E cioè fa cagare sia allo juventino, sia all’interista, sia al tifoso del Carpi. Miracoli “bulgari” che prima d’ora erano riusciti solo ai grandi campioni del calcio, quelli talmente forti da mettere tutti d’accordo. Ma proviamo a vedere perché.
Ci tengo a precisare che di musica classica non capisco una fava. Per questo qui in redazione, oltre a un simpatico carrozzone di umanità varia, abbiamo anche un pianista: che sia lui a parlare con cognizione di causa di violini e contrabbassi. Eppure, nonostante la poca dimestichezza, il compositore Giovanni Allevi mi ha sempre fatto simpatia: con quei capelli da piazza del Plebiscito di Napoli dopo i botti di Capodanno, quella vocina stridula e i vestiti attillati da giovine creativo, lo consideravo un interessante esperimento sociale, soprattutto se calato nel polveroso mondo della musica classica. Un ossimoro vivente, un’assurdità improponibile ma interessante per il contrasto in grado di creare, come chessò mangiare pesce in Val d’Aosta o vedere Salvini in un campo Rom. E poi, l’Allevi, mi ha sempre fatto tenerezza, perché fin dagli inizi, sebbene abbia goduto subito dei favori del pubblico fin dagli esordi ha dovuto fare i conti con aspre critiche. Odiato dai mostri sacri (Uto Ughi ha definito la sua musica “risibile”) e persino inviso dagli amici di infanzia come Saturnino Celani il quale, oltre ad aver avallato il giudizio tagliente di Ughi ha rincarato la dose dandogli pure dello spantegamerda (tradotto, del contapalle).
Insomma, mi sta simpatico, anche se dal punto di vista musicale, devo confessarlo, del compositore ascolano conosco ben poco. A dire il vero conosco solo la musichetta della pubblicità della macchina che va, Allevi suona, poi c’è un cervo in mezzo alla strada, la macchina si ferma, l’autista sorride, Allevi smette di suonare, il cervo passa sbattendo gli occhioni e facendo movimenti disarticolati con la bocca, la macchina riparte e Allevi ricomincia a suonare. E vi dirò, quel cervo, a me piaceva.
Per questo, quando è venuto fuori che questo folletto capellone preso in giro da tutti è stato incaricato di realizzare l’inno della serie A ho pensato che sarebbe potuta venir fuori una bella cosa, originale, se non altro. Mi immaginavo un’aria dal sapore giovane ma elegante, un qualcosa magari meno altisonante dell’inno Champions, ma comunque meno marcetta dell’inno di Mameli. Qualcosa di profondamente italiano, di raffinato ma al contempo pop, insomma un qualcosa di musicalmente ibrido e al passo coi tempi, proprio come credevo essere Giovanni Allevi da Ascoli Piceno.
E invece. E invece l’inno è proprio brutto. Ma brutto brutto. Talmente brutto che non so da che parte cominciare per parlarne male o per provare a difenderlo.
Sarebbe troppo facile prendersela col fatto che assomiglia parecchio alla musichetta di Superman, come sarebbe fin troppo scontato buttarla sul fatto che la commistione di latino e inglese del testo è totalmente priva di senso. È brutto, punto. E non c’è nemmeno il cervo con gli occhioni e la bocca storta a sdrammatizzare.
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