Condannare l’episodio di Indro Montanelli in Eritrea può esulare da altre considerazioni sull’opera del giornalista o sulla statua. Discutiamo di tutto, ma teniamo ferma quella condanna, francamente mi pare davvero il minimo, eppure risulta così difficile.
Indro Montanelli in Eritrea non era una statua
Non voglio parlare di quanto e se il giornalista Indro Montanelli sia stato grande; e nemmeno mi infilerò nella discussione relativa alla statua di Indro Montanelli a Milano, fermo restando che accomunarne il valore ad una statua dell’antichità mi pare una stronzata. Non parlerò di tutto questo perché gli elementi che mi danno maggiori spunti sono altri.
In particolare il muro di difesa che certi giornalisti hanno eretto per proteggere Indro Montanelli. L’aspetto più interessante viene a galla non quando difendono il giornalista (dividere l’opera dall’uomo trovo sia corretto), il maestro, l’uomo in generale o la statua, tutti aspetti su cui si può discutere, ma quando difendono a spada tratta il gesto incriminato, cioè l’acquisto di una dodicenne eritrea, durante l’invasione italiana, e il conseguente matrimonio consumato (con fatica perché infibulata, poverino).
Stiamo parlando di un gesto compiuto poco più di ottant’anni fa, chi lo difende ha conosciuto Montanelli e ci ha lavorato, giusto per avere idea del lasso temporale. Ad aggravare il fatto, Montanelli non fece mai ammenda pubblica per quanto compiuto, cosa che avrebbe fatto tutta la differenza del mondo, ma anzi ne parlò e scrisse fino alla fine come di qualcosa di legittimo. Chiaramente le scuse pubbliche non avrebbero riparato il male compiuto, ma riconoscere i propri errori in pubblico sì che contestualizzerebbe le cose. Non perché il gesto di allora possa essere accettato, ma perché contestualizzerebbe un errore compiuto nel passato e riconosciuto come tale.
Che poi contestualizzare è sempre giusto, ma la contestualizzazione non esonera dagli errori. Perché, scusate, il genocidio degli ebrei ad opera dei nazisti non va contestualizzato? Certo che sì, la contestualizzazione aiuta la comprensione, ma non va giustificato.
Quel che spetta alle donne
Nella difesa a spada tratta di quell’impresa italica, nello sminuirla a costume di un paese straniero, nel derubricarla ad errore di gioventù mi pare di intravvedere il poco riguardo che la nostra società tributa alle donne (non l’unica, per carità, ma perché guardare dove si fa peggio e non dove fanno meglio?). Siamo insomma alle solite: quel che riguarda una donna (in questo caso addirittura bambina) va contestualizzato, alle donne va riservata l’attenzione speciale che meritano, diversa da quella verso gli uomini.
So che molti diranno: ma che c’entra? E invece c’entra. Montanelli scrisse, poco prima della morte, che fece fatica a consumare e ci volle l’intervento deciso della madre della ragazzina per risolvere la situazione: cos’altro vi serve per condannare quell’episodio? Cosa volete contestualizzare di preciso? Una guerra coloniale e le sue brutalità? Quindi il fascismo, altro grandissimo problema italiano irrisolto. Non solo, vorreste contestualizzare la violenza su una ragazzina.
C’è poi un altro discorso molto delicato a cui voglio accennare, premettendo però che non sto dando in nessun modo del pedofilo a chi difende quell’episodio, questo sia chiaro. Però la condanna della pedofilia, ancora oggi, è troppo vaga e lasca. Siamo tutti pronti a indignarci quando un mostro va in carcere per pedofilia, purché il mostro rispetti il nostro modello di carcerato. Quando invece ad avere atteggiamenti ambigui, ma anche criminosi, è qualcuno che non viene riconosciuto immediatamente come mostro, beh allora si tende a cercare una scappatoia giustificativa. Noi crediamo che la nostra società condanni fermamente la pedofilia, ma la strada non è stata affatto percorsa tutta, ne manca un bel pezzo.
Condannare quell’episodio può esulare da altre considerazioni sull’opera del giornalista o sulla statua. Discutiamo di tutto, ma teniamo ferma quella condanna, francamente mi pare davvero il minimo, eppure risulta così difficile.
Condivido in pieno il tuo pensiero. Lo spettacolo dei più famosi giornalisti italiani che difendono un atto di pedofilia è rivoltante e non facilita per niente l’evoluzione morale dell’opinione pubblica italiana che ha visto glorificare questo personaggio (con tutte le sue famose uscite razziste oltretutto!) per decenni.
Già, e così quel che sarebbe molto semplice, la condanna di un atto riprovevole, diventa una battaglia di posizione