Milano city Marathon 2021 #10 - È il mio corpo che cambia, nella forma e nell’odore

Milano city Marathon 2021 #10 – È il mio corpo che cambia, nella forma e nell’odore

È il mio corpo che parla

Quelli bravi a tenere le redini del rapporto con il proprio corpo dicono che bisogna ascoltare i segnali che manda, il nostro corpo ci parla e noi dobbiamo dargli retta. Sempre di più con gli anni che passano, ancora molto di più se a 43 anni decidi di preparare una maratona in otto mesi.

Io non ho mai dato troppo retta al mio corpo: un po’ per indifferenza cronica, un po’ perché ho sempre teso a non considerarlo credibile, molto perché non ho mai saputo interpretare questi fantomatici, seppur concreti, segnali. Quando si parla con qualcuno o qualcosa, per intendersi è necessario bazzicare lo stesso linguaggio, mentre nel tempo si è evidenziata una chiara incompatibilità comunicativa tra me e il mio corpo.

Già vi vedo, miei cari saputelli arroganti, sempre pronti a giudicare con la facilità con cui De Luca appronta teatrini, ascoltatori indefessi dei segnali del vostro corpo integerrimo, lavato da frutta e verdura, interpretati inequivocabilmente dalla vostra mente lucida battezzata alla fonte della logica suprema, ad accusarmi: se non sei capace di ascoltare il tuo corpo lo manderai presto in malora, più di quanto tu non abbia già irrimediabilmente fatto.

Chissà in quale forma ed odore

Ma cosa ne sapete voi, con i vostri splendidi corpi così incredibilmente comunicativi, del linguaggio che usa il mio? Il mio biascica, balbetta, parla a gesti improntati all’improvvisazione, si esprime a rutti, farfuglia formule alchemiche, scombina i segnali, muggisce, accenna impertinente, sublima, interpella in modo inopportuno. Facciamo qualche esempio:

  • come devo interpretare il dolore al ginocchio che mi prende da una settimana e mezza a questa parte appena terminato l’allenamento? Mi provoca zoppia rilevante, facendomi apparire un veterano di guerra, subito dopo aver smesso di correre; il giorno dopo invece tutto a posto, solo una lieve traccia più mentale che concreta, per riprendere dopo l’allenamento successivo; forse il mio corpo mi sta punendo per questa folle iniziativa e, per punirmi due volte, lo fa solo ad allenamento finito, in modo che io prima completi lo strazio per poi subirne un altro; il giorno dopo la smette per non darmi alibi per non allenarmi il giorno successivo; un fottuto sadico calcolatore
  • cosa significa quell’episodio dell’ultimo allenamento? Dopo soli due chilometri sopravvengono inequivocabili segnali di cagata imminente, quando ancora mancavano dodici chilometri alla conclusione; a chiappe strette e mente impantanata nell’unico pensiero forte di non cagarmi addosso, riesco a concludere l’allenamento, proseguendo la corsa verso casa e riuscendo a centrare la tazza più per caso che per merito, gemendo in ascensore come una vittima sacrificale in una cerimonia settaria; forse, semplicemente, esprime l’unico giudizio sensato su questo mondo, una sentenza senza appello, o forse è il suo giudizio su di me, in entrambi i casi non mi sento di dissentire

Sono solo due esempi, giusto per farvi capire che questo corpo che mi contiene ha la credibilità di un capitalista convinto che parla di meritocrazia.

Photo by Lina White on Unsplash

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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