Il Quinto Evangelio, Mario Pomilio

Il quinto evangelio di Mario Pomilio è un libro meraviglioso. Restituisce tanta soddisfazione a fronte di un impegno intenso. Non si può che ringraziare L’Orma Editore per questa importante edizione di un volume che non sa lasciare indifferenti, e se lo resterete siete pregati di mettere in discussione voi stessi e non questo splendido testo.

Merito del Salone del Libro se ho scoperto Mario Pomilio. Un paio di edizioni fa ho scelto a naso, sulla bancarella di Avagliano Editore, il libricino Una lapide in Via Del Babuino. Folgorato mi sono informato sull’autore e mi sono procurato La Compromissione, altro testo che ho amato alla follia. Così, quando nell’ultima edizione del Salone ho approcciato lo stand de L’Orma Editore non poteva che saltarmi all’occhio la nuova edizione de Il quinto evangelio. Dunque grazie al Salone, grazie ad Avagliano Editore che mi ha consentito di intraprendere questo percorso e grazie a L’Orma Editore per avermi conquistato con questa bellissima edizione.

In sintesi il libro parte dalla vicenda di Peter Bergin, studioso americano che durante la Seconda Guerra Mondiale si ritrova soldato di stanza in una canonica di Colonia. Qui scopre le carte del prete che vi alloggiava prima del conflitto e, lui più agnostico che altro, si imbatte nella passione del prete per un quinto vangelo. Tornato negli Stati Uniti dedica la propria vita alla ricerca del fantomatico testo, cercando di acciuffarne le tracce per tutto il mondo a capo di un manipolo di discepoli.
Il libro si apre con una lettera del professor Bergin al Commissario della Pontificia Commissione Biblica a Roma, in cui racconta al religioso la sua ricerca e gli propone i testi più significativi che ha scovato lungo quasi mille e trecento anni.

Tanto più rivolgevo l’animo con febbre d’aspettazione al corso di morale, come quello, pensavo, che m’avrebbe sbandito ogni dubbio. Invece anche di questo dovevo restare deluso, perché quello sul quale ci fecero studiare era un ingombrantissimo trattato di teologia morale pieno d’una inimmaginata quantità di peccati e di sottilità di casi di coscienza frammezzo alle quali la mia mente si sperdeva. E trovandovi pochissimo e forse mai nominati gli Evangeli e la materia trattata piuttosto secondo il metodo delle discipline giuridiche, sicché mi parea d’essere entrato in seminario piuttosto per studiar legge che non teologia, e trovando i peccati della carne, che nei Vangeli sono così poco, occupare in quel trattato insino a duecento scrupolosissime pagine fittamente scritte, smarrito mi domandavo in qual modo si fosse potuto dedurre tante regole e definizioni ed eccezioni dalle poche dolcissime e generalissime parole che Gesù ha pronunziato intorno alla morale, e quasi mi parea di scorger tenebre e caligine là dove le Scritture dispensavano la luce.
Mario Pomilio, Il quinto evangelio, L’Orma Editore, p. 265

Chiariamo subito un paio di cose. Dal titolo e dalla trama potrebbe sembrare un antesignano di Dan Brown. Toglietevelo dalla testa, non troverete l’azione che caratterizza le vicende dei personaggi di Brown, piuttosto trattasi di azione intellettuale, di ricerca filologica, insomma è tutta un’altra storia. Non è necessario essere credenti per apprezzare il libro, chi scrive si definisce ateo eppure ha amato questo testo alla follia. Non è un libro comodo, non è facile né scorrevole, è davvero impegnativo: non voglio far desistere nessuna dalla lettura, ma è giusto che si sappia a cosa si va incontro, bisogna aver voglia di affrontare una lettura importante.

L’istinto mi porterebbe a scrivere de Il quinto evangelio per molte righe, ma sarebbe controproducente per tutti, anche perché non mi sento all’altezza. Allora propongo giusto qualche riflessione che non rende giustizia né al testo né a quanto ha suscitato in me.
Si tratta di una raccolta fittizia di testi di vario genere (versi, leggende popolari, epistole, racconti, atto teatrale, etc.) che hanno come filo conduttore questo misterioso quinto Vangelo, un libro sfuggente e forse mai esistito. Pomilio, che ha una penna sublime, si è dilettato ad adattare i testi al periodo in cui li ha immaginati, smussando però gli spigoli di quelli più datati. Dunque siamo di fronte ad un libro che catalogare come romanzo è riduttivo. Il racconto è una rampa di lancio per riflessioni, all’interno possiamo quasi scorgere un dibattito a distanza nel tempo, ogni epoca ha portato spunti e punti di vista a concetti che sanno di eterno.
Chiaramente la fanno da padrona problematiche religiose, in particolare cristologiche, non potrebbe essere altrimenti nella ricerca di un eventuale ulteriore Vangelo. Ma i fari puntano su idee non convenzionali, spesso al limite e oltre l’eresia, a sondare l’altra parte del cristianesimo, quella che la Chiesa si è persa per strada. Ne risulta l’immagine di un Cristo umanissimo e pieno di carità, un Dio fattosi uomo per salvare gli uomini e non per comandarli.
Ma il filo conduttore religioso torna buono per tutti. Perché questa è la narrazione di una parola tradita, di un verbo che è reso muto dalla cristallizzazione delle gerarchie, di un messaggio che ha perso la propria forza a suon di imposizioni e non riesce più a raggiungere i destinatari, di un’ideale che invece di vivere nella vivacità del mondo si è addormentato sugli allori delle teorie. Il potere ha istituzionalizzato ciò che avrebbe dovuto essere vissuto, non si incontrano grandi teorici di metafisica, ma persone che hanno cercato di vivere secondo quanto scritto, per rendere quanto scritto testimonianza efficace e non studio reiterato. Davvero anche atei e agnostici non hanno materia di riflessione per i propri affari?
Il quinto evangelio comincia durante la Seconda Guerra Mondiale e si chiude con una vera e propria opera teatrale (che ha una propria stupenda dignità per se stessa) ambientata nello stesso periodo. Non può essere un caso, è chiaro che il momento del male assoluto spinge a porsi molte domande su un’eventuale divinità. E anche sulla responsabilità di chi crede che eseguendo ordini adempia al proprio dovere senza responsabilità. No, per Pomilio è solo un ennesimo tentativo di appiattire l’animo umano e la parola di Cristo, è un ulteriore tradimento dietro cui non ci si può nascondere.

Davvero mi devo trattenere, è troppo poco ciò che ho scritto così male. Ma non posso proseguire, sono già andato oltre le righe che una recensione richiederebbe. Allora vi invito alla lettura, perché non so quanti libri sono in grado di germinare tante riflessioni, suggestioni, emozioni e sensazione di non aver perso il proprio tempo. Non è una parola che uso molto, ma mi sento di scrivere: capolavoro.
Un’ultima annotazione sull’edizione de L’Orma Editore. In appendice troviamo tre scritti di Pomilio inerenti a Il quinto evangelio, un interessantissimo testo di Wanda Santini sul metodo di lavoro dell’autore e un saggio da non perdere di Gabriele Frasca.

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Valutazioni emotive:
Felicità 94%
Tristezza 96%
Profondità 100%
Appagamento 100%
Indice metatemporale 91%

Voto - 96%

96%

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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