Poesia come ossigeno. Per un’ecologia della parola di Antonella Anedda e Elisa Biagini è un libro con un ottimo titolo: puro ossigeno per la mente in un dibattito culturale appiattito sull’utilità delle opere artistiche e mai sulla sincerità, sulla pulizia. Necessità è la parola che emerge dalla lettura, interpretatela, se volete, come necessità del libro o necessità della poesia.
Poesia come ossigeno. Per un’ecologia della parola di Antonella Anedda, Elisa Biagini
Poesia come ossigeno è un dialogo a volte scritto in questa forma, a volte come voci che si rispondono a distanza tra Antonella Anedda e Elisa Biagini. Due poetesse, due esperte della parola, due protettrici della potenza e della sacralità della parola. Potremmo anche, giocando con rimandi liberi e non troppo sillogistici, dire che il libro è una ideale continuazione della riflessione di Adorno del 1949 sul ruolo della poesia dopo gli avvenimenti tragici a cui assistette il mondo e che lo portarono ad affermare provocatoriamente «scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie».
Qual è il ruolo della poesia nel mondo contemporaneo? Qual è per esteso il ruolo della parola nel nostro mondo iper commentato? A cosa serve leggere poesia? A quale piacere dovrebbe rispondere esattamente il bisogno di leggere poesia?
Tutte domande che non hanno una risposta semplice né immediata, anche perché la prima risposta potrebbe essere quella banale e distruttiva di ogni possibile utilità della poesia.
Il lavoro del lombrico
Nel primo capitolo del libro troviamo un dialogo a tre fra le due poetesse e Riccardo Donati sul ruolo della parola, prima ancora che della poesia, nella nostra società e che prende il titolo da un verso di Antonella Anedda “Non esiste innocenza in questa lingua”. Colpiscono le riflessioni che attraversano il dialogo, in particolare quelle che riguardano la velocità e l’utilizzo strategico del linguaggio, cause della trasformazione della parola in un mezzo di difesa, di attacco, di potere e quasi mai di riflessione e accoglienza di nuove idee.
Ma allora che senso ha scrivere poesie? A cosa serve? E qui troviamo, nei due capitoli successivi che chiudono la prima parte del libro, una critica interessante all’atto stesso di scrivere poesia nel mondo del sentimento senza filtri, della parola che arriva dal cuore o peggio dalla pancia. La poesia è mestiere, osservazione, necessita di attenzione, di postura, di cambio del punto di osservazione. È proprio in questo cambio di osservazione, scoprendo fessure, feritoie, che il poeta esce dalla cronaca, dal voyeurismo e scopre quello che nel libro viene definito il lavoro del lombrico (da una citazione di Charles Darwin), ovvero il cambio lento e silenzioso dello smuovere la terra, fino a svelare nuove realtà, a dissacrarne altre.
L’inutilità della poesia
Nei capitoli centrali personali di Antonella Anedda e Elisa Biagini troviamo invece una critica al mestiere del poeta e un percorso nel cammino verso la poesia. In questa definizione e ritratto entrano questioni importarti come quella del saper ascoltare e del saper conservare, della pazienza e del rapporto col tempo. Parole che colpiscono per la schiettezza e la semplicità e che sicuramente non lasceranno indifferenti quanti vogliano avvicinarsi alla poesia come lettori, ma anche e soprattutto quanti vogliano provare l’ebrezza della composizione.
La poesia offre la possibilità di aprire scorci che, attraverso il cambio di osservazione o di tempo, arricchiscono il linguaggio, la critica, la sera e la notte di chi la legge e la medita.
L’ultima parte del libro si chiude con una sorta di antologia ragionata su alcuni temi trattati nelle pagine precedenti scelti e commentati dalle due poetesse. Tra le liriche troviamo un’introduzione o un commento che ci portano ad attualizzare il testo o coglierne il valore del contesto. Nell’ultimo capitolo si può trovare un esperimento di poesia condotto da Elisa Viagini che disvela il ruolo della poetessa nella pratica quotidiana.
Poesia come ossigeno è soprattutto un libro con un ottimo titolo: puro ossigeno per la mente in un dibattito culturale appiattito sull’utilità delle opere artistiche e mai sulla sincerità, sulla pulizia. Necessità è la parola che emerge da una prima lettura del libro, interpretatela, se volete, come necessità del libro o necessità della poesia.
Di sicuro la necessità è per quella cosa inutile che è la poesia, come disse Montale (citato giustamente nell’introduzione da Donati). Talmente inutile da essere fondamentale in un mondo tutto rivolto all’utilità spendibile in pochi minuti.
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