Intervista a Santino Spinelli - Prima Parte

Rom e pregiudizi, gli stereotipi si sconfiggono con la conoscenza – Intervista a Santino Spinelli – Seconda Parte

Sono sempre stati zingari o gitani, scarti di una società che non li ha mai riconosciuti. L’ignoranza e l’opportunismo ha sempre evitato di riconoscere ai Rom dignità e cultura, preferendo fare di loro un problema e un capro espiatorio. Proviamo a conoscere la loro cultura per sfatare i pregiudizi attraverso le parole del professore Rom Santino Spinelli.

I Rom sono pacifici e ricchi di cultura. La nostra volontà di creare un problema sociale non ha permesso alla verità di venire a galla, affondandoci in un mare di pregiudizi, e non da oggi. I Rom sono le vittime e non stiamo scherzando, è proprio così: vittime di emarginazione, di mancato riconoscimento culturale, di razzismo, di giochi politici ed economici giocati sulla loro pelle. Siccome sappiamo bene che il pregiudizio è radicato, abbiamo intervistato Santino Spinelli per farci raccontare il mondo romanò, al di là delle idee preconcette.

Prima di arrivare all’intervista, perché abbiamo intervistato Santino Spinelli? Innanzitutto abbiamo letto il suo libro Rom, questi sconosciuti (leggi la nostra recensione), un libro molto approfondito che ci è piaciuto parecchio. Inoltre, Santino Spinelli ha i titoli per parlare sull’argomento, titoli reali e non inventati: in arte Alexian, é un Rom italiano residente a Lanciano in Abruzzo; è musicista compositore, cantautore, insegnante, poeta, saggista; ha due lauree una in Lingue e Letterature Straniere Moderne e l’altra in Musicologia, entrambe conseguite all’Università degli Studi di Bologna; insegna lingua e Cultura Romaní all’Università di Chieti; con il suo l’Alexian group tiene numerosi concerti di musica romanì in italia e all’estero. Per saperne di più vai al sito http://www.alexian.it/

Vi consigliamo, va da sé, di leggere questa intervista, perché le parole si Spinelli sono illuminanti. E poi di approfondire la cultura romanì, l’unico modo per restituire dignità ad un popolo che la merita.

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Di contro i Rom portano soldi, in particolare a chi si occupa della “questione Rom”. Ci illustra a chi conviene mantenere la situazione attuale?
Qui si parla di gestire milioni di euro, di fatto sono stati sperperati negli ultimi decenni senza risultati adeguati. I fondi europei per l’integrazione vengono spesso usati per scopi esattamente contrari alla loro destinazione, ovvero per aumentare l’esclusione. Con essi si finanziano sgomberi e campi nomadi che garantiscono assistenzialismo e controllo, perpetuando di fatto l’emarginazione. È un circolo vizioso e i fatti di cronaca recenti, vedi Mafia Capitale, non hanno mostrato che la punta dell’iceberg. Ovviamente mantenere lo status quo favorisce chi ci guadagna.

Dei Rom ci si occupa solo per questioni sociali, specie se sono redditizie. A molti da comodo avere un problema Rom, come Mafia Capitale ha dimostrato. Sulla pelle di esseri umani si specula senza ritegno. È un’attività criminale e disumana. Da qui l’esigenza di stereotipi negativi e di finanziamenti per progetti fasulli che arricchiscono solo chi li gestisce a danno dei Rom e Sinti ai quali non arriva nulla se non le conseguenze della discriminazione su base etnica.

Proviamo a proporre qualche linea di soluzione più efficace, cosa si potrebbe fare?
Innanzitutto iniziare a dialogare con i diretti interessati e fra essi quelli qualificati e di provata esperienza, non con realtà associative che di Rom o Sinto hanno ben poco. Solo chi è all’interno della comunità ne conosce i reali bisogni e necessità e può realmente tastare il polso della situazione, valutando la reale efficacia di una politica piuttosto che di un’altra.

Occorrono competenze specifiche. Anche qui va fatto un distinguo: fino ad ora si è finto di interloquire con le comunità, non si spiega altrimenti la scelta dei rappresentanti che hanno ceduto pressoché immediatamente al ricatto e alla manipolazione.

Perché non costituire una Consulta Romanì con personaggi che hanno serie referenze e un curriculum adeguato? Di solito quando si vuol ristrutturare un edificio ci si affida ad un architetto qualificato non al primo che passa, perché per i Rom e Sinti non vale questa regola?

Qual è la differenza tra folklore e cultura romanì? Da profani, come possiamo riconoscere l’autenticità dalla baracconata?
Mi viene in mente un esempio lampante: la serie Suburra. Per quanto riguarda i protagonisti Rom, chi l’ha creata ha assemblato una accozzaglia di stereotipi ed errori a cominciare dagli quelli linguistici per finire con il catalogo dell’arredamento kitch. Questa è una baracconata, come dice lei.

La cultura rom viene espressa in tanti eventi culturali volutamente ignorati dai mass media in generale. Di cultura romanì in realtà non si parla mai e i politici corrotti fanno in modo che non emerga. Sono presentati all’opinione pubblica solo stereotipi funzionali alla repressione e alla discriminazione. Vorrei ricordare che la segregazione razziale e il razzismo sono crimini contro l’umanità.

I Rom hanno una propria cultura che, peraltro, non ha mai contemplato guerre di conquista. Paradossalmente può essere stata una debolezza pagata oltremodo nella storia? Non avere un proprio Stato di certo non aiuta.
La strategia di sopravvivenza scelta dalla Popolazione Romanì di non rivendicare un territorio si è rivelata vincente in termini culturali. Pensi all’esodo di una popolazione pacifica che arriva in un nuovo territorio, se avessero avuto intenzione di “conquistarsi” uno spazio sarebbero stati sterminati come gli Indiani d’America e ora forse non sapremmo nemmeno che sono esistiti. La popolazione Romanì ha invece portato “ricchezza culturale” all’Europa, anche se il prezzo da pagare è sempre alto.

Fin dal Rinascimento i Rom girando di piazza in piazza e di castello in castello, hanno influenzato i cosiddetti musicisti colti apportando novità ritmiche e musicali oltre che strumentali. Ma è soprattutto in epoca Romantica, nel momento in cui si affermano i concetti di nazione,  radici culturali, folklore locale, libertà etc. che i grandi compositori come Listz, Brahms, Schubert e più tardi  Dvorak, Mussoskj, Ravel, Debussy,  Bartok, Stravinskj, oggi Goran Bregovic hanno attinto a piene mani dalla tradizione musicale romanì. Grande valorizzazione ma non riconoscimento ai Rom di questo grande apporto. I Rom hanno avuto il merito di introdurre in Europa due strumenti: il cymbalom ad immagine e somiglianza del santur persiano e la zurna. Dal cymbalom deriva il clavicembalo e dalla zurna o zurla l’oboe e la ciaramella.

In molti paesi la cultura romanì è entrata a far parte del folklore locale, spesso il folklore di quei paesi si identifica con la cultura o l’arte romanì: il flamenco in Spagna, i violinisti ungheresi, i cymbalisti romeni, la musica in Russia e nei Paesi della ex Jugoslavia. Alcuni generi musicali derivano dai Rom come la Czardas e Verbunkos, ma anche flamenco e tanta musica balcanica oltre che il jazz manouches. Grande valorizzazione ma non riconoscimento ai Rom di questo grande apporto.

Come spiegare l’incapacità dell’Europa di riconoscere il genocidio dei Rom alla caduta del nazifascismo? Un conto è essere un popolo capro espiatorio per eccellenza, un altro non riscontrare umanità nemmeno di fronte ad una tragedia simile.
Il genocidio patito dalla Popolazione romanì durante la Seconda Guerra Mondiale non è stato il primo e sicuramente neanche l’ultimo. Molti scelgono di non ricordare la tragedia dei Balcani negli anni ’90, quando i Rom e Sinti venivano usati come scudi umani davanti alle postazioni militari per evitare bombardamenti, o il fatto che “casualmente” nessuno degli stati ricostituiti al posto di quella che chiamavamo Jugoslavia ha accettato di riconoscere i Rom e Sinti quali cittadini. Credo che le motivazioni non siano solo razziali, ma anche economiche. Se non ti riconosco, se non riconosco le tue sofferenze, non sono obbligati a risarcirti. Nel corso della seconda Guerra Mondiale è stata spazzata via tutta la cosiddetta middleclass rom presente in Europa. Erano persone che avevano case, soldi in banca, beni che sono stati sottratti e mai restituiti.

A che punto siamo? Concentrandoci sull’Italia, al di là di una politica che ancora oggi gioca la carta della convenienza elettorale e quindi presenta i Rom come dei poco di buono da emarginare, c’è un qualche risveglio di consapevolezza? Può darci segnali di speranza?
I Rom e gli Sinti sono presenti in Italia dal 1400, la maggior parte di loro è sedentaria, ha studiato, ha un lavoro e per mantenere tutto ciò spesso deve “mimetizzarsi”, evitare di rivelare la propria appartenenza alla Popolazione Romanì. Per contrastare il fortissimo rischio di assimilazione e la conseguente perdita di un patrimonio millenario di cultura, lingua e tradizioni, stiamo puntando sulle giovani generazioni. Abbiamo tanti laureati o laureandi nelle più diverse discipline. Stiamo contribuendo a formarli per essere in futuro dei “paladini” degli esempi positivi con i quali instaurare un dialogo proficuo ed essere dei validi soggetti di confronto che possano farsi reali portavoce.

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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