Incontro con Guido Catalano – Volevo ascoltarlo da vivo, volevo sentirglielo dire davvero ed è successo. Era lì sul palco con un bicchiere di vino in mano e il suo libro nell’altra e lo ha dichiarato pubblicamente
Lui è Guido Catalano e il titolo dell’opera è “D’amore si muore ma io no, il primo romanzo dell’ultimo dei poeti“, come ama auto definirsi. Il che rispecchia la verità, perché con all’attivo sei titoli, che hanno venduto benissimo e un blog seguitissimo, ha pensato bene, grazie a Dio, di raccontare una storia, forse la sua o forse la nostra, ma che sempre storia è. Ho letto tutte le sue poesie, mi capita anche di citarne parti nei mie stati di Facebook da inguaribile romantica quale sono, e trovo il suo modo di scrivere diretto, senza impaccio e in grado di colpirti dove ti senti più scoperto.
Servi Guido.
Servi a farci capire che il cuore è un meccanismo elaborato fatto di atri, valvole ed emozioni che pompa e spinge ad esporsi senza troppi voli pindarici fatti di frasi complicate, ma solo di parole sentite e volute. Servi a mostrarci la semplicità della comunicazione con quella giusta dose di ironia che non dovremmo mai dimenticare di coltivare, per non morire dentro. Settimana scorsa ero seduta tra la folla del teatro della Santeria Social Club con la mia birra vicino e il suo romanzo in borsa. E ho riso. Tanto.
Ad intervistarlo c’era Dente, strepitoso nelle sue domande jolly e lui a rispondere e leggere parti del libro, che è uscito lo scorso 11 febbraio per Rizzoli ed è nei primi posti delle classifiche di vendita.
Comicità vera, dovrebbero pensare di andare in tour insieme a promuovere il volume, a cantare e leggere o leggere e cantare, insomma cose così, tra una Moretti e un calice di rosso, funzionerebbero alla grande.
Tantissime ragazze, tantissime risate e altrettante parole. Che fanno pensare ed emozionare, cosa che trovo difficilissima, anche con l’aiuto della birra. Questo libro racconta un amore strano, tra “Giacomo, l’ultimo dei poeti” e “Agata, l’aracnologa”, in grado di commuovere e farci capire quanto riusciamo ad essere ridicoli in fatto di innamoramento improvviso. Perché mica lo programmi l’innamoramento, non lo pianifichi a tavolino o studiandolo a statistica con tanto di grafici. Lo vivi. Ti ci struggi dentro e magari ci piangi anche.Che poi ti sembra di lasciarci le penne, ma non ci sono casi clinici che certifichino la morte per innamoramento. Svenimento magari, morte no. Cito un grandissimo paroliere della musica italiana che è Mogol:
“Che non si muore per amore è una gran bella verità”.
E vi lascio la mia poesia preferita del suddetto poeta che si intitola IL BICCHIERE DELLE 4 E 27 ed è una metafora splendida di vita, d’amore e del pensiero dedicato a qualcuno…
Questa notte
o meglio
nella prima parte della notte
mi son svegliato alle 4 e 27 del mattino
o della notte
dipende.
Dipende da come vedi il bicchiere
il bicchiere delle 4 e 27, dico.
C’è chi lo vede mezzo pieno di mattino
c’è chi lo vede mezzo pieno di notte.
Io lo vedo
un terzo
un terzo
un terzo
come un Negroni.
Ci sta un terzo di notte
un terzo di mattino
poi ci sono io
poi ci sei tu.
Io e tu siamo il Martini Rosso della notte.
Solo che questa notte tu non c’eri
io c’ero
c’era la quasi notte
l’appena mattino
mancavi tu
e allora
mi son alzato
mi son vestito
e sono uscito da solo per la strada.
Sì
ho pure camminato a lungo senza meta
per le vie di Torino
e a un certo punto poi
ho incontrato un metronotte
che faceva il suo giro.
Allora è ancora notte, gli ho detto
tu che dici? mi ha chiesto
forse non importa, gli ho risposto.
Poi
cammina cammina
ho visto una scritta
elettrica
luminosa
rossa
appesa in alto
tra i palazzi
diceva
“L’amore non fa rumore”.
Ho sorriso
un sordo, forse
forse un mimo innamorato.
Poi
mentre rincasavo
aprivano i bar
iniziavano i tram
e tu secondo me ti svegliavi
nel posto sbagliato
forse nel posto giusto
dipende dal bicchiere
da come lo vedi.