Vidas in piazza Duomo. Sabato 18 aprile, in occasione della Giornata Europea dei Diritti del Malato, a mezzogiorno piazza Duomo di Milano è stata teatro del primo flash mob di Vidas “Abbraccia un malato”. Il filmato qui in alto ci mostra lo spirito dell’iniziativa, che mi dà l’occasione di accennare all’associazione che l’ha organizzata.
Cos’è Vidas? Copioincollo le parole con cui si presentano sul loro sito. Vidas è un’Associazione non profit, apartitica e aconfessionale, fondata a Milano nel 1982 da Giovanna Cavazzoni. Offre assistenza socio-sanitaria completa e gratuita ai malati terminali a domicilio e nell’hospice Casa Vidas: degenza e day hospice. I pazienti assistiti abitano a Milano e in Comuni della Provincia. Si tratta di una realtà dai grandi numeri e ormai consolidata.
Perché Vidas? La conosco, parlare di associazioni no profit a caso non è affar mio, ma di questa ho esperienza diretta e so quello che dico, non parlo per sentito dire. Chiarisco subito che la mia esperienza diretta non riguarda malati a me vicini, quindi non sono fuorviato da componenti emotive che mettono in gioco il mio privato, almeno non nel senso di aver usufruito dei loro servizi. Almeno nessuno potrà dire che ne parlo bene sull’onda degli eventi. Che poi chi dovrebbe dirlo? I miei soliti interlocutori interiori, che disturbano prendendosi gioco del corso dei miei pensieri. Ma alla fine chi meglio di coloro che hanno potuto constatare di persona come funziona può dare un parere? Lo so, ma a volte chi è troppo coinvolto non riesce ad essere lucido, ecco perché sottolineavo quanto sopra.
Vidas fa le cose per bene. Posso assicurarvi che i pazienti di Vidas sono trattati al meglio: la struttura dell’hospice è accogliente e pulita, il personale sa di avere a che fare con situazioni particolari ed è in grado di rapportarsi di conseguenza, l’attenzione ai minimi dettagli è alta. Si può fare meglio? Come in tutte le cose, ma credo che siamo di fronte alla maggiore approssimazione al meglio oggi possibile.
Vidas è vita. Ecco quello che ho imparato. Parlare e occuparsi di malati terminali non significa parlare e occuparsi di morte; nominare Vidas non deve e non può suscitare disagio, al contrario deve essere veicolo di vitalità. I malati terminali non sono morti che camminano (anche perché spesso non camminano), sono persone vive che hanno desideri, esigenze, sentimenti, verso la conclusione modulati in modo diverso da come siamo abituati, ma sono vivi. Non abbiamo il diritto confinare la dignità umana nei limiti della salute, abbiamo anzi il dovere di riconoscerla anche a chi si sta avviando alla morte. Proprio perché ancora non ci è arrivato, proprio lì dove la debolezza rende fragili.
Intendiamoci bene, chi scrive è pro eutanasia (constatatelo cliccando qui), ma il discorso è un altro. Anche qualora l’eutanasia fosse legalizzata, i giorni che la precedono appartengono ad un essere umano. Ho sentito dire che la civiltà di un paese si misura sul trattamento riservato ai carcerati. Concordo, ma allo stesso modo direi che la si misura sul trattamento riservato ai malati terminali, a chi ha il destino segnato ma ancora strada che conduce al suo compiersi.
Perché il flash mob di Milano è stato meraviglioso. Perché ha la vivacità e la vitalità che pervade il progetto Vidas. Non si tratta di becchini, ma di persone che accudiscono e dialogano con chi ancora, anche se per poco, ha vita, è nel mondo e al mondo appartiene. Vidas è gioia di vivere non voglia di morte, accompagnare significa stare accanto compatendo, cioè essendo partecipi delle sofferenze altrui (avendo sempre ben presente che a soffrire davvero sono i malati e quindi i nostri limiti sono ovvi).
Che bello il ritrovo in piazza Duomo, quanto dice di questa missione e dello spirito con cui la si affronta, molto più di questo mio pippone indigesto.
Abbracciamo un malato, se lo merita e ce lo meritiamo noi.
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