Paul Auster - Follie di Brooklyn

Paul Auster – Follie di Brooklyn

Follie di Brooklyn di Paul Auster scorre rapido proponendo una galleria di personaggi che ruotano attorno al protagonista. Alla fine le follie si rivelano essere vita vissuta, dove le persone sanno ricoprire i ruoli più disparati. Un libro positivo, in cui il cinismo spalanca via le porte alla vitalità e alla vita vissuta nella sua dolce normalità, alla ricerca di una pace del cuore che il vissuto rende consapevole.

Nathan Glass torna nel quartiere natio di Brooklyn dopo tanti anni, lo sceglie come meta per andare a morirci dopo un divorzio e un tumore guarito alle spalle. Per passare il tempo decide di appuntarsi episodi di follia umana con l’idea di ricavarne un libro. Tutto il cinismo accumulato in vita si scioglie lentamente a contatto con i personaggi che fanno mano a mano il loro ingresso e la follia umana si riversa nuovamente all’interno del vissuto di Nathan. I personaggi che accompagnano il protagonista in questa vicenda sono diversi, dal nipote ritrovato Tom, all’ambiguo libraio Harry, dalla nipote di Tom Lucy alla sorella Aurora, e ancora altri, tutti o quasi con qualcosa da aggiustare, tutti portatori sani di esistenze da vivere oltre il rifugio di depressione in cui voleva rinchiudersi all’inizio Nathan.

 

Perché sì

1. Si tratta di un romanzo scorrevole, in grado davvero di essere divorato. Non per questo però mancano i contenuti, sia i fatti che le riflessioni, sia molteplici personaggi che atmosfere. Possiamo affermare che gli elementi per un libro piacevole ma non banale siano tutti presenti.

2. Il graduale affollarsi di personaggi contribuisce alla costruzione del racconto senza appesantirlo. Ogni nuova figura introdotta ha una caratterizzazione che le permette di mostrare una propria dignità narrativa, anche quelle più marginali. Dunque la galleria proposta sa tenere alta l’attenzione del lettore, anche perché l’introduzione avviene attraverso l’accadimento di fatti, senza troppi fronzoli. Anche se il fulcro rimane il protagonista narratore, alla fine ne viene quasi fuori un romanzo corale per stratificazione, una serie di personaggi che arricchiscono l’esistenza di Nathan e senza i quali la voce narrante sarebbe meno ricca e più spenta. Potremmo forse dire un romanzo di formazione senile, quando uno crede di non poter più imparare nulla.

3. Un libro che sprizza positività. Nathan esce sempre più dal guscio in cui si era andato a chiudere, la vita gli dimostra, attraverso le persone, che vale la pena di essere vissuta, se le diamo una possibilità sa stupirci positivamente. Ne scaturisce anche un inno ai rapporti umani, che si rivelano sfaccettati e ricchi di sfumature ma pregni di vitalità, come spugne da cui strizzare vita.

 

Perché no

1. Da tutto questo turbinio di fatti, personaggi e situazioni si esce con un po’ poco in mano. Tutto l’affannarsi dell’autore alla fine sconta troppi giri a vuoto, poco fondo sedimentato sotto la liquidità del racconto. Qualcosa rimane, sia chiaro che non si tratta di un libro vuoto, ma forse non abbastanza, la danza di fatti e personaggi non incanala al meglio le energie prodotte. Una scrittura non così pregnante.

2. Le soluzioni di tutti i problemi arrivano con una facilità disarmante, tutti i problemi accumulati nel cammino volano via in un soffio. È ancora diverso da quanto riportato al punto successivo, perché ci potrebbero pure essere mille lieto fine, però ci si può arrivare in altrettanti modi, non può sempre essere come scartare un Bacio Perugina.

3. Alla fin fine tutto è bene quel che finisce bene. In questo romanzo tutto si sistema per il meglio, tutti trovano l’amore e proseguono le proprie vite felici e contenti. Nathan si riconcilia a pieni voti persino con la figlia che a sua volta si riconcilia con il marito, insomma un circolo di lieto fine che non lascia scampo alla vita vera, quella che si è ricercata per tutto il tempo. Uniche note di tristezza: un lutto che si trasforma prontamente in opportunità; proprio alla fine un rimando al crollo dell’11 settembre, troppo poco per non essere travolti dalla melassa.

Paul Auster – Follie di Brooklyn – Einaudi

 

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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