Ecco una selezione di recensioni de La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez (qui la biografia) (leggi la nostra recensione).
SoloLibri
È un romanzo “La scomparsa di Josef Mengele”, questo libro del giornalista francese Olivier Guez? Me lo sono chiesta ripetutamente soprattutto quando nel racconto vengono inserite le lugubri descrizioni di quanto di efferato, indicibile, insopportabile abbia compiuto il vero Josef Mengele nel campo di sterminio di Auschwitz, sulle cui rampe all’arrivo dei treni indicava con il frustino la vita o la morte dei condannati, fischiettando arie di opere liriche.
Il mio libro
Nel filone battezzato “letteratura del vero”, il francese Olivier Guez, 44 anni, si sta imponendo come uno degli scrittori più interessanti d’Europa.
Il suo ultimo libro, “La scomparsa di Josef Mengele”, già un successo in patria, esce ora da Neri Pozza (208 pagine, 16,50 euro, traduzione di Margherita Botto).
È la ricostruzione certosina, frutto di un lavoro sul campo durato anni, della latitanza sudamericana di uno dei più feroci interpreti del nazismo, lo sterminatore di ebrei, l’ingegnere della razza, l’autore di esperimenti su bambini-cavie per indagare i segreti della gemellarità.
Leggere a lume di candela
E’ il 1949 quando Josef Mengele sbarca a Buenos Aires. Sul documento di viaggio della Croce Rossa internazionale risulta come Helmut Gregor, nato il 6 agosto 1911 a Termeno, comune altoatesino, cittadino tedesco di nazionalità italiana, cattolico, professione meccanico. Si è già chiamato Fritz Ullmann quando, dopo aver lasciato di furia la Polonia, nel 1945, ed essersi infiltrato tra le fila della Wehrmacht, è stato liberato da un campo di prigionia americano. Si chiamava Fritz Hollmann quando falciava il fieno in una fattoria della Baviera. Era diventato Helmut Gregor quando era riuscito ad attraversare le Dolomiti e ad arrivare a Genova per imbarcarsi- aiutato, aiutatissimo, perché ci sarà sempre qualcuno che gli faciliterà la vita con i soldi della sua famiglia– per l’Argentina.
PDE
Sono molte le storie che hanno caratterizzato la raccapricciante figura di Josef Mengele durante la sua latitanza. Quando Olivier Guez ha iniziato a scrivere La scomparsa di Josef Mengele, non sapeva «molto di più di quello che veniva raccontando in quelle leggende metropolitane che circolavano soprattutto tra gli anni ’60 e ’70».
Soprannominato «Angelo della morte», c’era chi lo dipingeva quasi come un criminale con i super poteri, chi lo vedeva membro di una setta segretissima in Uruguay, chi lo collocava in Egitto con Nasser. Anche film come Il maratoneta (1976) o I ragazzi venuti dal Brasile (1978) non tracciavano certo un ritratto preciso e veritiero di Mengele.
Ettore Marini
In fuga dalle sue responsabilità e da una Germania che non ha nessuna voglia di guardarsi dentro, Helmut Gregor arriva a Buenos Aires mentre l’eco della guerra ancora incendia l’Europa. Ha avuto però il tempo di raccogliere i suoi preziosi appunti, stilati ad Auschwitz nei 16 mesi passati come capitano medico delle SS a decidere della vita e della morte di centinaia di migliaia di persone, certo che i terribili esperimenti inflitti ai deportati gli avrebbero spianato la strada per una brillante carriera accademica. All’epoca, prima di essere accolto dalla folta comunità di criminali nazisti fiorita intorno alla corte di Juan Domingo Perón, si chiamava ancora Josef Mengele.
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