In questa raccolta edita da Mattioli1885 è racchiusa un po’ tutta la poetica di Andre Dubus. L’amore, inteso come cura e malattia, il rimpianto, le scelte sbagliate e infine i matrimoni, che il più delle volte sono tutto sono fuorché “l’amare e onorare per tutta la vita”
Prima di tutto, voglio iniziare questa recensione con un consiglio: se avete intenzione di prendere in mano Voli separati assicuratevi di non avere problemi col bere, perché se c’è una cosa che non manca in questi racconti è proprio una dose massiccia di alcolici. I protagonisti ne fanno uso per tutto, per dimenticare, per rilassarsi, per accettare un presente di merda e un futuro ancora peggiore, oppure per convincere il proprio corpo a sdraiarsi per l’ennesima notte accanto a una persona che non ami più. Quindi, se aprite questo libro siate certi di essere astemi, oppure, come ho fatto io, immergetevi a pieno nell’atmosfera e dotatevi di una bottiglia scadente (i personaggi di Dubus non bevono mai roba di qualità) da posizionare affianco all’abat-jour.
Voli separati, cosa succede quando l’amore finisce
Preambolo fatto, andiamo a incominciare: Voli Separati è una raccolta risalente al 1975 che la casa editrice Mattioli1885 ha recentemente riproposto arricchendola di una cura tipografica e di traduzione rare. Comprende otto racconti: Il disertore, Il dottore, Nella mia vita, Se conoscessero Yvonne, Affondando, Miranda sulla valle, Voli separati, impaginati in ordine di lunghezza compreso l’ultimo Non abitiamo più qui (da cui è stato tratto il film il Gioco dei Grandi), già pubblicato da Mattioli e inserito qui come ultimo racconto (o novella, data la lunghezza).
Di cosa parla Voli Separati? Semplice, parla dell’amore. O meglio, del lato tossico dell’amore, quello che cerchiamo di tenere nascosto, quello che non viene sbandierato, quello che spesso affiora dopo anni di relazione. Ma parla anche delle appendici dell’amore, come può esserlo la morale che in alcuni caso ne distorce il senso, come in Se conoscessero Yvonne, dove un ragazzo schiacciato dal senso di colpa del suo cattolicesimo scopre nell’ordine la masturbazione, il sesso, l’amore e, infine, la solitudine. Parla di quel che resta dopo l’amore, di quella tempesta di dolore che ti coglie, ti cambia e ti rende tristemente solo. Come in Affondando dove un uomo e una donna, entrambi reduci da un divorzio, si cercano per lenire la solitudine: “Tu e io siamo ciò che rimane dopo la tempesta”. Parla delle possibilità perse, quelle che non cogli, o che forse non esistono ma che tu comunque idealizzi, e che ti scavano dentro portando alla luce pensieri che non vorresti aver mai fatto. Come in Voli Separati, un racconto con una premessa così fredda che non può non ferirvi a morte. E poi parla della fine dell’amore, della solitudine che si può vivere anche (o soprattutto) quando non si è soli, e di quella propriamente detta, dove a volte è meglio illudersi lasciando una luce accesa in casa, così al proprio ritorno si può fantasticare che possa esserci ancora qualcuno ad aspettarci.
Lo stile di Andre Dubus
Premetto che non tutti i racconti li ho sentiti davvero. Secondo me in questa raccolta ci sono dei picchi (Voli separati, Non abitiamo più qui, Se conoscessero Yvonne, su tutti) e altri che forse faticano a reggere il passo. Ma in tutti si può percepire la bravura di Dubus nel pennellare personaggi e atmosfere con un garbo e allo stesso tempo una ferocia unici. La capacità di entrare nei suoi protagonisti, soffrire per loro, ragionare con loro sulle mosse da fare o meno, sono caratteristiche che immediatamente ti trascinano dentro la storia e posizionano la manopola dell’empatia al valore massimo. Merito della sua vita, forse, del suo divorzio, del suo lavoro di insegnante, o forse di tutto questo messo assieme. Fatto sta che questo grandissimo scrittore sembra approcciarsi alle sue storie come fa un attore con i suoi personaggi, scavandone la psicologia, entrando nei meccanismi più intimi delle loro scelte. Da qui viene la bellezza dei suoi racconti, da questa peculiarità nascono uomini e donne così vivi da essere fuori dal tempo, perfettamente adatti a raccontare i sentimenti anche nei nostri giorni. Quello che personalmente ho apprezzato di più è la capacità di Dubus di dare vita a personaggi che riescono a portarsi dietro un fardello di dolore straziante, non lasciando che nella quotidianità della loro vita si manifesti alcunché. Ho iniziato questa scadente recensione parlando dell’alcol, ebbene, non l’ho fatto per caso. Perché è proprio l’alcol è l’unico piccolo indizio esterno del dramma che queste persone stanno vivendo. Una finestra offuscata, un oblò incrostato di salsedine o ancora meglio una piccola crepa di una montagna verde e tranquilla in cui, aguzzando la vista, si può scorgere lo scorrere impetuoso della lava.
Andre Dubus – Voli separati – Mattioli1885
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