Attacco all'arte

Simona Maggiorelli – Attacco all’arte. La bellezza negata

Negare la bellezza pare una cosa impossibile, l’essere umano la dovrebbe ricercare per natura, eppure modi e ragioni per negarla abbondano nel passato e nel presente. Simona Maggiorelli, nel suo Attacco all’arte. La bellezza negata, propone un percorso non immediato ma profondo, cercando di navigare sul lato meno battuto della costa. Attraverso quattro esempi ci conduce nel cuore di riflessioni magari azzardate, ma non certo prive di spunti e conseguenze.

La recensione di “Attacco all’arte, la bellezza negata” di Simona Maggiorelli.

Attacco all’arte è un libro profondamente incompleto, affronta di petto un argomento talmente ampio che ne estrae solo quattro suggestioni e pure quelle niente affatto complete. Da evitare dunque? Se cercate risposte e la spataffiata di un tuttologo allora sì, stategli lontano. Se invece siete attirati da spunti di riflessione, da una discussione talmente aperta da rischiare di non avere una conclusione per costituzione, da provocazioni sensate, da insinuanti teorie laterali, allora è il libro che fa per voi.

Per il lettore che deve chiedere sempre

Simona Maggiorelli è sfacciata e fresca nel suo incedere funambolico accompagnato da una rete di sicurezza costituita da discorsi per nulla campati in aria, audaci nel pungolare ma cullati da argomentazioni radicate nello studio e nel lavoro. E il lettore si ritrova a naufragare in un ondivago andamento lievemente destabilizzante, uno scavo nella coscienza e nelle opinioni che pare tirare palate a casaccio. Alla fine il lettore troverà un approdo, non sicuro ma incoraggiante; scorgerà dietro la terra sollevata apparentemente in modo disordinato un ritrovamento tanto insperato quanto stimolante. Non leggete questo libro per rifugiarvi in sicurezze, affrontatelo con la curiosità di chi ama farsi sorprendere e non è incline ai discorsi che si chiudono in se stessi, non chiedetegli risposte ma nuovi orizzonti da esplorare.

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La struttura

Da quanto detto prima ci si aspetterebbe un testo confuso nella struttura se non addirittura confusionario nell’esposizione. Invece Maggiorelli si affida a quattro capitoli ben divisi (più un intervista finale a Massimo Fagioli) che trattano altrettanti argomenti differenti. Anche l’esposizione non ostenta tecnicismi o incomprensibilità, siamo di fronte ad una scrittura chiara e conseguente, seguirne l’andamento non crea nessuna difficoltà.

La coerenza del discorso

Il primo azzardo si trova proprio in questa struttura, anche se il lettore se ne accorge solo alla fine (per quanto avvertito nell’introduzione): i quattro capitoli sembrano occuparsi di argomenti scollegati, non è immediato il nesso tra il tutto. Non è una bella sensazione quella di vagare alla ricerca di un senso compiuto che includa i diversi passaggi. In realtà il discorso è unico, le quattro fasi della scrittura hanno un comune obiettivo finale: la dimostrazione di come l’iconoclastia abbia attraversato, e attraversi tutt’ora, il rapporto dell’uomo con l’arte. Non è solo questo, ci mancherebbe altro, ritroviamo tantissimi altri spunti: per citarne un paio che mi hanno colpito molto segnalo la mancanza di crediti femminili nell’arte e la razionalità che àncora la concezione dell’arte.

L’azzardo consiste nel prelevare quattro discorsi molto lontani tra loro e farne esempio della teoria proposta. Eppure è un metodo che, dopo le prime perplessità, alla fine mi ha convinto fino in fondo (ci ho messo qualche giorno a convincermi, lo ammetto). Il discorso in cui si è impelagata l’autrice sarebbe amplissimo, troverebbe lo spazio adeguato in una enciclopedia dedicata (se non fosse che lo affronta da un punto di vista non ufficiale) poiché comprende tutta la storia dell’uomo da quando produce arte. Allora Simona Maggiorelli pesca quattro esempi significativi ed attuali che ricamano la coerenza delle sue argomentazioni, permettono di portare a galla il senso di un atteggiamento profondamente radicato nelle concezioni umane. L’autrice mi ha fregato alla maniera di un prestigiatore: il trucco era dietro le parole che mostrava ed io l’ho capito solo alla fine; e ne ho tratto piacevole stupore.

Alle origini dell’arte

La prima parte è quella che preferisco in assoluto, ma è solo questione di gusti non di migliore scrittura.  La prima negazione dell’arte riguarda proprio le sue origini: le pitture rupestri del Paleolitico. Sono state e sono diverse le strade per negarne l’artisticità: negarle in quanto falsi, pensarle come creazioni frutto di allucinazioni, considerarle mera riproduzione del reale e non creazioni scaturite dalla percezione interiore della realtà. Tutto ciò per non riconoscere all’arte un legame profondo con l’espressione umana, sacrificando la fantasia sull’altare della razionalità della parola. Tanto meno si trova apertura all’ipotesi che quelle prime forme di espressioni artistiche possano essere state partorite da donne, quando, per questioni pratiche e per tipologia di espressività, l’ipotesi che siano state le donne a dipingere quelle pareti appare plausibile. Ha ragione Simona Maggiorelli? Non so, di certo ha ragione nel tentare di restituirci il fascino profondo che quelle pitture rupestri potrebbero avere.

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La distruzione roboante dell’arte da parte del fondamentalismo islamico

Veniamo alla stretta attualità attraverso il racconto della distruzione che il fondamentalismo islamico sta perpetrando ai danni di reperti ed opere che hanno visto la luce in un clima del tutto differente, quando la libertà d’espressione non incontrava sulla propria strada tanta testarda stupidità. Più in generale la religione ha sempre guardato con sospetto ed ha sempre cercato di tarpare le espressioni artistiche, scoprendo sorprendentemente una fidata alleata nella razionalità. I monoteismi hanno sempre cercato di incanalare l’arte in sentieri accettabili, quando non di evitarne la prosecuzione; di certo ha cercato di cancellare le tracce di quanto prodotto in precedenza. Francamente non stupisce, il monoteismo è chiuso ontologicamente nella propria cecità. Come le dittature, chiuse anch’esse nella loro ideologia, non hanno mai saputo accettare la creatività.

Interessante l’interrogarsi dell’autrice riguardo alla preoccupazione per le opere d’arte in un contesto di guerra. Ma non è una preoccupazione assurda, tanto che studiosi sono morti per difendere il patrimonio artistico, perché non si tratta di stilare una classifica tra esseri umani ed opere d’arte: le opere d’arte sono un prolungamento dell’essere umano, perderle significa lasciare andare un ramo sempre vivo di umanità.

La distruzione silenziosa dell’arte in Italia

Ed arriviamo al Belpaese che di arte è culla, non certo però grazie ai politicanti che si sono succeduti negli ultimi anni. L’incapacità di comprendere e di conseguenza salvaguardare il patrimonio artistico italiano sta segnando un profondo solco di inadeguatezza, il cedimento strutturale verso la logica del mercato ha chiuso l’arte in una gabbia inadeguata. Perché l’arte non solo racconta di realtà passate, ma cementa la vita odierna, rafforza il senso di comunità che non trova certo sbocco in molti altri elementi. Che dall’arte si debbano ricavare guadagni, che l’arte sia una gallina dalle uova d’oro da cui cavare spiccioli immediati, è un’idea che dimostra non solo cecità verso il passato, ma miopia e astigmatismo verso il presente e il futuro.

Il vuoto dell’arte contemporanea

Si conclude con una carrellata sull’arte contemporanea, quella che pretende di rivoluzionare tutto per girare spesso a vuoto. Il testo chiude narrando un’ulteriore forma di iconoclastia ammantata di sperimentazione e ricerca. Ma per qualche grande artista che ha dedicato davvero il proprio talento alla ricerca espressiva, incontriamo tanta, troppa, superficialità passata per originalità.

Perché leggere “Attacco all’arte, la bellezza negata di Simona Maggiorelli”

Insomma, gli spunti sono potenzialmente infiniti, io ho solo cercato di raccontare le potenzialità che questo testo potrebbe avere per il lettore. Non è detto che vi troverete sempre d’accordo con l’autrice, ma sapete che c’è? Che non importa, quel che conta è la spinta a riflettere che vi darà il libro, l’audacia di andare controcorrente che vi metterà addosso, gli spunti verso un altrove che ricercherete per i fatti vostri. Ma non dimenticatevi da dove vi è arrivata una parte dello stimolo a non battere i sentieri più calcati e comodi.

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Valutazioni emotive
Felicità 12%
Tristezza 84%
Profondità 87%
Appagamento 81%
Indice metatemporale 74%

Crediti Immagini: pagina Facebook ufficiale di S. Maggiorelli
Crediti Video: canale YouTube de L’Asino d’oro Edizioni[yikes-mailchimp form=”2″ title=”1″ description=”1″]

Vautazione

Valutazione - 78%

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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