1984 George Orwell

1984 – George Orwell

1984, considerato il capolavoro di George Orwell, oltre a essere uno dei più grandi titoli del 900, nonché pietra miliare del genere distopico, riversa su carta una descrizione reale, ma soprattutto, attuale, dell’uomo

Affrontare un grande classico della letteratura come 1984 di George Orwell è un lavoro generalmente difficile, non solo perché chiunque prima di te ne ha parlato (e il 99% di questi, sicuramente meglio), ma anche perché, proprio per via dello status di classico, il rischio di scavare nel banale è sempre dietro l’angolo (qui, ad esempio alcune recensioni del libro). Se poi, il classico in questione possiede quella magia rara di raccontarti una storia aprendo contemporaneamente decine di piani di lettura, il rischio di dire cazzate diventa pressoché una certezza.  Se a questo aggiungiamo che a correre il rischio sono io, la certezza la possiamo pure marchiare a fuoco sulla chiappa di una vacca chianina.  Premesso ciò, non mi sottraggo al mio compito e quindi eccomi a scrivere di questo capolavoro di George Orwell (clicca qui per conoscere la sua biografia).

La trama

Partiamo dalla trama di 1984: l’azione del libro di George Orwell si svolge in un futuro prossimo del mondo (l’anno 1984, il libro invece è stato pubblicato invece nel 1949) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Al vertice del potere politico in Oceania c’è il Grande Fratello (che poi la traduzione letterale sarebbe Fratello maggiore, ma per l’edizione italiana si è deciso di optare per questa variazione), onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona ma di cui ovunque sono visibili grandi manifesti. La libertà personale in Oceania è pressoché inesistente, il controllo delle persone è capillare e viene esercitato tramite dei teleschermi in grado di inviare messaggi ma soprattutto di controllare ogni singolo movimento delle persone in ogni singolo istante della loro vita. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Winston Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. La popolazione è suddivisa in classi, il Partito Interno, vero dententore del potere, il Partito Esterno, di cui fa parte Wiston, asservito al volere del partito dominante e infine i Prolet, massa di persone che costituisce la forza lavoro, più liberi dei membri del Partito Esterno (non vengono spiati, ad esempio), non per privilegio ma perché considerati alla stregua degli animali. Per quanto sia tenuto sotto controllo, Smith comincia a condurre un’esistenza sovversiva, convinto che qualcosa non quadri nel sistema del Socing, il socialismo omnicompresivo alla base dell’Oceania e del suo Partito. Al suo fianco ci sarà Julia, sovversiva anch’essa, ma di una pasta ben differente: a differenza di Wiston, infatti, per lei la trasgressione delle regole è ben più importante della critica al sistema che quelle regole impone. Il libro è strutturato in tre parti distinte, nella prima Smith prende coscienza del suo rifiuto per il Grande Fratello, nella seconda siamo spettatori della storia d’amore che nasce tra Winston e Julia, nell’ultima, infine, vengono raccontate le torture fisiche e psicologiche subite dai due amanti e la loro successiva conversione al Socing.

E fin qui, tutto facile.

George Orwell

Il problema è che sono davvero infiniti i piani di lettura e gli spunti offerti da 1984 di George Orwell. La critica di una società che stava, all’epoca della pubblicazione, ponendo le basi per una guerra fredda che avrebbe resistito guarda il caso solo qualche anno dopo il 1984, è la matrice grazie alla quale Orwell ha imbastito una disamina non solo politica, ma soprattutto sociologica di quello che è il nostro mondo. Lo scrittore britannico è riuscito a sintetizzare alcuni dei meccanismi che stanno alla base del comportamento dell’uomo. Azioni e reazioni che seppur raccontate nel delirio autocentrato di un totalitarismo (poco) futurista, riescono a essere così vivide e così sentite da  costringere chi legge di Wiston e Julia a percepire un’eco lontana di quello che potremmo diventare, se dovessero mai verificarsi le medesime condizioni. Una delle ragioni per cui 1984 riesce in questo è dovuta al fatto che Orwell è riuscito a fondere in maniera esemplare il genere distopico con un’analisi precisa e vivida della realtà di quegli anni. Orwell, infatti, è partito dai totalitarismi della prima metà del 900 per modellare il suo Big Brother, ha attinto alla propaganda, alle immagini, ai risultati drammatici ottenuti da questi regimi, spogliandoli della veste storica e offrendoceli ripuliti nella loro crudeltà. E la cosa più eccezionale è che nulla di quanto immaginato per la narrazione è riuscito ad appannare questo spettacolare affresco della realtà. Anzi, per certi versi, gli espedienti futuristi, come il televisore che trasmette e riceve, che invia messaggi e ti spia, così come il reticolo di tubi da cui Wiston riceve i “pezzi di storia” da modificare, sono il ponte per rendere 1984 un romanzo senza tempo, perfettamente moderno anche oggi, a quasi 70 anni dalla pubblicazione.

Uno sguardo al futuro

Ciò che stupisce ma che soprattutto rende l’importanza letteraria del lavoro di Orwell è come sia riuscito a prevedere alcune delle schiavitù moderne. E non parlo soltanto del televisore, che nel 2018 può tranquillamente essere sostituito con uno smartphone, ma parlo del potere occulto dei mass media, che invadono la privacy e, pur non potendo cambiare il passato (oddio, a ripensare alla scorsa campagna elettorale, quasi viene il dubbio), riescono ad alterare la percezione del presente rendendoci di fatto assuefatti non solo alla menzogna, ma persino impermeabili allo scorrere stesso della storia. Le informazioni sono così tante e così tanto svuotate della loro funzione più importante (e cioè informare) che alla fine a noi non resta che assimilarle in maniera passiva. In questo scenario, l’uomo, inteso come ammasso di carne e pensiero che cerca di sopravvivere in un determinato contesto, si svela più vero e attuale che mai. Gli espedienti folli del Grande Fratello per soggiogarlo e renderlo un semplice ingranaggio per il funzionamento di Oceania sono l’estremizzazione di un qualcosa che in nuce abbiamo già provato e a cui spesso tendiamo. Un ulteriore spunto di riflessione può essere dato dal confronto tra i due protagonisti principali, Winston e Julia. Uniti nel cercare di eludere il Grande Fratello ma partendo da presupposti diametralmente opposti. Se Winston rappresenta l’uomo libero, l’uomo dotato di critica che percepisce la distorsione dettata dal totalitarismo, quindi se vogliamo, qualcosa di ancora esterno a esso, Julia è il prodotto stesso del totalitarismo. Lei, non mette in dubbio nulla del Partito, la sua condizione di schiava è immodificabile. Ciò che le resta è provare a godere di alcuni brandelli di libertà dati dal provare a eludere le regole.

Le metodologie di controllo

Il Socing, o socialismo inglese, il sistema che permette l’esistenza di Oceania è un insieme di regole che hanno come unico fine quello di annullare il pensiero. Tale sistema si basa su tre assunti fondamentali: La guerra è pace, La libertà è schiavitù e L’ignoranza è forza. Assunti  che a loro volta vengono messi in atto e fatti rispettare tramite un controllo pressoché totale della persona da parte del Grande Fratello e del suo braccio armato, la Psicopolizia. Questi tre principi raggiungono l’apice della crudeltà nella realizzazione del terzo dogma -che poi è quello che rende possibili gli altri due- portato avanti grazie alla modifica costante di un passato che non può e non deve essere in contraddizione col Partito (e che non può in nessun modo apparire al popolo come migliore del presente), grazie alla concettualizzazione del bipensiero (l’accettazione di un’idea e del suo esatto contrario), ma soprattutto grazie alla realizzazione della Neolingua, vale a dire il disossamento totale di senso e possibilità della lingua corrente, ottenuto tramite la cancellazione della maggior parte dei vocaboli. Un espediente che ha il fine di facciata di semplificare, ma il reale intento di togliere uno degli strumenti fondanti del pensiero. Perché è il pensiero ciò che più spaventa il Partito, la possibilità che l’uomo possa pensare è di per sé un atto compiuto contro il Partito. Il principio dominante alla base della Neolingua, che si può leggere nell’appendice al libro, è dunque quello di ridurre l’attività cerebrale dell’uomo a una mera messa in atto di un meccanismo stimolo-risposta. Con la Neolingua, Orwell critica non solo il potere totalitario, ma anche gli intellettuali che sotto tali regimi preferiscono asservirsi al potere piuttosto che rispettare il loro senso ultimo, e cioè quello di essere il tramite tra le persone e la cultura. Un concetto, anche questo, terribilmente moderno.

Esiste una salvezza?

Per quanto possa sembrare strano, un barlume di luce in questo nero c’è ed è dato proprio dagli intellettuali che Orwell critica così pesantemente lungo tutto il corso del libro. Winston sarà asservito, imparerà ad amare il Grande Fratello e come lui Julia e tutti quelli con cui avranno a che fare. Ma il lavoro del Partito è ancora lungo. Come viene spiegato all’inizio del libro l’introduzione della Neolingua e con essa la completa disfatta del pensiero umano, è prevista per il 2050, periodo in cui tutto il passato letterario sarà ripulito dall’eterodossia e quindi in linea con il Partito. Nonostante l’onnipresenza e l’omnipervasività del Grande Fratello, infatti, per “normalizzare” i capolavori letterari e artistici ci vuole tempo e finché il genio umano resterà vivo, per quanto confinato nei libri, un germoglio di speranza ci sarà sempre.

Difficile? Forse impossibile? Beh, non lo sappiamo, ma questa è l’unica possibilità che Orwell ci offre per salvarci.

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Ho il CV più schizofrenico di Jack Torrence, per questo motivo enunciare qui la mia bio potrebbe risultare complicato. Semplificando, per lo Stato e per l'Inpgi, attualmente risulto essere giornalista.

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