Prima di andare al sodo, e cioè parlare di allenamento vero e proprio, sento il bisogno di parlarvi della mia coperta di Linus, di un qualcosa senza il quale sarei perso e sul quale ripongo ogni mia speranza di vittoria. Ovviamente non sto parlando delle mie gambe scultoree e iperallenate, ma del mio cardiofrequenzimetro
Sento la necessità di iniziare questo post facendo una categorizzazione dozzinale di quel soggetto che al giorno d’oggi definiamo atleta. Non parlo ovviamente dell’atleta vero, quello che lo fa per professione, ma dell’atleta a tempo perso, che non viene pagato per farlo, ossia la categoria a cui mio malgrado appartengo. A mio modestissimo parere, tolte le sfumature, che per natura non mi competono, io sono fermamente convinto che esistano due tipologie di atleti della domenica: quelli che fanno sport perché amano farlo e non gli interessa assolutamente nulla di come lo fanno, e quelli che invece vedono nello sport un qualcosa da affrontare con estrema serietà e i cui risultati diventano fondamentali per la propria autostima, anche se l’unico obiettivo è quello di buttare giù qualche etto. Io, come si può bene immaginare, faccio parte di questa seconda categoria. Come avevo accennato nel primo post di questo diario, negli ultimi anni della mia vita ho scoperto di non funzionare senza una pianificazione, ciò succede in molto aspetti della mia esistenza: adoro le tabelle, mi piace fare programmi, mi piace esattamente quanto sputtanarli dopo pochissimo tempo. Il fatto che è più forte di me. Ho un obiettivo? Mi viene naturale provare a tracciare un percorso che mi consenta di raggiungerlo e, tutto quello che può essere funzionale allo scopo, è bene accetto. La mia passione per la corsa, nonostante sia nata in maniera casuale e quasi spontanea, non esula da questo paradigma. Venendo al dunque, per questa avventura da runner il mio sacro graal non poteva che essere un computer da polso, nello specifico un Garmin Forerunner 235. L’ho scelto dopo giorni di letture comparative sul web e, ovviamente, l’oggetto in questione si adatta alla perfezione al tipo di preparazione che intendo intraprendere: titilla il mio bisogno di tenere tutto sotto controllo, è facile da usare anche per un decerebrato e, soprattutto, offre una serie di plus tanto interessanti quanto inutili (almeno per me).
Tra le varie cose, il Garmino (d’ora in poi mi rivolgerò a lui con questo nomignolo affettuoso) monitora la tua attività cardiaca h24 (lo fa tramite un sensore da polso), ti consente di tenere traccia di tutti gli allenamenti effettuati e di compararli, in modo da capire se si sta migliorando oppure no. In più, se non avete sbattimenti circa il trovare un piano d’allenamento, il sito Garmin mette a disposizione diverse tipologie di training utili a organizzare nel corso dei mesi le proprie routine. Voi le caricate sull’orologio e il gioco è fatto.
Insomma, inutile dire che me ne sono perdutamente innamorato. Certo, come ogni amore anche questo ha le sue deviazioni, ad esempio la mia è quella di essere arrivato a dipendere totalmente da questo orologio (certi meccanismi sono universali, cazzo): se lui mi avvisa che sono seduto da troppo tempo e che forse dovrei camminare un po’, io mi alzo e cammino. E se sono al lavoro e non posso uscire, cammino intorno alla scrivania. Se l’orologio ha un livello di batteria sotto al 30%, io corro a cercare una presa di ricarica perché metti che si spegne all’improvviso, non potrei vivere senza sapere come sta il mio cuore in tempo reale. Se l’orologio, secondo le sue previsioni (perché sì, ti dà anche le previsioni di gara), mi dice che posso correre la mezza maratona in un’ora e mezza, allora sono felice e penso che tempo due mesi sarò abbastanza in forma da correrla in un’ora e venti e tra quattro di spaccare i culi anche ai pro. Se per un qualsiasi caso del destino (nel mio caso si tratta della cucina saporita della mia adorata coinquilina), il mio allenamento di oggi ha dato risultati peggiori di quello di ieri vado in ansia da prestazione, mi viene la tachicardia e raddoppio le sedute dallo psicologo. Insomma, quella con il Garmino è una vera e propria relazione d’amore. E come tutte le relazioni con protagonista il sottoscritto, l’equilibrio tra paradiso e tossicità è tremendamente labile. Per ora, posso affermarlo con certezza, è paradiso.
Non volendo fare pubblicità non mi sento di consigliarvelo, anche perché vivo nel sogno ridicolo di un rapporto esclusivo tutto mio e suo. Ma visto che ne vado orgoglioso, vi consento di dargli un’occhiata cliccando QUI.
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