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Enti di ragione – Marta Cai

Enti di ragione di Marta Cai mostra una prosa dalla pulizia vertiginosa ricca di implicazioni, capace di una precisione immaginifica. Una culla di contraddizioni che sprigionano il loro potenziale quasi senza che ce ne rendiamo conto, agendo alle spalle per sorprenderci e non attraverso un impatto forzato.

Enti di ragione di Marta Cai

Da bambino era convinto che l’odore di scuola, un misto di carta, matite temperate, mele e minestra, che la sua cartella assorbiva fin da settembre, venisse spruzzato dalle bidelle ogni mattina prima delle lezioni, con uno spray realizzato in esclusiva per loro. Da adulto gli era venuto da pensare che lo spray esistesse davvero e che i diritti per produrlo fossero stati acquistati dall’azienda della sua borsa.

Mi è stata consigliata questa raccolta di racconti e per fortuna, mi sarei perso qualcosa che sulla pagina ha virtù indubbie e un’intricante forza espressiva. Difficilmente parliamo di racconti, non certo perché considerati forma inferiore come pare inevitabile in Italia, ma perché spesso le raccolte di racconti sono difficili da raccontare, complicato parlarne come di entità unica.

In questo caso vengono incontro i collegamenti tra i personaggi di questa raccolta che suggeriscono un’unitarietà che mi aiuta nel discorso (la debolezza è mia, non della forma racconto). I personaggi ricorrono e vengono scrutati da altri punti di vista, in incroci più o meno forti tra di loro, ma con una dinamicità interpretativa della realtà che favorisce un equilibrio di orbite instabile eppure stabilito. Ognuno è determinato dagli altri in un doppio senso: dall’occhio che lo scruta e dalle relazioni che lo impregnano.

Ciò che è ente di ragione è anche disperatamente reale in questo libro. Ogni personaggio ha un mondo interiore isolato dall’esterno, che lo catapulta nel proprio orizzonte unico di significato, quasi una costruzione immaginata di sé stessi e apparentemente senza attinenza con il mondo esterno che pare quasi uno spunto. Invece il mondo esterno, le relazioni ci segnano, mettono la propria tacca sul nostro discorso interiore e, nella loro precaria manifestazione, hanno una realtà vivida, anche se forse ulteriormente parallela, nella misura in cui non ne usciamo: sarebbe come uscire da sé stessi, dal proprio mondo che le ha assimilate, pur personalizzandole.

Squarci di universi paralleli

“[…] Poi, ne hai in forchettate due o tre e hai detto che erano buone o che forse ti sembravano buone perché avevi un buco nello stomaco. Invece io lo so che nemmeno tu sentivi un sapore a morire e che il buco non era fame, era voglia di urlare, di buttarsi in mezzo alle corsie dell’autostrada e urlare, riempire le molecole dell’atmosfera, rimestare i neutrini dei caselli, mandare in tilt i telepass. E lì ho capito che il nostro era amore, o illusione di vincere insieme il dolore che alla fine è la stessa cosa, e che quando noi cittadini del mondo sviluppato sentiamo un buco nello stomaco è perché abbiamo voglia di urlare però diciamo che è fame”.

Enti di ragione

Un gioco in cui immaginiamo e creiamo noi stessi per noi, gli altri immaginano noi per sé e noi immaginiamo gli altri per noi, in un continuo moto di significato intricato e suggerito, che usufruisce di indizi paradossali e gonfi di interpretazioni da estrapolare, costituente una rete di relazioni mobili ma che si ancorano al mondo. Proprio del gioco Cai fa una cifra, impregnando le righe di un’ironia che non smorza ma dispiega.

Perché tutto questo possa essere reso su pagina, è necessaria una penna capace, il rischio di inciampare è alto. E l’autrice è dotata di una prosa in grado di reggere il gioco, di governare questo caos per farlo diventare generatore di materia letteraria e non disperderlo in un fuori senso da vicolo cieco. La scrittura di Cai ha una pulizia vertiginosa ricca di implicazioni, capace di una precisione immaginifica in grado di dissodare il terreno narrativo sia per la sua coltura creativa che per le nostre riflessioni. Una culla di contraddizioni che sprigionano il loro potenziale quasi senza che ce ne rendiamo conto, agendo alle spalle per sorprenderci e non attraverso un impatto forzato.

C’è inoltre una capacità straordinaria nell’aprire squarci su universi paralleli ancorati all’universo presunto comune, un’apertura su mondi interiori personalissimi che vengono proiettati da particolari, creando divagazioni intime che, attraverso moti interpretativi dinamici, cercano un attracco laterale alla realtà, come un puzzle dai pezzi difettosi che vengano forzatamente inseriti, con il risultato di una composizione sbilenca ma efficace, soddisfacente aspettative indeterminate ma stringenti.

In realtà, poiché le qualità di scrittura dell’autrice non ammettono piattezza, questo processo scatta soprattutto per i racconti in prima persona, dove l’immersione nel mondo personale si appoggia sul detonatore del punto di vista. Nei racconti in terza persona le dinamiche vengono espresse con un andamento differente, quasi con elenchi di momenti, di piccoli gesti significativi, in sequenze di quotidiano che sibilano altro: i gesti di tutti i giorni  come mappa dei segni vitali.

Inutile aggiungere che è una lettura consigliata, dai significati molteplici che qui ho solo accennato, dalla prosa ricca senza averne l’aria.

Marta Cai – Enti di ragione – Edizioni SuiGeneris

Voto - 89%

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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