A poco più di un mese dalla gara, ho deciso di provare a rendere un po’ più efficace la preparazione ripulendo la mia dieta. Dicono che questa cosa faccia miracoli e, visto che al momento dalle mie gambe di miracoli ne sono venuti fuori ben pochi, non posso che fidarmi.
Io, inteso come essere umano fatto di acqua, carbonio e cagate varie, non sono un tipo di molte pretese. Ho gusti semplici, ad esempio vado matto per la pasta in bianco e per le uova fatte in tutte le maniere. Ovvio che mi piace mangiare e apprezzo la cucina saporita, ma sono più che certo che se mai dovessi trovarmi in una navicella assieme a Neo, Trinity e tutti gli altri, io non avrei nessun problema a mangiare sbobba per tutta la vita e non tradirei mai Morpheus per una bistecca. Per questo, quando ho deciso di mettermi a dieta per alleggerire il fisico in vista della Stramilano, dieta che peraltro è iniziata 4 giorni fa, ho pensato che la privazione di cibo sarebbe stata per me più che sopportabile.
E invece no. Ma proprio no. Ma mai nella vita.
Se è vero che le difficoltà aiutano a scoprire meglio se stessi, queste prime 120 ore di privazione del cibo mi hanno fatto scoprire due cose fondamentali di me:
1) Se una cosa non la posso avere diventa per me un chiodo fisso ai limiti dell’OCD.
E quindi, se tutto ad un tratto mi è vietato di mangiare la pasta la sera, io dalle 18 non faccio altro che pensare alla pasta, anche se prima del divieto non mi era mai capitato di cenare a carboidrati. Oppure: dato che tra gli affettati mi è concessa la sola bresaola, io da quattro giorni ho iniziato a odiare la bresaola, e poco importa se per una vita ho sempre preferito la bresaola a tutto tranne al salame, che si sa, dopo la donna e la birra, è l’articolo meglio riuscito di questo povero mondo.
2) Io non posso vivere senza gorgonzola.
Il gorgonzola mi manca come l’aria. Mi manca come la sigaretta del mattino i giorni subito dopo aver smesso di fumare, mi manca come il sole in questo inverno milanese del cazzo, mi manca come il caldo appiccicoso della metropolitana di New York, insomma, mi manca da morire. E per una volta mi sento come Agafan ogni qual volta si mette le scarpe da corsa e si avvicina al suo cimitero di periferia circondato da battone: mi viene voglia di mollare tutto.
Però poi penso che proprio ieri mi sono iscritto alla gara, che ho sottoscritto la Runcard (mortacci loro quanto costa) e che il 22 febbraio avrò la visita medico sportiva. E poi riguardo i miei tempi di allenamento di questa settimana confrontandoli con quelli di quando la sera prima delle varie sessioni mi spaccavo di birra e tavolette di cioccolato. E in effetti si vede la differenza.
E allora penso che il gorgonzola per un po’ potrà aspettare.
Confutazioni alla rubrica del mio sodale:
La corsa non aiuta a calare la panza – Grazie a ‘sta ceppa, se inizia bere birra alle 11 del mattino (ho la foto di te che guardi la finale degli Australian Open tra Federer e Nadal) non dimagrisci nemmeno se ti si infila uno spiedo nel culo e ti si mette in forno a rosolare.
Non serve a fare le scale – Per fare le scale agilmente non serve la corsa, serve iniziare a fare le scale. ad esempio, le volte che vengo a casa tua, e tu abiti al secondo piano, mi obblighi sempre a prendere l’ascensore (“lo pago, per cui lo uso”). Per cui il fatto che tu dica che correre non serve a fare le scale è un falso: tu, semplicemente, non hai mai fatto le scale.
[yikes-mailchimp form=”3″ title=”1″ description=”1″]