Bob Dylan e Francesco De Gregori al Lucca Summer Festival

Bob Dylan con apertura di Francesco De Gregori, data che si prospettava entusiasmante al Lucca Summer Festival 2015. Ma gli organizzatori e gli artisti sono riusciti a trasformare l’evento in una delusione cocente e costosa.

Per tutti i possessori del biglietto “posto in piedi” probabilmente sono stati i 45 euro peggio spesi per un concerto. Certo, nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo prima. Visto che si trattava dello spettacolo di Bob Dylan con apertura di Francesco De Gregori. E la cornice non era mica banale: l’elegante piazza Napoleone in Lucca, per il Summer Festival. La responsabilità per una simile sentenza, che non teme obiezioni, cade interamente sul groppone degli organizzatori che hanno inteso riempire la piazza di posti a sedere, venduti a caro prezzo. Relegando gli spettatori che hanno acquistato i ticket più “sfigati” (ripeto, 45 euro) agli angoli estremi dell’agorà, oppure addirittura immediatamente dietro la tribuna centrale che ospitava i posti vip. Quindi del tutto impossibilitati persino a sbirciare quanto accadeva sul palco. Una vergogna. Mentre tra chi stava in piedi si consumava una guerra fra poveri pieni di frustrazioni, sul proscenio non si palesava uno show indimenticabile.

Con ordine. De Gregori apriva che era ancora giorno. Atmosfera non proprio affascinante. Senza inquadrature per gli schermi giganti, per sua espressa richiesta. Come del resto Dylan ha concesso solo telecamere fisse per inquadrature da lontano. Entrambi, forse, timorosi della loro immagine. Il cantautore romano ha incominciato con Il canto delle sirene, uno dei pezzi più riusciti dell’ultimo tour Vivavoce, per poi sciorinare una serie di suoi classici, da Viva l’Italia a La donna cannone. Senza infamia, senza lode.
Dopo un’oretta tocca al menestrello americano. Solito cappello, solito atteggiamento piuttosto distaccato. Dylan è stato un artista straordinario, un’icona ineguagliabile degli anni Sessanta. Ma in questo contesto storico un tipo come lui non può entusiasmare le masse. Due ore di concerto piatte, per nulla coinvolgenti. Ciò che induceva a restare con occhi e orecchie attaccati al palco era la consapevolezza di avere comunque di fronte una leggenda della musica.

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Un grazie a Robertina per le foto

Su Dario Macrì

L'ego mi costringe a dire che sono un giornalista. Ma proprio il fatto che esterni tale conflitto è opera stessa dell'ego, che esulta. E questo è solo un accenno della contorta battaglia interiore che si combatte in me soprattutto fra petto e bocca dello stomaco. Dalla Calabria.

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