Roadtostramilano #18-18 – L’araba fenice dall’ala zoppa

Oggi vi racconterò di una fragorosa caduta e di una magnifica rinascita, cioè non proprio magnifica, più qualcosa che ci assomiglia, ma insomma saremo mica qui a questionare sul tipo di rinascita per una volta che si presenta. Io come l’araba fenice sono rinato dalle mie ceneri, solo che ci sono molte ceneri ancora sparse e il volo spiccato è più uno svolazzamento.

Da diverso tempo ho in mente la trama di un film che ritengo manchi nel panorama mondiale. Nella mia testa naturalmente dovrebbe essere girato grazie ad una produzione monumentale, modello Signore degli anelli per intenderci, con attori strapagati perché capaci di assicurare grandi risultati al botteghino con il loro solo nome. È ancora tutto da scrivere e un giorno, quando i nostri lettori ci daranno fama e denaro a volontà, lo girerò. A grandi linee la trama è la seguente: un ragazzo viene catapultato dal nostro mondo in un altro stile medioevofantasy, lì lo stregone lo aspettava come l’eletto per sconfiggere il regno dilagante del malvagio di turno; a quel punto il film è occupato quasi per intero sui preparativi dell’eroe, l’addestramento, le speranze suscitate nella popolazione del regno di quelli buoni, il costituirsi di un manipolo di coraggiosi che accompagneranno il designato, insomma l’attesa di una impresa leggendaria; verso la fine il gruppo di eroi parte per compiere l’impresa e incontra la prima difficoltà, un gruppo di rozze creature che non valgono niente al confronto dell’esercito al soldo del capo dei cattivi, ma una freccia raggiunge il protagonista e lo uccide, ponendo termine così a sogni e favole.

Questo progetto mi è tornato in mente venerdì scorso. Con il mio compare di allenamento abbiamo deciso di effettuare un’ultima simulazione di gara, quindi di percorrere i dieci chilometri nel minor tempo possibile: grande speranza albergava nei nostri cuori, ci siamo spediti messaggi di incitamento durante la giornata, la speranza di essere pronti all’impresa imminente si affacciava giuliva nelle nostre menti. Siamo partiti ad un ritmo forsennato, almeno per me, stando sui 5,35 a chilometro e dopo il primo chilometro ero già annaspante come chi stia annegando e cerchi di aggrapparsi alle onde come appiglio. Giunto al terzo chilometro ho messo in pratica quel che ormai stavo progettando da due, cioè la resa. Non avrei davvero avuto possibilità di proseguire, il mio volto una maschera di dolore che attraversava un calvario di sofferenza oltre le mie forze, ogni tanto il mio compare mi diceva qualcosa ma ero talmente obnubilato dalla stanchezza che non riuscivo a sentirlo. E così al terzo chilometro ho raccolto forze e fiato per pronunciare la frase dei coraggiosi quando sono spacciati: vai, prosegui da solo, non pensare a me!

Naturalmente si è trattato di una sconfitta cocente. Ieri sera, da solo, ho ritentato una simulazione di gara. Ho tenuto un passo più regolare, senza sparare troppe cartucce all’inizio ed ho ottenuto un 59,32, non gran che ma pur sempre sotto l’ora (il mio compare venerdì ha ottenuto un 58,34). Cosa dire? Le aspirazioni ad inizio diario erano altre, ma devo dire che il risultato, a fronte della tragedia che l’ha preceduto, mi pare tutto sommato accettabile: sono insomma rinato dalle mie ceneri, ma con moderazione, senza esagerare. Non solo, ma, udite udite, esiste del potenziale inespresso. Qui devo aprire una parentesi. Ieri ho capito che posso compiere la corsa senza modificare le mie abitudini, ma prima di scendere sull’asfalto devo proprio darmi una regolata sull’alimentazione, non tanto ma almeno rispettare le regole basilari. Infatti durante la corsa mi si è riproposta con insistenza la pasta con il pesto che evidentemente ho mangiato non abbastanza lontano dall’allenamento. Dal quarto chilometro in poi mi si è ripresentato sullo stomaco quel peso che non va su e non va giù, ma questa volta sono riuscito con intensi sforzi ad emettere alcuni rutti. Dunque correvo e mi veniva da sboccare e mi sforzavo di ruttare e questo aumentava il rischio vomito e ogni tanto riuscivo a liberarmi grazie ad un salvifico rutto; ci sono stati momenti in cui ho realmente pensato di infilarmi due dita in gola per sboccare e poi continuare più leggero, sul modello dei sabato sera di qualche anno fa. Dunque, se solo mi alimentassi alla giusta distanza dall’allenamento potrei limare ancora qualcosa. Ribadisco, non otterrò il risultato sperato, ma cadrò in piedi e come araba fenice zoppa mi produrrò nel mio volo sbilenco e ridicolmente orgoglioso.

P.s. Non serve
La corsa non serve ad alleggerirmi l’asma né ad alleviarmi l’allergia che si è già affacciata con prepotenza, maledetto cambiamento climatico.

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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