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Il terzo libro su Achim – Uwe Johnson

Il terzo libro su Achim di Uwe Johnson racconta un’incomunicabilità cronica, l’impossibilità di comprendersi di due mondi così vicini eppure paralleli, incapaci di toccarsi nonostante il passato prossimo in comune. La scrittura è ipnotica, capace di avvolgere nel suo ritmo lento, uno straordinario impasto di atmosfera fumosa capace di imprimere precisione, un’efficacia talmente letteraria da risultare vera.

Il terzo libro su Achim di Uwe Johnson

In seguito all’arrivo del generale… la popolazione è invitata a esporre le bandiere rosse; alle finestre comparvero bandiere rosse, da cui era stato possibile togliere la croce uncinata del Reich tramontato ma non la sua traccia profilata dalla pioggia, che rimase visibile, una superficie trasparente e rada e con gli angoli smussati; così stendardi privati del loro contenuto pendevano dai pennoni davanti al municipio e da metà altezza del tetto del campanile.

Eccoci di fronte ad un altro delitto, un altro mirabile libro di Uwe Johnson fuori catalogo. Dopo l’esordio folgorante di Congetture su Jakob (leggi la recensione) e l’ultima splendida opera mondo I giorni e gli anni (per fortuna edita da L’orma), mi sono dedicato alla seconda fatica di un autore tedesco che meriterebbe ben altre attenzioni, una riscoperta profonda.

Questo romanzo ha una trama scheletrica: Karsch, giornalista della Germania Occidentale, viene invitato dall’altra parte da Karin, una vecchia amica, e incontra Achim, campione di ciclismo e deputato, su cui decide di scrivere un libro. Quello che appunto dovrebbe essere un terzo libro su Achim, facendo seguito agli altri due già pubblicati.

Prende così avvio questo racconto di un’incomunicabilità cronica, l’impossibilità di comprendersi di due mondi così vicini eppure paralleli, incapaci di toccarsi nonostante il passato prossimo in comune. La scrittura di Johnson è ipnotica, capace di avvolgere nel suo ritmo lento, di marea psicologica e politica dai movimenti indolenti ma ineluttabili. Uno straordinario impasto di atmosfera fumosa capace di imprimere precisione, un’efficacia talmente letteraria da risultare vera.

Congetture di mondi

Per fortuna Karsch era ancora sveglio, aveva bevuto, riconobbe subito la voce di lei e senza chiedere niente disse sì. Sì: disse, e alla fine riappese il ricevitore, dopo quella comunicazione che in fondo era impensabile, impossibile, perché lui stava dietro la linea di demarcazione.

La struttura risulta normalizzata rispetto a Congetture su Jakob, lì il lettore veniva sballottato tra i punti di vista, qui la struttura propone addirittura titoli che guidano nei capitoli, si direbbero didascalici se non giocassero con la materia friabile che viene narrata. Rimane un libro che reclama attenzione e per nulla leggero, ma di certo riusciamo a raccapezzarci molto meglio, la bussola non impazzisce pur non riuscendo a mantenere la rotta.

Il terzo libro su Achim

La cifra dell’autore rimane l’instabile congettura con cui l’uomo legge la realtà, gli eventi e i propri simili, i punti di riferimento che crollano sotto i colpi delle prospettive, le certezze raffazzonate, l’intreccio indistricabile di imprecisioni, il legame provvisorio e invischiato delle relazioni umane. Perché è l’uomo al centro della prosa di Johnson, il vissuto che concretizza visceralmente ideologie e prospettive, l’ancora che spinge verso il quotidiano qualsiasi volo pindarico.

Tra le due Germanie il confine traccia una ferita viva, incisa tra le vie di comunicazione. Occidente e Oriente come due ideologie che danno vita al naufragio di due illusioni che si fronteggiano, si studiano, si temono, non sanno parlarsi. Karsch non trova la chiave di lettura per raccontare Achim, Achim non riesce a spiegare la propria vita a Karsch, entrambi volenterosi, questo già una rarità, ma chiusi sotto le volte delle proprie sovrastrutture.

Verità relative

Quando più tardi, Karsch passò davanti alla casa grigia, illuminata, vide luce in tutte le quattro finestre di Achim. E quella che si muoveva dietro poteva essere la sua ombra. Poteva non essere la sua ombra.

La verità non appartiene a nessuno, tanto meno a chi pretende di impugnarla con sicumera. La verità è talmente labile da cambiare nella stessa vita di una persona e la coerenza inseguita a posteriori sa di ricostruzione posticcia. La verità non appartiene nemmeno a chi si sente superiore e privilegiato, imponendo sul mondo un punto di vista incapace di leggere gli altri e se stessi. I mondi sono molto più impregnati di quanto siano distanti, ma per vederlo bisognerebbe saper dialogare.

La figura di Karin, all’inizio punto di incontro e regista del rapporto tra i due uomini, viene via via a sfumare dietro aspettative disattese, entrambi inseguono in lei le proprie chimere presenti o passate, desiderano rispecchiarvi le proprie certezze. Ma Karin percorre le strade con il proprio passo e non accomoda gli sguardi che le si posano addosso, sfugge alle definizioni che vorrebbero incatenarla.

L’impossibilità di scrivere il libro su Achim da parte di Karsch è il fallimento dell’incontro, il limite invalicabile del confine, lo specchio che riflette solo ciò che gli si mette davanti. La prova di Johnson risulta efficace, un libro che sa creare un affresco di ampio respiro andando a pescare nelle minuzie degli sguardi, nelle pieghe dei sentimenti, nei vicoli delle vicende.

Una capacità evocativa che scaturisce dal lavorio costante della prosa, da ammiccamenti sostanziali, da personaggi pulsanti che saltano fuori dalla pagina senza esservi spinti. Tutto condito da una buona dose di ironia e dai passaggi fulminanti che solo una gran penna sa regalare.

Uwe Johnson- Il terzo libro su AchimFeltrinelli
Traduzione: Enrico Filippini

Voto - 89%

89%

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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