amleti in spiaggia e gustosissimi ricordi d’infanzia, l’unico dubbio che ci rimane è se ci è piaciuto di più il monologhista oppure il cantastorie
E la domanda, credetemi, è lecita più di quello che si possa pensare. Ma andiamo con ordine. Brunori Srl – Una società a responsabilità limitata, segue temporalmente il maxi tour estivo dedicato al terzo album del cantautore di Guardia Piemontese, Il cammino di Santiago in Taxi, ma se ne distacca in maniera netta, proponendo al pubblico una formula inedita di spettacolo in cui Dario Brunori rivela se stesso, dimezzando lo spazio per le sue canzoni e offrendolo alle parole, grazie alle quali racconta della sua vita, delle sue e nostre debolezze e le responsabilità (per nulla limitate) della società in cui viviamo. Lo fa attraverso dei monologhi che brillano per ironia e interpretazione, ben costruiti e capaci di colpire praticamente sempre nel segno. A collante di ciò ci sono le canzoni, che Brunori seleziona e dispone a corollario di ogni monologo e che, in qualche modo, ne ribadiscono il senso. Il risultato di tutto questo è una riuscitissima via di mezzo tra il teatro e la canzone, una dimensione spuria dove Brunori sperimenta la possibilità di arrivare al suo pubblico in maniera ancora più diretta e incisiva. Ci è riuscito? Assolutamente sì ed è anche per questo che è impossibile scegliere tra il cantastorie o il monologhista. Il merito principale, a mio avviso, è del riuscito mélange tra le due anime dello spettacolo: le canzoni (tra cui spicca una dolorosissima interpretazione de Il giovane Mario) sono arrangiate in maniera tale da far emergere su tutto voce e strumento (piano o chitarra), una sorta di “acustico con accompagnamento” perfetto per l’occasione. E poi c’è lui, con la sua “morbida presenza” che nelle parti parlate dimostra una verve scenica solida, dote che si poteva sì intuire anche in passato, ma che con questa formula viene alla luce con prepotenza.
Raccontato lo spettacolo, ora è il momento delle note di colore:
– A detta di Agafan, seduto affianco a me in teatro, noi due eravamo i più vecchi in sala ed eravamo pure quelli con la barba meno lunga. Confesso che la cosa da un lato mi atterrisce (soprattutto per quanto riguarda l’età), dall’altro, però, mi fa ben sperare: se la deriva hipster vuol dire ascoltare Brunori Sas al teatro Dal Verme, allora viva la deriva hipster
– Brunori ha principiato prendendo in giro la sua forma fisica dilatata e io, pur vedendolo da lontano, non posso che dargli ragione. A parziale sua consolazione, il fenomeno si può definire la prova tangibile dell’esistenza di una correlazione tra l’aumento della fame e quello della fama.
– Vedere il Dal Verme tremare dalle risate è stato interessante. Se devo fare un ipotetico podio dei passaggi dei monologhi più divertenti, metto al primo posto la nonna che brucia le bambole della nipote per suggellarne l’ingresso nell’età adulta, al secondo la definizione calzante di Masterchef e al terzo lo spelling della parola Lucro.
Ovviamente non è mia intenzione spoilerare alcunché, per cui non vi resta che comprare un biglietto per le prossime date cliccando qui.
Qui sotto invece l’interpretazione milanese di Pornoromanzo. Buon ascolto!
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