Io dentro gli spari è un libro che ha ottenuto uno strepitoso successo all’estero e in Italia, il motivo è facile immaginarlo visto il tema e la fragilità con cui viene raccontato. Un bambino, Santino nel romanzo, è testimone dell’assassinio del padre e del nonno da parte di spietati mafiosi in un piccolo paese siciliano.
Leggi qui l’intervista all’autrice Silvana Gandolfi
Santino e Lucio
Da questo episodio si dipanano i racconti di Santino e di Lucio. Santino racconta ciò che è accaduto nei giorni mostruosi dell’uccisione del padre e del nonno, dell’essere rimasto vivo per miracolo e di aver testimoniato, grazie ad un magistrato attento e sensibile, l’assassinio alla polizia.
Lucio racconta una fiaba in cui suo padre vive in Venezuela e sua, mamma insieme a lui e alla sorella, vivono a Livorno nella casa di una zia deceduta.
La mafia attraverso gli occhi di un bambino
Queste due storie continuano in parallelo, fino a quando nel libro diventa chiaro che Lucio è Santino che ha dovuto cambiare nome e città essendo diventato un testimone di giustizia.
La trama si apre e si muove attorno al tema della ricerca di giustizia e la rabbia per una delle tante storie di mafia che non guarda in faccia nemmeno ai bambini. Ma è proprio attraverso gli occhi di un bambino, punto di vista eccezionale, che la storia spiazza e diventa immediatamente un caso eccezionale di letteratura sulla mafia.
Se in questa epoca di urli e slogan siamo abituati alla denuncia gridata ma spesso superficiale, Silvana Gandolfi investiga invece un campo sterminato di possibilità, dando la parola ad un bambino che di fronte all’assassinio del padre dovrebbe secondo costume tacere l’accaduto per non essere definito “infame” dalla cultura popolare mafiosa.
Santino vive il combattimento interiore tra la rabbia di un assassinio e la paura di non essere nel giusto nella sua naturale ricerca di giustizia.
L’omertà e la giustizia
Emerge gigantesca la figura del magistrato, Francesco, che nella parte centrale del libro riesce a ribaltare il paradigma dimostrando che i cattivi sono quelli che uccidono non quelli che parlano e cercano giustizia. Verità apparentemente banale, ma se tanta omertà ancora resiste nella cultura della mafia è proprio perché ancora cos’è la giustizia e da che parte stanno i buoni appare una medaglia ribaltata su se stessa, di cui la limpida faccia può essere colta solo da chi ha la forza di ribaltare l’assurdo ideologico su cui vive ancora oggi la criminalità organizzata.
Combattere l’omertà
Santino e il magistrato Francesco sono due archetipi della gente comune travolta dalla violenza della mafia e dell’impotenza ideologica e culturale di cui spesso è vittima la società democratica e civile.
Potenti parole come “infame” e “buscetta” (qualche anno fa si scoprì in una scuola che i bambini chiamano così le loro vittime di bullismo che si ribellavano) sono macigni giganteschi contro cui la cultura dello Stato deve combattere per affermare la propria limpidezza.
Se Roberto Saviano è stato importante e minaccioso nel suo dichiarare nomi e strategie, Santino in questo libro ci porta dentro ad una battaglia più intima ma ancora più violenta: quella tra la voglia di giustizia e la sensazione di essere carnefici nel denunciare la violenza della mafia invece che vittime.
Un libro importante
Io dentro gli spari nella quarta di copertina viene presentato da Don Ciotti come un libro che “ci porta tra gli ingranaggi della mafia” e che proprio per questo può servire alle giovani generazioni a liberarsi dal fardello malavitoso” parole che chiunque farà sue appena terminata la lettura di questo romanzo.
Per questo è importante leggere questo libro e poi regalarlo ad un ragazzino come a regalargli un importante manuale d’istruzione per districarsi, senza sentirsi solo nel mondo, nel bene e nel male, non in senso moralistico o manicheo ma nella scelta della non violenza e della giustizia.
Io dentro gli spari – Silvana Gandolfi, Salani Editore
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