Marco Cavina – Andarsene al momento giusto. Culture dell’eutanasia nella storia europea

Com’è stata considerata l’eutanasia dall’antichità in poi, questo ci racconta Marco Cavina attraverso una carrellata storica di grande interesse. Il testo tiene sempre presente i tre punti di vista importanti: quello dei medici, quello dei giuristi e quello del popolo. Per ogni periodo storico sono riportate testimonianze che vengono inquadrate in modo puntuale, fornendo un filo del discorso chiaro.

Posso solo consigliare di leggere questo libro, perché conoscere la storia di un’idea è sempre un bene e se chi ce la illustra sa farlo in modo lineare ed efficace abbiamo solo da guadagnarci. L’idea in questione poi è quanto mai spinosa, persino difficile anche solo da introdurre in certi ambienti, complicata da far discutere a certe persone. Proprio per questo conoscerne il percorso nella storia è importante, perché l’eutanasia non è l’iniziativa di qualche senza dio contemporaneo, è un pensiero che corre lungo tutto l’arco della storia europea. Ma detto del libro in sé, di cui a parlarne io rischio solo di avvilirlo, vorrei proporre alcune considerazioni che mi ha suscitato, partendo dal presupposto che chi scrive è strafavorevole all’eutanasia.

Innanzitutto eutanasia non significa omicidio, bensì buona morte, cioè è una parola che richiama qualcosa di positivo, il morire bene. Tanto è vero che anche i cattolici agognano la buona morte dell’anima, sperano di morire con la coscienza a posto, perdonati per i propri peccati e idonei ad entrare nel regno dei cieli. Dunque basta vedere in questo concetto qualcosa di scabroso, si può non approvare, ma negargli la spinta positiva è disonesto e tendenzioso.
Il problema dei medici risale alle linee di condotta che fin da Ippocrate la professione si è data: non nuocere al paziente. Al di là della probabile volontà originaria di evitare le grane derivanti dal sospetto di morti indotte, vogliamo definitivamente dirci che l’intenzione di non nuocere non può avere una lettura unilaterale? Per esempio, nel caso di un malato terminale sofferente cosa nuoce davvero? L’idea che tenerlo in vita a tutti i costi e al di là delle circostanze sia l’unico modo di non nuocere mi pare si possa mettere in discussione su più fronti.
La visione cattolica ha donato a tutta la questione un tono fideistico che non aiuta in nessun modo il dibattito. Perché la vita viene considerata sacra e non a disposizione dell’uomo. Mi chiedo sempre cosa intendano per vita i credenti: il solo respirare? Mi permetto di far notare che questo punto di vista toglie alla vita qualsiasi aura, che mi pare essi stessi desiderano darle. Poi piazzano il carico del valore del dolore, della vanità del non voler soffrire. Bè tutta questa voglia masochistica di espiazione ha senso solo nei loro schemi, al di fuori sa di superstizione.
Di fronte a medici e leggi (influenzate dalla Chiesa) che vedevano nell’eutanasia un peccato e un delitto, la cultura popolare ha sempre mantenuto un percorso parallelo in cui la morte del sofferente rientrava in un discorso di pietà. Tanto è vero che gli stessi tribunali consideravano questi omicidi nella loro particolarità, le giurie popolari assolvevano puntualmente gli accusati. Dunque il sentimento che spinge a non desiderare la sofferenza di un caro morente e piuttosto lo vuole morto ha sempre accompagnato le persone, non è figlio di una contemporaneità corrotta e incapace di soffrire, non sono i tempi moderni che hanno partorito idee innaturali, è la natura dell’essere umano che si esprime in quella direzione.
Il tema dell’eutanasia è sempre stato legato a quello del suicidio. Nella storia i due concetti sono stati accostati, poiché chi chiede di morire a qualcun altro ha le stesse intenzioni di chi desidera ammazzarsi da sé. L’unica differenza è il coinvolgimento di una seconda persona che attui la volontà della prima, partorendo così due colpevoli. Ma nel caso dell’eutanasia credo che poco importi, non si tratta di distinguere tra suicidio e omicidio del consenziente, è necessario stabilire quali sono le condizioni per l’attuabilità dell’eutanasia.

Mi distacco dal libro per alcune considerazioni personali, che avevo prima del libro e che dopo la lettura sono rimaste intatte.
Quello che non capisco è perché togliere l’autonomia della decisione. Una legge a favore dell’eutanasia non implica che tutti vi debbano ricorrere, lo farà solo chi vuole. La mia libertà di ricorrervi non può intaccare in nessun modo quella altrui di non farlo.
Chi parla di Stato che diverrebbe omicida non vuole vedere la complessità della questione, l’impossibilità di stabilire per definizione e tanto meno per legge cos’è vita. A tal proposito consiglio il film Million Dollar Baby, che illustra molto bene quello che intendo: l’omicidio del consenziente fa capolino solo alla fine e occupa pochi minuti di pellicola, che invece narra della vita della protagonista, di cosa significhi per lei stare al mondo e, di conseguenza, cosa comporti per lei la condizione in cui si viene a trovare.
Sento anche dire: che si ammazzino da sé, non vedo perché lo Stato debba fare questo sporco lavoro. Forse chi lo dice non ha ben in mente cosa significhi morte dignitosa, la dignità di una persona non può essere messa da parte nel momento in cui fa più fatica ad affermarsi.

Andarsene al momento giusto: è quello che si chiede di poter decidere, che qualcun altro decida per noi risulta ingiusto.

Da leggere
Se si vuole avere un quadro storico della questione
Se si vuole percorrere la storia di un’idea narrata in modo chiaro
Se il tema dell’eutanasia fa paura per principio
Se si pensa che il concetto di eutanasia sia figlio dei tempi corrotti in cui viviamo

Da non leggere
Se si ha paura di scoprire che l’eutanasia non è un concetto nato da poco
Se si ha timore di conoscere la storia di un concetto
Se si considera peccato anche solo una lettura possibilista sull’eutanasia
Se gli spunti di riflessione sono uno spauracchio

Per leggere il libro clicca qui sotto

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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