Roadtostramilano #14-14 – Io sono la puttana di me stesso

Gli ostacoli che si pongono tra me e questa sfida sono sempre nuovi e imprevedibili, diversi gli elementi che puntano a farne una vera e propria impresa. Uno in particolare ha reso difficoltose le ultime sedute di allenamento, ma non riesco a capire il motivo dell’insorgere di questo fenomeno che fino a ieri non aveva mai fatto capolino. Ho formulato un paio di ipotesi, ma non sono molto sicuro siano troppo vicine alla verità.

Lo so che a molti di voi sembra che io sia sempre qui a lamentarmi, oltre a sentirsi presi dai crampi per le risate dopo averli quantificati in molti, come se questo diario fosse davvero letto. Però io vi giuro sulla stanchezza che mi sovrasta dopo ogni allenamento che sono sincero, riporto solo ciò che accade, sono l’umile cronista delle sensazioni del mio corpo e di prestazioni rese sull’asfalto, quello vero, quello su cui si costruiscono imprese, si respira vita quotidiana e si rischia di essere investiti.

Eccomi qui dunque a raccontarvi di un problema che ha iniziato ad attanagliarmi ad ogni allenamento da quattro sedute a questa parte. Dopo l’episodio in cui stavo per rimetterci le penne di fianco al cimitero, tutte le volte successive ho risentito di un peso tremendo sullo stomaco, certo non al livello del quasi collasso, ma costantemente presente lungo tutto il tragitto. Infatti le mie prestazioni sono in clamoroso calo, non riesco a correre come prima. Sono molto preoccupato in ottica gara, per nulla riguardo alla salute dato che mi trovo in questa situazione di fatica solo per sbaglio, una volta tornato sul divano in sosta permanente non avrò più nessun problema: ogni fisico merita l’ambiente a cui è più adatto.

Piuttosto non riesco a capire cosa sia quel peso sullo stomaco perché, dopo la prima volta, non ho più commesso l’errore di mangiare troppo prima di allenarmi, anzi non ho proprio mangiato nulla prima di scendere in strada. Personalmente ho elaborato due ipotesi, prontissimo ad accoglierne di nuove ed entusiasmanti.

Prima ipotesi. Il mio fisico si rifiuta di andare avanti e me lo fa capire in questo modo. Credo sia come se in un robot il creatore inserisse un chip che si attivi solo in determinate circostanze. Nel mio caso il fisico, per inciso un fisico ad elevato tasso di autodifesa da sforzo, ha sviluppato un meccanismo di difesa che mi impedisce di correre con disinvoltura per troppo tempo e a velocità troppo sostenute. Non so se chiamarla evoluzione personalizzata o involuzione istintiva, fatto sta che credo il mio fisico abbia finito di inviarmi messaggi e sia arrivato ai fatti.

Seconda ipotesi. A causa di questa attività inusitata nel mio corpo si è formata una sorta di palla, una specie di polpettone d’aria e di sa cos’altro che vaga in libertà. Un po’ mi fa scoreggiare oltre ogni attività precedente, un po’ si sposta più in alto e va nello stomaco cercando di farmi ruttare, anche se con risultati alterni. In pratica, a conti fatti, da quando scendo in strada è aumentata la mia attività anale e orale, sono diventato la puttana di me stesso. Il brutto è che non mi piaccio neanche, non sgancerei un euro per venire con me.

P.s. Non serve
La corsa non mi serve a salire le scale senza avere un fiatone da pensionato. Non ho riscontrato nessunissimo vantaggio, le scale rimangono nemiche giurate.

Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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