Rom questi sconosciuti - Santino Spinelli

Rom, questi sconosciuti – Santino Spinelli

Rom, questi sconosciuti di Santino Spinelli persegue l’unico modo di contrastare un pregiudizio molto radicato, cioè la conoscenza; è l’unico strumento per ruotare una prospettiva cristallizzatasi nei secoli, la sola via per scoperchiare risorse laddove si vedono problemi, l’unico baluardo per dare giustizia riscattando torti perpetrati.

Rom, questi sconosciuti di Santino Spinelli: contro l’eterno pregiudizio

Definizione di Pregiudizio su treccani.it:
Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (è sinon., in questo sign., di preconcetto): avere pregiudizî nei riguardi di qualcuno, su qualcosa;
Convinzione, credenza superstiziosa o comunque errata, senza fondamento

Un libro di oltre 500 pagine per contrastare un pregiudizio? Ebbene sì, questa l’improba impresa in cui si è lanciato Santino Spinelli. Non ci si è messo per vezzo, bensì perché da Rom si è preso carico di promuovere adeguatamente la cultura Rom, non solo con questo libro ma con l’attività di una vita: musicista, compositore, poeta, saggista, docente universitario. Vai sul sito http://www.alexian.it/ per conoscerlo meglio.

La debolezza di cui soffre il libro è la ripetizione di alcuni fatti, nomi e concetti, debolezza però che si può concedere all’autore data la difficoltà del compito. Dovendo riscrivere la reputazione di un popolo senza terra che subisce preconcetti pesantissimi che non accennano a diminuire, ci sta il tentativo di far passare il messaggio con insistenza. Tra le righe si scorge anche un po’ di autoreferenzialità di Spinelli, che però, d’altro canto, è giusto considerare come esplicitazione di testimonianza diretta, di autorità conquistata sul campo.

L’unico modo di contrastare un pregiudizio così radicato è la conoscenza, l’unico strumento per ruotare una prospettiva cristallizzatasi nei secoli, la sola via per scoperchiare risorse laddove si vedono problemi, l’unico baluardo per dare giustizia riscattando torti perpetrati. Un volume ricco di interesse anche per chi non parte da una visione disumanizzante, per approfondire ciò che non si disprezza ma non si comprende. Insomma, queste 544 pagine sono preziose perché raggiungono un obiettivo nobile: l’arricchimento di anima e mente.

La storia e il nomadismo

Il volume traccia la storia del popolo Rom dalle sue origini ad oggi. Perché questo popolo senza Stato non è sbucato dal nulla per rubare i nostri averi, non si tratta di criminali che si sono uniti in carovane per scappare dai delitti commessi in giro per l’Europa. Quel che ne viene fuori è la fotografia di una popolazione perennemente in fuga, a partire dal suo spostarsi dall’India fino ad arrivare in Europa. Una fuga da condizioni economiche e politiche difficili, in cerca di una pace mai raggiunta.

Il pregiudizio sui Rom ha radici lontane, poiché la diffidenza verso questi sconosciuti, pur privi di esercito e desiderio di conquista, ha preso presto il sopravvento su una prima accoglienza favorevole. Non avendo patria e appoggi politici, i Rom si sono trovati ad essere il capro espiatorio per eccellenza e duraturo, niente di più facile che prendersela con persone deboli e non protette. Nonostante molti Rom siano riusciti nel tempo ad integrarsi nella società, alla fine si è sempre voluto vedere in loro un problema.

Così come si sono sempre voluti considerare nomadi. Capite bene che invece si tratta di un cane che si morde la coda. Se vieni scacciato e perseguitato ovunque, l’unico modo che hai per sopravvivere è quello di metterti in marcia per non diventare facile bersaglio. Questo girovagare perpetuo si è sedimentato nelle considerazioni di tutti come una vocazione, quando invece deriva da un’insicurezza continua, venendosi così a costituire uno dei più grandi preconcetti fasulli sui Rom.
I Rom non nascono nomadi, lo dimostra il fatto che appena hanno potuto si sono stanziati sui territori e integrati nella società, sono stati costretti a diventare nomadi. Chiaramente, viaggiando senza sosta per secoli, il viaggio è diventato elemento importante della loro cultura, ma il nomadismo non è mai stato una scelta bensì la sola via di sopravvivenza.

Questo è un punto nodale da affrontare ancora oggi, perché i campi nomadi non hanno senso di esistere. Si fa passare una misura che viola i diritti umani e penalizza l’integrazione come una soluzione ottimale per chi non vuole una casa, una grande ipocrisia che ci permette di vivere sereni nelle nostre di case.

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Usi e costumi

Non si tratta di selvaggi senza regole, e neppure di organizzazioni malavitose con regole proprie (quella è una nostra prerogativa), si tratta di persone che hanno sviluppato, in una storia lunga secoli (parliamo di un popolo millenario), i propri usi e costumi, la propria lingua, le proprie tradizioni. Naturalmente, una cultura cresciuta nel sospetto ha visto svilupparsi meccanismi di difesa, di sfiducia verso il mondo esterno: d’altronde tali peculiarità sono state importanti per la sopravvivenza. E ricordiamolo una volta per tutte: i Rom sono sopravvissuti ad una vita di angherie senza muovere guerre e senza reclamare territori; noi europei civilizzati possiamo dire altrettanto?

Ma gli zingari rubano. Innanzitutto non chiamiamoli zingari, è già un modo per disprezzarli. E poi non è che i Rom rubino per vocazione, si tratta di disagio sociale. Finché verranno mantenuti in condizione di indigenza e ignoranza, finché la loro integrazione procederà esclusivamente a passo di emarginazione, è chiaro che si verranno a creare criticità.
Ma scusate, gli italiani non rubano? Certo che rubano e di solito lo fa chi, per svariati motivi, non ha alle spalle una situazione solida (non apriamo il capitolo per cui i furti dei colletti bianchi sono ben più dannosi, sarebbe troppo lungo). Allora perché i Rom vengono etichettati come delinquenti?

Eccoci, ci siamo. I Rom vengono discriminati e accusati su base etnica, non si tratta altro che di razzismo. Un atteggiamento che viene alimentato da mezzi di informazione che non fanno il proprio lavoro, cioè informare, che danno risalto alle pagine nere senza citare gli innumerevoli esempi di integrazione felice. Una situazione che fa il gioco di politici che hanno tutto l’interesse di soffiare sul fuoco invece di trovare soluzioni che porterebbero ad una convivenza vantaggiosa per tutti, per tutti quelli che non hanno interessi economici o elettorali in ballo.

Per comprendere quanto non esista la volontà di riconoscere nei Rom esseri umani con diritti, basti ricordare come non siano state riconosciute le nefandezze commesse nei loro confronti nei campi di sterminio nazisti. Il popolo Rom ha subito un genocidio di portata storica, ma le autorità non lo hanno riconosciuto; nemmeno al risveglio dall’incubo nazifascista abbiamo trovato l’umanità verso queste genti disgraziate, un segnale chiaro di eterno capo espiatorio a portata di mano.

Cultura da valorizzare

Le soluzioni che si attuano per un’integrazione dei Rom sono sbagliate e lo sono per diversi motivi. Innanzitutto a causa dei preconcetti mai spazzati via, che non consentono di mettere in piedi un tavolo di discussione con cognizione di causa.
L’affare Rom è remunerativo per tante persone, tra cui alcuni stessi Rom, per cui perpetrare un sistema che non risolve ma induce la situazione attuale conviene a troppi.
Non vengono chiamati in causa gli intellettuali Rom che potrebbero fornire soluzioni diverse partendo da un punto di vista interno, si preferisce invece dar retta alle stesse persone, Rom senza titoli di studio e italiani professionisti della solidarietà, che non hanno mai trovato una via d’uscita. Non sarebbe il caso di provare qualcosa di diverso dopo decenni di fallimenti? Certo che no, altrimenti mangiarci su diventa più difficile.

Infine c’è l’eterna questione, più grande di questi tempi moderni, un atteggiamento che non appartiene alle popolazioni che si siedono sulle proprie sicurezze: l’accettazione del diverso.
L’unico Rom buono può essere quello assimilato, che sposa cioè in toto la società in cui viviamo. Non viene invece contemplata una convivenza pacifica, la possibilità di un’integrazione senza perdite, un arricchimento ulteriore della nostra cultura. Quel che dovremmo fare è valorizzare la cultura Rom, non perderla perché perderemmo una parte di noi stessi, in questo modo i Rom potrebbero esprimere se stessi all’interno di una società che li integra per quanto riguarda le questioni pratiche.
Forse Spinelli è solo un povero sognatore, ma condannarlo per questo è condannare noi stessi, così come abbiamo condannato un intero popolo sempre e comunque preventivamente.

Questo volume va ben oltre le righe che gli ho dedicato, è da leggere. Perché? Alla fin fine è già tutto dentro il titolo: Rom, questi sconosciuti. Un passo oltre la propria ignoranza è sempre un passo verso un mondo migliore.

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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