L’aveva detto, alla prima occasione disponibile con i media: “L’obiettivo quest’anno è vincere la mia prima gara in MotoGP”. E non ci ha messo molto Marco Bezzecchi. Il suo primo successo, quello che si ricorderà forse meglio degli altri che verranno, quello che resterà impresso a vita nei suoi occhi e nel suo cuore, l’ha ottenuto con supremazia, dominio, decisione, determinazione, coraggio, fiducia, estro e follia sotto la pioggia argentina.
Ha tirato come un matto, prendendo rischi, soprattutto sul finale quando con quel vantaggio accumulato non ce n’era quasi più bisogno. Pure emozioni per noi, appassionati e addetti ai lavori insieme. E per tutti coloro che erano vestiti di giallo e nero sotto il podio che hanno cantato a squarciagola, urlato con il cuore, l’Inno di Mameli. Tra loro c’era ovviamente il capo-tecnico di “Bez” Matteo Flamigni, a cui Bezzecchi sta regalando una seconda giovinezza.
Per un attimo ci ho pensato e sperato, a un podio tutto tricolore: Bez, Pecco, Morbido. Ma quando Pecco è caduto, è svanito. Cosa dire di lui? Ha commesso un errore, ci sta, gli autogol fanno parte di tutte le storie più gloriose. Non me l’aspettavo, ovviamente, ma non è neanche da mettere in croce. Gli errori servono per crescere e sono certa che gli sia servito.
E poi Morbidelli quarto, ma quanto è stato bello? Lui che era diventato quasi un fantasma l’anno scorso, che aveva cominciato a Portimao di nuovo in sordina, in fondo. Io che pensavo: “Chissà cosa sta succedendo nel dietro le quinte”. Nel team, nella sua testa, lì dove solo poche persone possono giustamente entrare. Iniziare un altro anno così sarebbe stato molto, molto complicato. Poi in Argentina sbam, Morbidelli 21 lì davanti. Meritato, dopo tutta la fatica, i momenti bui vissuti recentemente quando era perso in quel labirinto da cui non trovare l’uscita. Mi era piaciuto il tweet che il suo ex capotecnico Ramon Forcada aveva scritto la settimana precedente (“Cosa diavolo stanno facendo sulla moto di Morbidelli”). Quando c’era lui Franco vinceva. Ha dimostrato una profonda stima nei confronti dell’italo-brasiliano, lui che lo conosce a livello tecnico meglio forse di chiunque altro. Non so, nello specifico, cosa sia successo, ma in Argentina Franco è tornato e spero tanto che non sia stato un fuoco di paglia.
Infine, che Zarco! Due su due, sul finale è lui il pilota da temere. Sull’asciutto a Portimao, sul bagnato in Argentina, il pilota più “vecchio” di tutti tra i ducatisti dà del filo da torcere. Anche ad Alex Marquez, autore di un’ottima gara e dal podio meritato. Tre Ducati private sul podio, a pensarci fa un certo effetto.
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