Che facciamo, partiamo dai numeri? E partiamo dai freddi numeri: lo scorso anno, sulle nostre strade si sono registrati 3.000 morti e 250.000 feriti. Un terzo di questi causati da abuso di droghe o alcol. E questo può bastare per pretendere una legislazione adeguata? Ovvio che no. Siamo in Italia, bellezza.
Siamo il paese più bello del mondo. Siamo santi, siamo navigatori, siamo poeti e, come tutti gli animi geniali, siamo anche un po’ cialtroni e voltagabbana. La nostra classe politica, che poi è il riflesso di ciò che siamo, inutile negarlo, da sempre si riempie la bocca di belle parole, fa promesse ma poi, a differenza di Ambra, raramente mantiene. Prendiamo il caso del reato di Omicidio Stradale, un atto dovuto, civile, che le associazioni vittime della strada chiedono da anni e che i politici promettono a intermittenza. Ieri, finalmente, è stato depositato il disegno di legge che, fatto positivo, dovrebbe trasformare tale reato da amministrativo a penale e, fatto negativo, fa sparire dalla proposta il dispositivo accessorio denominato “ergastolo della patente”, ossia la sospensione permanente della licenza in presenza di fatti gravi, come ad esempio la quisquilia di causare la morte di un innocente mettendosi alla guida in stato di alterazione psichica. La motivazione data da questa decisione è di tipo costituzionale: in pratica, il dispositivo non è accettabile in quanto un simile meccanismo sanzionatorio – per la definitività dei suoi effetti – non appare difendibile sul piano della legittimità costituzionale”
Chi vede il bicchiere mezzo pieno parla di passo avanti, chi lo vede mezzo vuoto, invece, parla di occasione persa. Io faccio parte di questa seconda categoria per due motivi. Il primo è che sono 15 anni che parliamo di modificare il Codice della Strada affinché certi reati abbiano il peso legislativo che meritano (non per il gusto di punire, intendiamoci, ma per il diritto sacrosanto delle vittime di avere una giustizia equa) e, quando qualcosa realmente si sta muovendo, avrei preferito che fosse stata fatta in grazia di dio. La seconda è che in Italia, un dispositivo come l’ergastolo della patente -che ricordo, non è stato pensato per essere comminato ad mentula canis, ma solo in presenza di reati assolutamente gravi- avrebbe davvero potuto essere un deterrente valido ed efficace. Perché se da ubriaco ammazzi un bambino che sta attraversando sulle strisce (esempio a caso, il piccolo Gionatan la Sorsa, tre anni, investito e ucciso a giugno dell’anno scorso), lo trascini per 80 metri sotto gli occhi della madre, poi torni a casa, lavi accuratamente l’auto e 30 ore dopo ti fai pescare dalla polizia ancora ubriaco e molesto, tu non puoi cavartela con una pena di 2 anni, 9 mesi e 10 giorni (così calcolati: 1 anno e 8 mesi per omicidio colposo, 3 mesi e 10 giorni per guida in stato di ebbrezza aggravata dall’incidente, 10 mesi per fuga), ma soprattutto, non puoi avere la possibilità di ottenere ancora la tua patente, almeno non così velocemente. Questo 24 marzo, in diverse città italiane molte associazioni vittime della strada hanno manifestato in favore del reato di Omicidio Stradale spiegando che i loro cari “Non sono state uccisi dal destino, ma dall’incuria e dall’indifferenza.” C’è tempo fino a oggi perché vengano promossi emendamenti e rinforzare un DDL che al momento sembra essere una promessa mantenuta a metà. Le speranze che qualcosa cambi sono comunque molto poche. Peccato.