RoadToStramilano #13 – Il bello della corsa all’aria aperta

Dopo una settimana di influenza mortale ho ripreso ad allenarmi. Due sedute su tre, e tutte indoor per evitare di prendere freddo gratuito. Al netto del fatto che ho potuto evitare al mio fisico i -3° tipici degli orari a cui vado di solito a correre, va detto che usare il  tapis roulant  è veramente una merda. Anche se davanti hai miss maglietta bagnata. Anche se miss maglietta bagnata è tanto dotata che pare shackerare le sue forme come fossero sfere inserite nell’urna del sorteggio Champions.

 

Io non so come fanno gli atleti veri, ma se è vero che un’influenza è in grado di fotterti tutta una preparazione, le variabili che intercorrono nella realizzazione della prestazione perfetta sono troppo fuori controllo perché siano psicologicamente accettabili. Ed è per questo che se io fossi un atleta vero mi perderei fin da subito in una spirale di doping e aiuti farmacologici talmente invasivi da rendere Ben Johnson un’educanda in odore di santità. In ogni caso, come raccontato settimana scorsa, lunedì ho ripreso a correre dopo una settimana di malattia pesante, con febbre alta per giorni e un raffreddore che non ricordavo dai tempi in cui mischiavo i miei germi con quelli dei compagnucci dell’asilo. Nonostante non sia del tutto guarito, il raffreddore c’è ancora, lunedì puntuale ho ripreso ad allenarmi e, per evitare al mio corpo stress eccessivi, ho preferito correre in palestra eliminando dalla tabella il lungo lento e focalizzandomi solo su ripetute e allenamenti sul ritmo. A parte la spossatezza dovuta a una settimana di inattività devo dire che tornare a correre su un tappeto motorizzato dopo mesi per strada ha generato in me lo stesso sentimento che fiorisce in qualsiasi ragazzotta tedesca che ritorna in patria dopo aver fatto conoscenza col maschio italico: e cioè la delusione cosmica.

Correre su un tappeto è noioso, di una noia così mortale che nemmeno la presenza affianco a te della nazionale di aerobica con tanto di body e scaldamuscoli anni 80 è in grado di lenire. Passi sempre uguali, il sudore che cola senza aver possibilità di asciugarsi, la netta convinzione di essere davvero tanto vicini, per intelligenza e scopo e destino e inutilità su questa terra, ai roditori da gabbia. Insomma, è tristissimo. E pensare che tempo fa io la corsa la praticavo solo qui, un po’ perché ero pigro e un po’ perché mi piaceva l’idea di programmare il tappeto in modo da farmi fare allenamenti vari e basati sulla frequenza cardiaca. Che fesso che ero. A parte che programmare un allenamento si può fare benissimo per strada, bastano un orologio, un cardiofrequenzimetro e un po’ di attenzione, ma poi davvero, dirigere i propri passi su di una strada ha tutto un altro sapore. Ok, non sempre forse, passi per il mio collega di diario che ha studiato un percorso che costeggia solo cimiteri e vialoni di puttane (bisognerebbe chiedersi il perché in effetti, anche se forse è meglio di no), ma io, porco giuda, io corro in un parco, con me ci sono le paperelle, le nutrie, gli alberi che cambiano vesti a seconda delle stagioni, i debosciati che dormono in macchina dopo aver fatto nottata al The Beach, i goldoni rotti, i padroni di cani vestiti da cacciatori anche se il loro animale assomiglia più a una pantegana che a un setter, i corvi che spalancano le ali immobili e si chiedono che cazzo ci fai lì alle 6 di mattina, gli extracomunitari che in fila indiana vanno verso la fermata del bus che li porterà al lavoro, i cani della scuola di addestramento che se passi prima delle sette dormono e se invece passi dopo ti accompagnano per un pezzo di strada abbaiando. Insomma correre per strada è bello, quasi bucolico, di certo molto più appagante che annaspare su un trabiccolo elettronico mentre lo schermo davanti a te passa programmi dai titoli esemplificativi quali: “Ciccioni che dimagriscono col metodo dei calci in culo”, “Scarti sociali che fanno soldi al banco dei pegni” “Macchiette vestite di rosa che ti spiegano come vestirti” etc etc etc. Insomma, se volete iniziare a correre, date retta a uno che ha sempre cercato la strada più semplice e si è redento: uscite di casa e correte all’aperto, non c’è storia.

Ps: spero ardentemente che il 19 marzo arrivi presto, così questo diario finirà e io non sarò più obbligato a vergare pagine che trasudano buoni propositi e voglia di vivere solo per compensare lo strazio mortifero e pessimista del mio sodale. Maledetto sodale. Maledetto, maledetto sodale. 

 

 

 

Su massimo miliani

Ho il CV più schizofrenico di Jack Torrence, per questo motivo enunciare qui la mia bio potrebbe risultare complicato. Semplificando, per lo Stato e per l'Inpgi, attualmente risulto essere giornalista.

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