Lettera a Valeria Bruni Tedeschi

Lettera a Valeria Bruni Tedeschi

Lettera a cuore aperto a Valeria Bruni Tedeschi, lontano dalla risonanza social che il discorso ai David di Donatello ha avuto per un paio di giorni. Perché quei tre minuti ci hanno regalato emozioni che non sfumano con l’eco di un successo provvisorio, ma rimangono come pietra miliare di una femminilità tutta da amare.

Cara Valeria Bruni Tedeschi,

abbiamo atteso qualche tempo prima di scriverti, il tempo che sbiadissero gli echi social del tuo discorso alla premiazione durante i David di Donatello. Naturalmente, come da programma, non è servito attendere molto, anzi noi abbiamo atteso anche più del necessario, perché dopo due giorni già il tuo nome ha ripreso a perdersi tra i tanti delle attrici italiane non di moda; un nome che tra un mese, dopo che si saranno spente anche le memorie più sedimentate del mormorio, non dirà nulla alla maggior parte delle persone che incontreremo.
Abbiamo atteso perché ti apprezziamo da molto tempo, perché crediamo che tu sia un’attrice bravissima (anche una gran bella donna, ma questo conta molto poco se non per il nostro gusto personale) che ha saputo dar vita con una sensibilità ed una misura non facilmente riscontrabili ai personaggi interpretati (tanto per citare, la collaborazione tra te e Calopresti ci pare un meraviglioso esempio di suggestiva alchimia).


Ma questa lettera non è stata pensata per analizzare le tue capacità artistiche, non ne siamo in grado e ci accontentiamo di tenerci le emozioni che ci rimandi, essendo nostre sono da poco ma non certo per colpa tua. Quello che vorremmo esprimere è l’incanto in cui ci hai gettato con il tuo discorso alla premiazione. Non abbiamo voluto mischiarci alle voci che si sono sollevate in quella occasione, non per snobismo o pretesa superiorità (non ci sentiamo superiori nemmeno ai nostri gatti figuriamoci ad altri esseri umani), anzi siamo contenti che per qualche giorno tu sia balzata agli onori dell’interesse in rete. Non abbiamo voluto mischiarci perché si sa che chi è innamorato pretende di stagliarsi dal gruppo agli occhi dell’amata. Non fraintenderci, non siamo stalker o pazzoidi mitomani, non ti amiamo morbosamente, anche se ne saremmo capaci ma non è questo il caso. Noi amiamo il modo in cui reciti ed ora amiamo te in quei tre minuti di discorso. Nel caso sia stato tutto preparato torniamo all’amore per la tua recitazione, in quel caso credibilissima.

Non possiamo dire di amare tutta la tua persona perché non ti conosciamo (e per quanto detto prima non ci troverai appostati sotto casa tua, per tranquillizzarti ulteriormente ti diciamo che non sappiamo nemmeno dove sia), ma ci siamo innamorati per il tempo del discorso della donna apparsa sul palco di quella premiazione. Tanto per dimostrarti di non essere melensi cronici, non siamo sicuri che saremmo in grado di sopportare quella donna nella vita quotidiana, probabilmente ci troveremmo in grossa difficoltà a fronteggiare tanta abbondanza di emozioni in faccia. Ma in quei tre minuti abbiamo ammirato la fragilità spontanea, la fresca emozione, il tentativo di ringraziare senza più essere pienamente in sé, il commovente pianto mezzo isterico che è arrivato fino ai nostri occhi, la risata incontenibile nel suo esibirsi fuori luogo e fuori tempo, insomma tutta la femminilità spontanea debordata dal tuo essere te stessa. Non che la femminilità sia solo questo, amiamo però il pasticcio poetico che si è materializzato attraverso alcuni lati della tua femminilità.

Se l’amore è platonicamente la ricerca del bello, e noi non siamo platonici anche solo per ignoranza ma siamo attratti irrimediabilmente dal bello, abbiamo ritrovato in quella tua apparizione una sfaccettatura del bello, ancora più bello per esserne una versione non troppo frequentata, soprattutto in pubblico. Ti amiamo perché hai sorpreso una nostra nascosta intenzione, quella di apprezzare un delizioso vento primaverile venato di tenerezza e inopportunità, un garbato concentrato di femminilità lontano dalla razionalità maschile a cui siamo ancorati (che è forse la vera pazzia, non la tua di salire con quel piglio sul palco), un aquilone di emozioni che ci ha permesso di sollevarci di tre centimetri sopra la terra. Ci siamo inteneriti nell’osservare quell’inadeguatezza che è tale per il mondo ma che in fondo scopre il mondo inadeguato a ricevere tanta naturalezza, a non trasformare in imbarazzo l’espressione laterale di una personalità.

Grazie Valeria, non dimenticheremo quel discorso e dentro di noi, senza che gli altri lo sappiano, cercheremo sprazzi di quella vitalità nel mondo la cui quotidianità, pur accettando solitamente solo  sporadici squarci di profondo sorriso, nasconde da qualche parte donne e uomini simili a quella apparsa per ritirare il premio. Fermo restando che continueremo ad apprezzare la raffinata attrice che sei, anche ora che gli applausi di tutti si sono spenti nel tritacarne delle emozioni d’accatto.

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