Cosmo torna a distanza di due anni da “L’Ultima Festa” con un disco elettronico che dimostra in maniera inequivocabile il talento e la versatilità dell’artista eporediese. Cosmotronic è un inno alla versatilità e allo stesso tempo un bel manifesto per la recente musica italiana
Il nuovo disco spazia tra elettronica e cantautorato
La domanda che sorge spontanea ascoltando il disco nuovo di Cosmo è che cosa avrebbe fatto questo ragazzo nella vita se fosse vissuto in epoche precedenti. Sarebbe stato un bardo, un buffone di corte, un alchimista, cantautore di certo negli anni settanta, forse a metà anni sessanta un poeta beat.
Insomma ascoltando Cosmo la curiosità cresce rispetto alla sua creatività e alla sua vulcanica voglia di raccontare e stupire, è palese in lui la voglia di lasciare di sasso l’ascoltatore, di spiazzarlo, ma non nel modo stucchevole di un certo rap o programmatico come del nuovo cantautorato sociale, no. Cosmo stupisce come il matto del paese che si mette in altro sopra un palo, in piedi su una botte e come in Andrej Rublëv di Tarkovskij da lì declama futuro e passato della sua civiltà con grande folle lucidità.
Mi starete ringraziando (o forse no) per non avere detto ancora nulla del disco fermandomi a commentare l’artista ma fidatevi, ho ragione io: ascoltando il lavoro di Cosmo ci si convince di essere di fronte ad un artista (sono costretto a ripetermi) che sprizza creatività, che ha voglia di far scoppiare il mondo.
Poi c’è il mezzo che ha scelto di usare, ok, ma poteva anche fare il salumiere questo ragazzo perché quel fuoco lo avrebbe avuto lo stesso, o ce l’hai o non ce l’hai quello.
Con questa premessa il disco potrebbe apparire solo un inutile orpello nella carriera di Cosmo e invece qui ancora una volta vi sbagliereste a pensarlo. La musica che si ascolta in Cosmotronic e presuntuosa e catartica coglie la spiritualità della fredda elettronica e la ritmicità ipnotica della tribe raggiungendo livelli lisergici davvero alti.
Il disco si apre con un pezzo dal titolo esplicativo Benvenuto, partenza subito forte per un album che non ha tempo di aspettare deve far subito partire un’altra avventura sonora, Turbo. In questa canzone ci sono tutti gli elementi che si troveranno diluiti in tutto il disco: la follia delle immagini, la base trance/disco/elettro, degli spettacolari sotto traccia appena vicini al cantato. Pezzo a dir poco riuscito.
Il viaggio continua con Sei la mia città, pezzo molto emozionante, Tutto bene e Tristan Zarra, L’amore e Animali. Animali segna un po’ il passo nel disco aprendo una seconda parte più nichilista e intimista dove lo sconosciuto è speranza ma anche limite della propria ricerca.
Con Ho vinto si apre una tripletta davvero notevole di canzoni che comprende Ivrea Bangkok e Attraverso lo specchio, qui l’atmosfera si fa tanto alchemica quando fredda. La sensazione più forte e che ci sia svegliati dopo una notte troppo pesante e si stia smaltendola facendo riflessioni (ironia) sul Cosmo.
L’album si chiude dopo altri quattro pezzi, album lungo quello di Cosmo ben quindici canzoni, con Tu non sei tu a ribadire il concetto di filosofia da party e musica da rave.
Un album che sicuramente sarà ricordato come importante in questo 2018 appena iniziato ma che ha già mostrato qualche chicca. Rimane un periodo buono per la musica italiana e Cosmo con la sua libertà di vagare tra il cantautorato e la musica elettronica, tra citazioni alte e lodi all’upsidedown come direbbero in Stranger Things rimane una delle voci più interessanti del contemporaneo.
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