RoadToStramilano #12-12 – Visita guidata a piedi

Vi presento il mio percorso di allenamento, lì dove le mie gambe girano con fatica e la mia testa si riempie di parolacce. Vi accompagno in questa visita guidata virtuale, tra ricordi d’infanzia, economie e corpi sepolti e un futuro da non voler scrivere.


Ho saltato le ultime due sedute di allenamento
, voglio essere onesto. Il compleanno di un amico e il teatro mi hanno impedito di tener fede agli impegni. A mia discolpa posso dire che l’amico lo conosco dalla prima elementare e che l’impegno teatrale è arrivato dopo una nottata di Australian Open, io mi sono già perdonato.

Non avendo grandi elementi su cui ragionare in tema di allenamento, ho deciso di descrivervi il percorso che compio durante le mie sedute. Si tratta di un circuito che percorso per tre volte fa segnare i 10 chilometri.

Allora, parto da un parchetto che porta il nome di Martin Luther King e all’interno ha luoghi come piazza John Lennon e qualcosa intitolato a Kennedy. L’amministrazione di qualche anno fa ha evidentemente voluto darsi un tono internazionale e presentarsi più cool, ma visti i luoghi non so se i defunti siano contenti dell’omaggio, che poi è un omaggio alla vanità deformata degli amministratori del tempo. Però, all’interno del parchetto, c’è un locale che mi ha regalato diverse serate estive bagnate da birra ed ora queste stesse piante mi vedono, vestito come un pagliaccio, forzare il mio fisico alla corsa: mi stanno di certo indicando come il coglione che sono, ma di passaggio perché non merito nemmeno troppa attenzione.
Costeggiato il parchetto passo vicino al campo di calcio della squadra dell’oratorio. Un campo che non mi suscita troppe emozioni dato che quando giocavo nell’altra squadra cittadina li battevamo sempre senza fatica, dando vita a derby insipidi; per quanto riguarda la questione oratorio invece l’ho risolta non frequentando né il luogo né il loro dio permaloso.
Una svolta a destra e percorro tutte le mura del cimitero, su un marciapiede che, nell’ora del mio allenamento, è molto scuro in quanto scarso di illuminazione. Ogni volta che ci passo davanti sento le risate dei defunti suscitate dalla mia corsa insicura e dalla mia impresa fallimentare. Non nascondo che, dal secondo passaggio, in cui la fatica inizia ad essere tremenda, spero quasi che una mano misericordiosa mi trascini con sé nell’oblio.
Dopo il cimitero comincia un falsopiano che sfocia in una piccola salita per me puntualmente fatale, fonte di bestemmie mozzate dal fiato corto.
A fine salita svolta ancora a destra e lungo rettilineo su una grossa strada che fa da raccordo con Milano. Poco più in là, alle mie spalle, si volge l’attività per cui la strada è divenuta proverbiale: un intenso giro di prostituzione. Ma sul mio tragitto nemmeno l’ombra, pure le belle signorine mi schifano, la mia inutile impresa non merita la loro attenzione.
Ancora una svolta a destra ed eccomi sull’unica piccola discesa del percorso che mi vede sempre indeciso se provare a recuperare terreno o sfruttarla per riposarmi, ma la lotta si rivela sempre impari: riposo tutta la vita. La piccola discesa fa parte di un lungo rettilineo che tocca ben tre luoghi fondamentali della mia vita.
Il primo è la piscina in cui ho passato diverso tempo nel tempo passato. C’è stato un periodo in cui, tra corsi e nuoto libero, andavo come una lippa o comunque decentemente, dipende sempre dai punti di vista. Il nuoto mi annoia molto meno della corsa, l’ho interrotto quando mi dichiarai nemico pubblico di ogni attività sportiva, ma finita questa pagliacciata della corsa tornerò a nuotare, piuttosto che correre affogo.
Un po’ più avanti un crocevia strappalacrime. A sinistra la via in cui abitano i miei e in cui ho passato tanto, troppo tempo della mia vita. Ora la vedo come la strada che mi porta verso il cibo buono, o semplicemente il cibo, dato che il mio frigorifero soffre di un vuoto incolmabile. A destra il campo di calcio in cui mi sono allenato per ben otto anni. Dopo un paio di anni in cui ero relegato nel ruolo che spetta agli scarsi, il terzino, qualcuno intuì in me le qualità del portiere, o forse pensava che anche il terzino era troppo per le mie qualità. Dalla mia avevo allora un’agilità felina e riflessi incondizionati, anche se un’altezza non spiccata, ma chi mi mise in porta non capì mai quanto la mia psiche non fosse all’altezza del ruolo. L’ultimo baluardo della difesa, colui il cui errore salta agli occhi più di quello di chiunque altro, colui che gioca la partita in poche azioni decisive perché nel resto del tempo può dedicarsi a pensare alle compagne delle elementari prima e medie poi. Era troppo per me che prima di agire penso così tanto che l’azione diventa inutile, che subisco la pressione del dentro o fuori come se ne andasse della sopravvivenza del mondo, che subisco la pressione a prescindere anche quando è inesistente, io l’inventore di pressioni. Insomma il tutto è finito con una carriera breve e mediocre.
L’ultima svolta a destra mi riporta al parchetto iniziale, sbuffante e stordito da un nuovo giro da affrontare.

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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