Le sigarette scandiscono il tempo di una giornata, nel momento in cui diminuiscono lasciano senza i soliti appigli. Abbandonare le sigarette, o parte di esse, significa venirsi a trovare al centro di un vuoto dentro cui non si sa da che parte girarsi. Dominare il vizio? Diciamo che per ora navighiamo a vista, il problema è la costa da cui si è partiti ancora troppo vicina.
Il tempo scandito
Il tempo l’ha inventato l’uomo e, come tutte le invenzioni umane, sa essere utile e infido. Il tempo è tiranno, l’ennesimo della storia; il tempo è galantuomo, a volte concede riconoscimenti scaduti; al tempo bisogna dare tempo, come se non si prendesse già abbastanza; chi ha tempo non aspetti tempo, le concessioni vanno sfruttate ed io le spreco puntualmente. Ma al di là dei luoghi comuni in cui sguazzo, il tempo è come lo viviamo noi. E per viverlo, personalmente ho bisogno di punti di riferimento, di agganci, di momenti che lo scandiscano.
Il tempo delle sigarette
Le sigarette facevano proprio questo, mi scandivano il tempo. Le giornate, già di per sé segmento artificiale, erano scandite dalle sigarette, ogni sigaretta segnava un segmento di tempo appena concluso o in procinto di iniziare. Gli stessi momenti erano vissuti in altro modo grazie alle sigarette: le attese, le pause, le riflessioni, l’approssimarsi di una cagata, lo scorrere di un’attività, le discussioni, le telefonate, i tragitti. Chi non ha mai fumato starà pensando all’ennesima stronzata da fumatore, ma levare un appiglio durante lo scorrere del tempo lascia in bilico su un burrone, a volte in infinita caduta libera senza lo schianto, incerti nell’incedere e insicuri nell’apparire. La sigaretta mi dava una sicurezza assoluta, fedele a se stessa e a me nella misura in cui mi ha sempre dato quel che cercavo: non soluzioni, non scappatoie, ma appoggio incondizionato, vicinanza palpabile, disponibilità immediata e a chiamata.
L’abitudine fa l’uomo
Voi penserete che io possa ritrovare queste caratteristiche in qualcos’altro, applicare gli appigli verso nuove realtà. Non funziona così. Innanzitutto il tempo crea l’abitudine e un’abitudine è dura a morire, scardinare l’abitudinarietà comporta uno sforzo che per me, abitudinario a tutto tondo e fondatore della setta Abitudinarisìchecazzovoletelasciatecistare, si presenta titanico, per me che lascio qualsiasi impresa agli altri, che non rincorro onori per evitare gli oneri, che nascondo le intenzioni per non trarne le conseguenze, che mi rompo i coglioni all’idea di conquistare anche solo il turno in una fila.
E poi l’insicurezza dovuta alla perdita degli appigli dove la mettiamo? Se mi togli l’appiglio e speri che ne cerchi un altro devi anche darmene uno nuovo che sia di passaggio tra il primo e l’ultimo, e poi un altro tra il primo e quello di mezzo e così via. Fai prima a riempirmi di schiaffoni che a concedermi tutti gli appigli intermedi di cui avrei bisogno, non che prendermi a schiaffi servirebbe, ma almeno ti sfogheresti e lo sfogo è sempre cosa buona e giusta.
Navigare a vista
Il vizio ancora non lo domino, ancora fumo qua e là quando in teoria, quella costruita da me stesso, non dovrei. Però ho diminuito le sigarette in modo vertiginoso, le cadute sono costanti ma limitate: diciamo che difficilmente passo una giornata senza fumarne una, ma quasi mai ne fumo più di un paio se non esco di casa (lavoro da casa). Forse avrei dovuto prevedere che per come sono fatto dominare qualcosa non mi sarebbe stato possibile, io che nasco schiavo dentro, ma non voglio ancora mollare. Diciamo che sono sulla buona strada, ho fatto passi avanti, con la meta ancora lontana ma sono partito da un po’ ed è già un grande successo. Dominare il vizio? Più che altro che per ora navighiamo a vista, il problema è la costa da cui si è partiti ancora troppo vicina.[yikes-mailchimp form=”3″ title=”1″ description=”1″]