Il denaro non ha colpe

Gentile redazione,
sono un cittadino incensurato, assiduo pagatore di tasse e umile ma dignitoso impiegato. Non posso protestare indigenza, condizione che per fortuna non ha mai toccando le sponde della mia vita, nemmeno quando ero accudito amorevolmente dai miei genitori. Mi pregio di collocarmi in quella che posso definire, senza tema di essere tacciato di grossolano errore, piccola-media borghesia. Arrivo a fine mese perlopiù senza patemi e mi tolgo qualche piccolo sfizio che odora di umile lusso.
Detto ciò, mi ritengo anche persona mite e gentile, corazzato di un sentimento di cristiana pietà verso coloro che affrontano condizioni disagiate. Per quanto nelle mie possibilità mi pregio di effettuare piccole donazioni in favore di chi fatica a sbarcare il lunario, spronato da un interiore slancio verso coloro che si collocano in una posizione sociale inferiore alla mia personale, che non brilla pur non destando particolari preoccupazioni.
Ultimamente mi riscopro a pormi spesso una ricorrente domanda. Ma se io fossi ricco, mi comporterei alla stessa maniera? Sarei comunque una persona moderata e compassionevole e gentile? Oppure mi darei a puttane e cocaina su preziose imbarcazioni non intestate e tratterei tutti come se fossero esseri inferiori degni solamente di farmi da schiavi e leccarmi letteralmente i piedi? Darei festini a base di escort vestite da suore ed io, in veste di papa, a battezzarle pelvicamente? Insomma, se i soldi non fanno la felicità, detto quantomeno discutibile, si può dire che spingono a diventare figlio di puttana?

Girolamo da Coverciano

Mio caro Girolamo, non voglio essere scontato nel rispondere a questo tuo quesito che sento essere partecipe e sinceramente addolorato. Io credo sia sbagliato utilizzare lo stereotipo dicotomico povero-buono e ricco-cattivo ma, soprattutto, credo che la tua questione porti seco un errore di fondo: perché dare del figlio di puttana a una persona che ha la disponibilità economica per stipendiare delle escort, vestirle da suore e, come dici tu, battezzarle in maniere che nemmeno nell’Apocalisse? Cosa c’è di sbagliato nel dare corpo alle proprie perversioni, soprattutto se queste perversioni sono state legittimamente pagate e realizzate senza infrangere leggi? In ogni caso, tralasciando la ridicola distinzione tra ciò che è lecito e ciò che è moralmente condivisibile, tornando al tuo teorema secondo il quale avere più soldi equivale a essere più stronzi, ti ricordo che a questo mondo contano i fatti. Solo ed esclusivamente i fatti. Provo a spiegartela in maniera semplice: facciamo che tu sei il povero e io sono il ricco. Tu distribuisci sorrisi e qualche piccola donazione compatibile col tuo misero stipendio mensile. Io, invece, pur polverizzando denari in puttane e cocaina, sono proprietario di un’azienda che produce tanti utili. Azienda che, al netto dei soldi rubati evadendo le tasse, mi permette di pagare un 8×1000 che tu non riusciresti a pareggiare nemmeno schiavizzando i tuoi figli e i figli dei tuoi figli. E non voglio contare neanche le cospicue donazioni ad associazioni noprofit che faccio ogni anno, soprattutto quando il pool di commercialisti che segue le mie finanze mi obbliga a spendere per questioni di IVA. E ora Girolamo, illuminami: nella tua concezione piccolo borghese con cui giudichi la morale sociale, sono ancora un figlio di puttana? Secondo te, caro il mio Girolamo, quando sarà il momento e ci si ritroverà al cospetto di un dio giudicante o del succitato manipolo di suore di latex vestite (a me il paradiso piace pensarlo così), a chi dei due verranno date le chiavi dell’attico e a chi quelle dello sgabuzzino coi prodotti per la pulizia della casa?

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