Intervista a Donato Cutolo, autore di Occhi chiusi spalle al mare

Intervista a Donato Cutolo, autore di Occhi chiusi spalle al mare

Donato Cutolo, autore di Occhi chiusi spalle al mare, ci ha regalato una bella intervista in cui ci ha raccontato del suo ultimo lavoro e non solo. Tra personaggi riusciti, temi caldi come l’immigrazione e contaminazione tra letteratura e musica, gustatevi il risultato. Cliccate qui per leggere la nostra recensione di Occhi chiusi spalle al mare.

Fino ad un terzo del libro Occhi chiusi spalle al mare sembra un romanzo interiore, poi si apre ed entra tutto il mondo in quell’interiorità. È voluto l’inizio, permettimi il termine, abbastanza classico che apre su una storia tutt’altro che ordinaria? Ogni apertura al mondo, ai suoi problemi o alla sua bellezza, la viviamo secondo ciò che siamo, quindi mi sembrava giusto mettere a nudo il personaggio principale prima di collocarlo in un problema così vasto, in un mondo a lui sconosciuto e reggere il peso di quel “disordine”, appunto… Devo dirti che Piero mi ha sorpreso: quando ho riletto la prima bozza ho sorriso stupito e compiaciuto nel vedere quel piccolo timido fin dove si è spinto e soprattutto ciò che è diventato, quanto la paura lo abbia annientato e – allo stesso tempo – aiutato.

La figura di Piero, il protagonista, si muove tra il mito, l’eroe e una figura molto verosimile di oggi che si muove fra contraddizioni e impotenza. Come hai scritto questo personaggio? Pensando all’adolescente medio dei nostri tempi, che spesso vive fra disinformazione (o meglio informazione pilotata) e paura (quella stessa disinformazione ti modella, crea modelli perversi che ingabbiano prima i genitori e di conseguenza i figli, con una violenza inaudita, camaleontica). All’inizio c’erano parecchie cose di me, in Piero, che poi ho modificato, o meglio ho pensato al me di un tempo in questi tempi, la mia giovane sensibilità negli anni duemila come sarebbe stata, e non è stato facile…

Certo, devi essere onesto, il lettore attiva ogni senso quando legge e se bluffi lui se ne accorge, non arriverebbe nemmeno a metà libro

Leggendo il libro mi è venuto in mente un racconto di Naghib Mahfuz in cui il rapporto con un genitore scatena nel figlio un confronto-limite da cui dipenderanno molte scelte, quasi come in un gioco di specchi. Nel caso del tuo romanzo, invece, Piero sembra comunque vivere di moti interiori più che di reazioni. Quando non c’è un padre, in una famiglia, o quando c’è quel tipo di padre, credo venga meno anche il ruolo della madre, costretta a tappare i buchi della figura maschile e quindi a snaturarsi. Allora un confronto vero non esiste, perché una figura solida e ben definita non è presente ed ecco che spesso il figlio sviluppa un mondo tutto suo con modelli e limiti tutti suoi: moti interiori, appunto, che nella vita, in questa vita, paradossalmente potrebbero aiutarti a crescere meglio.

Il rapporto con Viola quanto influirà su Piero? Poco, proprio per quello che ti ho detto prima.

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Quello che ho amato molto del tuo libro è la sincerità della storia e dei personaggi. Piero è un eroe sfigato, non sembra un eroe distaccato. L’Ingegnere ha le mani sporche e tutta la storia di Yossef e Jasmine viene raccontata con grande onestà, senza fronzoli. Cerchi la sincerità nei tuoi raccontiCerto, devi essere onesto, il lettore attiva ogni senso quando legge e se bluffi lui se ne accorge, non arriverebbe nemmeno a metà libro. Per me, poi, è una delle poche occasioni di essere sincero veramente, anzitutto con me stesso, senza questo presupposto non metterei penna su foglio. Piero poi non credo sia sfigato, anzi lo terrei in cima alla lista dei miei eroi, avessi io una lista di eroi.

Racconti in modo specifico la vicenda della fuga dai territori palestinesi di Yarmouk e Shatila, vicenda che ha avuto scarso eco sulla stampa italiana, dove la violenza verso le popolazioni inermi ha travolto e confuso anche le bandiere di Isis e Al Qaida, Stati sovrani e ribelli. Come hai scelto una vicenda come quella di Yarmouk, per niente scontata tra le tante storie di fuga? Grazie a uno scambio di battute con Severino Cesari su Facebook: lui condivise un post di una piccola rivolta di profughi palestinesi nel campo di Yarmouk. Io ero in piena scrittura e quel post mi colpì tantissimo, così tanto da studiare per mesi la questione siriana e palestinese e da ambientare parte della mia storia lì, in quel posto, dove ho lasciato un pezzetto di cuore.

Come hai vissuto le recenti critiche alle ONG che si occupano di migranti? Preferisco non rispondere, non ti farebbero pubblicare l’intervista.

Hai letto I Rifugiati di Viet Thanh Nguyen? No, ma domani lo ordino, mi hai incuriosito.

Veniamo al rapporto con la musica, tu hai usato questa colonna sonora per scrivere o è stata composta in una fase successiva alla stesura del romanzo? Scrivo lasciandomi accompagnare da musica classica e elettronica introspettiva in sottofondo, una volta poi chiusa la prima bozza la consegno ai musicisti, lasciandoli liberi di immergersi e comporre come meglio credono. Ci penso io, poi, a creare paesaggi sonori (con synth e campionamenti) che rendano la colonna sonora affine al romanzo: è un lavoro che adoro, ricercare suoni e campioni di un certo luogo e di una certa epoca mi dà la sensazione di toccare con mano ciò che in precedenza ho scritto.

La musica può parlare di immigrazione? Può parlare senza parole a persone che scappano dalla violenza? La musica non ha bisogno di traduzioni e spesso due o tre accordi toccano corde interiori che la parola non sarebbe capace di toccare, non potrebbe. Sì, la musica può parlare di immigrazione, ma non risolve il problema: chi scappa da quei drammi ha bisogno di tutt’altro.

 

Hai mai pensato ad una riduzione teatrale del tuo romanzo? In generale che rapporto hai col teatro No, al momento no. Adoro solo estrarre cortometraggi dai miei romanzi, anche se ho un rapporto col teatro comunque molto stretto: le presentazioni dei miei lavori, infatti, le ho fatte solo in piccoli e grandi teatri, dove la formula immagini/parole/musica acquista una dimensione introspettiva unica, magica, che nessun altro posto potrebbe regalarti.

Biografia

Donato Cutolo, autore e compositore, nel 2009 la prima pubblicazione, Carillon (Libro + Cd), romanzo con colonna sonora allegata: quasi 3000 copie vendute fra spettacoli teatrali e showcase nelle librerie.
Nell’Autunno 2012 esce un secondo lavoro, Vimini (Libro + Cd), stessa formula: romanzo con colonna sonora, questa volta composta da Fausto Mesolella – Avion Travel. Il lavoro conferma le vendite di Carillon, viene recensito positivamente su numerosi portali, blog e radio.
Novembre 2014 esce il terzo lavoro, 19 Dicembre ’43, un romanzo di Cutolo con la colonna sonora di Fausto Mesolella e Daniele Sepe, voce di Paolo Rossi, che nel giro di un anno arriva alla seconda ristampa, grazie anche all’adozione del testo in tantissimi Istituti Scolastici e recensioni su portali come Che Tempo Che Fa, Panorama, La Repubblica.
Del 26 ottobre 2017, Occhi chiusi spalle al mare, romanzo di Donato Cutolo con la colonna sonora di Sergio Rubini e Rita Marcotulli, Edizioni Spartaco.
Dai lavori sono stati realizzati otto cortometraggi, pubblicati dalle più importanti WebTv e utilizzati per presentazioni in libreria e spettacoli teatrali, eventi che hanno spesso registrato ‘sold out’.
Tutte le recensioni e le foto dei live teatrali/scuole sono reperibili su donatocutolo.it, i cortometraggi su youtube.com/user/donatocutolo

Donato Cutolo, Occhi chiusi spalle al mare, Spartaco Edizioni

 

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Su Andrea Labanca

Andrea Labanca cantautore, laureato in filosofia e performer, ha scritto tre album impregnati di letteratura. "I Pesci ci osservano" disco della settimana di Fahrenheit Rai RadioTre e "Carrozzeria Lacan" ospitato a Sanremo dal Premio Tenco. Ha collaborato con diversi scrittori (tra cui Aldo Nove e Livia Grossi) e ha lavorato come attore per Tino Seghal. Quest’anno è uscito il suo terzo album, “Per non tornare”, racconto noir-poetico in chiave elettro-vintage.

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