Tennis, i cinque urletti più celebri (e curiosi) del circuito WTA

Per chi come me si è avvicinato al tennis da poco, assistere a un match in televisione prevede diversi piani di lettura. La prima difficoltà è quella di comprenderne la tecnica e le regole, la seconda è capire il senso dei cambi campo e dei lati delle battute e la terza, la più difficile…

… consiste, in caso di partita femminile, nel non rimanere totalmente ipnotizzato dallo scambio di urla delle giocatrici. Faccio una premessa: lo sforzo fisico, si sa, è foriero di espressività, versi che accompagnano il gesto, oppure tic e comportamenti ripetuti in maniera ossessiva dal chiaro significato propiziatorio. A certi livelli questi meccanismi sono un riflesso quasi incondizionato. Faccio qualche esempio a caso giusto per inquadrare: ve lo ricordate Michael Jordan quando zompava a canestro con la lingua di fuori? Oppure la concentrazione estatica della Isimbayeva prima di un salto, quasi autistica nel suo scaricare la tensione parlando a bassissima voce e aggiustando freneticamente la presa dell’asta? Ecco, tra la stragrande maggioranza delle tenniste donne, domina l’urletto ad accompagnare ogni colpo, un vezzo nato negli anni 90 ma che ultimamente ha preso piede praticamente tra quasi tutte le giocatrici del circuito WTA. Un vocalizzo che ha sicuramente la sua utilità, non solo psicologica per chi lo esegue, ma anche per noi spettatori, che oramai siamo in grado di riconoscere la nostra tennista preferita solo sentendola urlare (dalla TV, s’intende). Se poi in campo si sfidano due urlatrici “potenti” lo spettacolo è quasi musicale, un beat più o meno veloce (a seconda della superficie su cui si gioca) che, almeno per me, certe volte arriva a diventare ipnotico. Tra le urlatrici celebri ne ho scelte cinque, ognuna con un suo timbro e ognuna con qualcosa (nella voce, ma non solo) di estremamente particolare.

Monica Seles – Secondo il mio pazientissimo maestro di tennis, Monica Seles fu forse la prima tennista  a esibire un urletto degno di nota. A dire il vero Monica fu una che di novità ne introdusse parecchie, a partire dal primo esempio di tennis muscolare enfatizzato da quella curiosissima impostazione totalmente bimane che poco lasciava all’eleganza del gesto. Tornando all’urlo, la composizione vocale prevedeva l’utilizzo delle sillabe A e E (alle volte la E si arrota in I), urlate in rapida successione. Il vocalizzo non cambiava mai nella struttura ma variava nel timbro, che era più potente quando il colpo era vincente. La Seles, almeno fino alla coltellata da parte di un fan maniaco di Steffi Graf, fu tra il 1992 e il 1994 la più forte tennista al mondo, arrivando giovanissima a detronizzare proprio la “silenziosissima” tedesca. Ecco uno scambio tipico tra le due regine del tennis dei primi anni 90, durante la finale degli Open di francia del 1992, vinto appunto dalla Seles. Una sfida non solo tra due campionesse ma anche tra quello che era il tennis di allora e un primo sentore di quello che sarebbe diventato il tennis del futuro.

Francesca Schiavone – La leonessa italiana ha un urlo da gladiatrice, profondo, anch’esso sofferto, ma molto più propositivo. Nel grido della Schiavone vedo rabbia, passione, e quella giusta propensione a intimidire l’avversaria. O forse picchiarla, chissà. Esattamente come quello della Seles il suo è un tipico urlo bivocale, A e I, ma a differenza di quello della tennista jugoslava naturalizzata Usa, per potenza e cavernosità, ricorda vagamente le grida di guerra dei guerrieri maori. Guardatela in questo bel video del 2014, contrapposta alla bellissima, stupendissima, elegantissima, meravigliosissima, Ana “pugnetto chiuso” Ivanovic. La Schiavone alla fine perderà, ma a noi che ci frega, la maori di Milano il suo l’aveva già fatto al Roland Garros nel 2010.

Maria Sharapova – La siberiana, che io amo alla follia ma che ho anche scoperto essere invisa a molti esperti di tennis, è forse la più celebre tra le urlatrici in attività. Pochi sanno però che il suo, più che un urlo di battaglia è un urlo di dolore, e proviene dalle viscere più profonde del suo corpo. Il suo non è l’accompagnamento di uno sforzo, ma una richiesta d’aiuto, un “ti prego” straziante volto a convincere la pallina ad andare di là, restare in campo e possibilmente trasformarsi in punto. Nel suo urlo mi immagino il freddo degli allenamenti in Siberia, le zuppe a base di licheni e ghiaccioli, le frustate di un qualche colonnello russo quando la piccola Masha implorava pietà per i troppi allenamenti… Ogni volta che la sento urlare così vorrei fiondarmi da lei, sorreggerle il braccio e aiutarla a dare un senso alle sue sterili bordate da fondocampo. A quanto pare, però, sono l’unico a provare empatia, gli spettatori di Melbourne, invece, la deridono. Si vede che non la amano quanto me.

Michelle Larcher de Brito – Francamente c’è poco da commentare nell’espressione vocale, durissima e violenta, messa in campo dalla Larcher De Brito, giovane tennista portoghese, precoce nelle vittorie ma mai in grado di diventare un crack. Il lamento che sgorga dalla sua gola è pura violenza alle corde vocali, uno stupro della laringe, un qualcosa che se non fosse su un campo da tennis sarebbe senza dubbio ultraterreno, o da codice penale. Oltretutto, mi chiedo, come si fa a riprodurlo per tre set senza l’intervento di un laringoiatra? O di un esorcista? Vi avviso, chiudere gli occhi durante la clip sottostante è pericoloso, le immagini che verranno alla vostra mente saranno un mix dolorosissimo tra il più efferato dei ricordi ancenstrali (tipo essere mangiucchiato da una tigre coi denti a sciabola) e un discorso populista di Salvini.

Viktoryja Azaranka – Altro curiosissimo urlo è quello della bielorussa che, nel 2012, è stata anche numero 1 al mondo. Con la mia adorata Sharapova, la Azaranka condivide diverse cose, le origini dell’Est (una è russa l’altra, appunto, è bielorussa), la lunga chioma bionda e lo sposalizio con la linea di fondo. Il suo urletto, sebbene parecchio simile per fastidiosità a quello di Masha, si distingue nettamente per senso e origine. Dove in Masha troviamo angoscia e sofferenza, nella Azaranka troviamo una sorta di suono corporale strettamente interconnesso al suo colpo. Non v’è dolore, ma concentrazione estrema. Ciò che ne viene fuori è una sorta di ululato in falsetto che ricorda molto da vicino quello di un altro sportivo famoso, Bruce Lee. Ve lo ricordate quando dopo un calcio rotante, l’attore naturalizzato americano emetteva quella sorta di miagolio dimesso? Ecco l’Azaranka è così ma con qualche migliaio di decibel in più. Ora, gustatevi le due biondone in questo botta risposta degno di una gara canora.

Su massimo miliani

Ho il CV più schizofrenico di Jack Torrence, per questo motivo enunciare qui la mia bio potrebbe risultare complicato. Semplificando, per lo Stato e per l'Inpgi, attualmente risulto essere giornalista.

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