Centomilioni di Marta Cai ha una capacità di spiazzare molto rara, sa cogliere il lettore di sorpresa anche laddove si penserebbe alla sola piattezza, manipolando la lingua senza torcerla, evidenziandone potenziali insperati. Non si tratta di una narrazione comoda, ma è brillante e intensa, un percorso imprevisto.
Centomilioni di Marta Cai
Nessun diario è fedele, e tanto più il diario di chi non ha nulla da raccontare, o non vuole raccontare nulla; non solo è traditore, è poligamo, ha bisogno di molte mogli e di molte vite, non basta prendersi una pausa da una vita sola. Il mio diario sarà l’alzata di mano e il permesso di parlare, sarà una stanza insonorizzata, senza entrate né uscite. Io che non parlo, scrivo. Il diario dei miei infiniti desideri, che non ho, non li sento, non mi parlano, e allora li devo progettare.
Dopo Enti di ragione (leggi la recensione), Marta Cai ci dà un’altra dimostrazione delle sue qualità di scrittura, elargendo talento anche in questo romanzo breve. La prosa di Cai è davvero peculiare, ha una capacità di spiazzare molto rara, sa cogliere il lettore di sorpresa anche laddove si penserebbe alla sola piattezza, manipolando la lingua senza torcerla, evidenziandone potenziali insperati. Non si tratta di una narrazione comoda, ma è brillante e intensa, un percorso imprevisto.
In questo libro si narra di Teresa, una quarantasettenne che vive in provincia a casa con i genitori, un padre malato e una madre dispotica, e che spera nell’amore del giovanissimo Alessandro, un suo ex alunno. Si tratta di una storia molto semplice, persino banale, di una donna maturata sotto l’ombra del timore, che mai ha amato e mai si è sentita amata e che cade in un classico inciampo.
Ma non l’avete mai letta in questa maniera, Cai porta avanti una narrazione che si rivolge al lettore, ma allo stesso tempo è legata con forza alle situazioni, alterna la storia principale di Teresa a quella incrociata di Alessandro, innestando anche pagine del diario di Teresa. Alterna incalzanti pensieri che detonano dalle situazioni più insignificanti a derive che prendono il largo dalle premesse, incide la quotidianità con ironia, restituisce atmosfera dai particolari, insinua umanità negli schemi troppo frequentati.
Una storia di periferie sentimentali
L’ambizione è un sentimento per quelli di collina che hanno la fuga nelle gambe, il dubbio che dall’altra parte possa esserci qualcosa di meglio – o anche solo di diverso – da questo verdegrigio sempreverde e la speranza di poterlo raggiungere, con fatica per carità, camminando al buio, bucando le scarpe, dormendo niente, ma sono colline accidenti, le colline si scollinano, esiste persino un verbo apposta, e magari si arriva al mare. Quelli di montagna neanche ci provano. La montagna la guardi e lei ti fa No con la testa, ed è un bene, così i suoi pochi abitanti spengono il fuoco della fuga, accendono quello della stufa e producono l’orgoglio. La pianura è il contrario dell’ambizione.
La piccola cittadina, indefinita, in cui è ambientato il libro annichilisce, soprattutto se si aggiunge il carico da novanta di una madre come quella di Teresa che, fin da bambina, ha sempre cercato di stare al proprio posto, che è quello che le è stato assegnato senza rendersene conto. Perché la solitudine di Teresa è un’anomalia per tutti, ma si sviluppa in seno al disincanto che la circonda, alle imposizioni che ne delimitano le passioni. E Teresa accumula tutto, lo lega a sé stessa come un cilicio che crea sofferenza in un certo senso autoinflitta.
Tutta l’implosione della sua vita aspetta il momento di deflagare, è in ascolto di un appiglio per trovare una via d’uscita, di cui però ha nel contempo una paura fottuta. Alessandro si concretizza come l’occasione che non sapeva di volere, diventa la valvola di sfogo che la mangia dentro, che le fa intravedere una ribellione che la consuma prima ancora di farsi reale. Così tanto brama una vita sentimentale che lo svolgersi degli eventi non intacca il suo sogno, forse lo rintana nuovamente nel buco in cui deve nasconderlo, ma lo coccola come un dono sbagliato.
Teresa e Alessandro vivono in periferie sentimentali che si incrociano, non sanno cosa sia amore e non lo sanno per vie diverse. In qualche modo è inevitabile che si incontrino e lo scontro non è inevitabile, ma il frutto di una possibilità. Sono due facce di uno smarrimento emozionale, due modi diversi di attraversare il deserto che li circonda. Sono due figure facili da sbeffeggiare, e Cai sull’ironia gioca molto, ma prendersene gioco sarebbe proseguire quello che la vita già ha fatto loro, averne pena sarebbe il tentativo di elevarsi, riconoscerne l’unicità significa invece raccontarle nel profondo, senza assoluzioni, semplicemente perché non c’è nulla da assolvere, è solo umanità che si staglia nella sua miseria.
Marta Cai- Centomilioni – Einuadi
Scrittura magnetica Marta Cai sa veramente scrivere.Ti fa riflettere e ti coinvolge. Ho letto e riletto Centomilioni.